In Europa si inizia a pensare di applicare accise e tasse per le auto elettriche. Per il momento però si tratta solo di ipotesi al vaglio di studio.

Diversi Stati europei stanno pensando di tassare le auto elettriche per bilanciare la minore entrata fiscale che si avrà con il progressivo addio alle vetture termiche. Le accise sui carburanti garantiscono un gettito fiscale enorme, e nei prossimi anni i Paesi dell’UE dovranno farne a meno con la transizione all’elettrico. Per questo motivo le possibili soluzioni valutate sono diverse.

Tasse per le auto elettriche: il caso della Norvegia

Uno degli approcci più interessanti è quello della Norvegia, Paese che ha la più alta diffusione al mondo di vetture a batteria, con un parco circolante che si attesta sul 20%. Qui sarà introdotta nei prossimi mesi l’IVA al 25% sull’acquisto di veicoli elettrici: ad oggi è ancora azzerata, ma dovrebbe entrare in vigore per bilanciare il buco generato dal calo di utilizzo di carburanti di origine fossile.

Non è l’unica misura: Oslo si appresta infatti a reintrodurre anche il bollo auto per le vetture elettriche (per via del peso maggiore di queste ultime rispetto alle termiche). La motivazione è che nella capitale norvegese, dove le auto a batteria hanno reso l’aria più pulita, con livelli di gas serra e di ossidi di azoto decisamente minori, contestualmente sono aumentati i livelli di microparticelle generate in parte dall’abrasione degli pneumatici.

Anche altri Stati, come Olanda e Inghilterra, stanno pensando a decisioni analoghe a partire dal 2025. E l’Italia?

La rivoluzione elettrica in Italia è più lenta

In Italia la mobilità elettrica cresce più lentamente. E questo per diversi motivi, da quelli economici a ragioni infrastrutturali. Le auto elettriche non sono ancora largamente diffuse, e quindi non incidono molto sulle entrate fiscali (ancora ampiamente garantite dalle termiche).

Ma le entrate in futuro non sono destinate a sfumare. Lo conferma uno studio di Promotor e Motus-E per il Corriere della Sera, che prende in esame le auto più vendute a maggio 2023.

Lo studio di Promotor e Motus-E

Gian Primo Quagliano, presidente di Promotor, ha dichiarato: «Con la transizione all’elettrico il gettito non viene meno perché la tassazione sulle vetture a batteria è superiore. Ovvio, se la situazione dovesse cambiare, lo Stato dovrà cercare un modo per reperire queste risorse. Vogliamo incentivare l’auto elettrica? La detassiamo, ma al momento è già in situazione di parità come prelievo fiscale rispetto al gettito di benzina e gasolio. Possiamo sempre modificare la situazione, in peggio o meglio per l’erario. Io sono per lasciarla così com’è».

Considerando un consumo medio di 5,5 l/100 km della Jeep Avenger a benzina, di 4,9 l/100 km della Peugeot 3008 diesel e di 15,8 chilowattora per 100 chilometri della Tesla Model Y, il prezzo medio finale per il cliente, per percorrere 100 km, è di circa 10 euro per la Avenger e 8,1 euro per la 3008, mentre per la Tesla, a seconda della velocità o modalità di ricarica utilizzata, varia dai 3,9 euro della domestica a 10,9 euro in una colonnina di ricarica.

Francesco Naso, segretario generale di Motus-E, ha commentato così: «Se si considera che anche sulle tariffe di energia elettrica si applicano Iva, accise e oneri di sistema e di rete, in misura maggiore alle colonnine che in casa; e se si tiene a mente l’efficienza dell’energia per muovere il veicolo, allora il carico fiscale di un’auto a batteria è paragonabile, se non maggiore, a quello di una a combustione».

Per l’utente finale è più conveniente la ricarica domestica, ma per lo Stato lo è molto meno. Gravare con maggiori tasse e oneri questa alimentazione però potrebbe scoraggiare molti italiani, perché andrebbe a riflettersi negativamente sulla bolletta della luce delle prime case. Perciò anche Naso, come Quagliano, suggerisce di non modificare per il momento il quadro attuale: «Farei attenzione a non toccare questa cosa per un po’. Oltretutto, nel caso mi autoproducessi energia con pannelli fotovoltaici, non potrei farlo perché levo gettito allo Stato? Eppure sarebbe una condizione ottimale».