Tra le alternative più promettenti alla batteria per auto agli ioni di litio c’è la batteria al sale: zero emissioni, costi ridotti e prestazioni eccezionali. In questo articolo vedremo di cosa si tratta.
Sappiamo che il litio è alla base del funzionamento delle batterie ricaricabili dei nostri dispositivi elettronici, ma sappiamo anche che l’estrazione di litio ha un forte impatto economico e ambientale, con il rischio concreto che un futuro sostenibile ed elettrico venga rallentato proprio perché non abbiamo alternative valide a una materia prima di difficile smaltimento e che non è inesauribile.
Un ulteriore punto critico rispetto all’uso del litio nelle batterie è dovuto al suo costo elevato e alla potenziale pericolosità del suo elettrolita, nonostante i sistemi sempre più sofisticati di raffreddamento. Senza considerare il fatto che il cobalto e il nichel, che compongono le batterie al litio, vengono estratti in Congo e in Russia: l’instabilità politica dell’Africa centrale e il clima di sanzioni in Russia determinano fattori economici e politici decisamente rilevanti per i produttori di questo tipo di batterie, che sempre più stanno adottando soluzioni come le LFP.
Gli studi sulla mobilità elettrica quindi si stanno concentrando anche su possibili soluzioni e alternative: dal riciclo delle batterie, come per esempio il sistema ideato da Bosch, a sistemi che possano fare a meno del litio, preferendo risorse come i metalli green e il sale.
Ma cosa intendiamo esattamente con “batteria al sale”? Ci sono due tipi di batterie che vengono definite “al sale”, ma non sono la stessa cosa: infatti mentre una può avere effettivamente un futuro nell’automotive (la batteria agli ioni di sodio), l’uso dell’altra (cioè la batteria al sale fuso) non è una scelta fattibile per i veicoli BEV (Battery Electric Vehicle).
Quindi, per evitare fraintendimenti, vediamo innanzitutto di cosa parliamo quando usiamo il termine sale a proposito delle batterie per auto.
La batteria al sale fuso
La batteria al sale propriamente detta in realtà non è un’innovazione ma un’invenzione fatta in Sudafrica nel 1985: conosciuta anche come “Zebra” (da ZEolite Battery Research Africa, il nome del progetto originale), è una batteria che utilizza il comunissimo sale da cucina combinato con il nichel per produrre e immagazzinare energia.
Queste batterie usano principalmente un catodo fatto di polvere di metallo, in genere il nichel, e un anodo di cloruro di sodio.
Durante lo stato di carica gli elementi che compongono il sale, cloro e sodio, vengono scissi. Il cloro, slegato dal sodio, si lega al nichel e forma il cloruro di nichel. I due poli della batteria sono immersi in un elettrolita allo stato solido chiamato β-alumina, il quale non solo garantisce il trasporto rapido degli ioni di sodio, ma assicura anche un isolamento tra l’anodo e il catodo, che a carica completa interrompe il passaggio di corrente.
Durante la scarica invece avviene la reazione inversa e il sodio viene ionizzato per formare di nuovo il sale: il cloro e il nichel spezzano il loro legame e il primo si legherà di nuovo con il sodio a formare il sale, che sarà poi usato durante le fasi di carica.
I pro e i contro della batteria al sale fuso
Tra gli aspetti positivi di questo tipo di batteria c’è il fatto che sono riciclabili al 100% perché non contengono materiali particolari come lo zinco o, appunto, il litio.
Di contro, però, le batterie Zebra per funzionare richiedono temperature di circa 250° per fondere l’elettrolita e i suoi cloruri e per permettere il passaggio degli ioni: questo comporta un consumo di energia molto superiore rispetto alle batterie tradizionali.
Non solo: anche i tempi di ricarica si allungano di conseguenza, infatti una volta scaricata la batteria al sale deve raffreddarsi completamente prima di procedere alla ricarica per tornare alla temperatura operativa.
È chiaro a questo punto che la batteria Zebra non può avere un uso profittevole nel mondo della mobilità elettrica: una tale lunghezza nei tempi di ricarica infatti va decisamente contro la ricerca costante di una maggiore autonomia per i veicoli elettrici. Il suo uso piuttosto può avere una collocazione in ambiti statici, quali lo stoccaggio di energia.
La batteria agli ioni di sodio (Na-ion)
Veniamo dunque a parlare della vera alternativa alle batterie al litio.
Le batterie agli ioni di sodio si differenziano da quelle agli ioni di litio per i materiali utilizzati, ma non per il loro funzionamento di base. Vediamo di cosa si tratta.
Il sodio ha un raggio atomico maggiore di quello del litio: questo significa che l’atomo di sodio è più ingombrante e che ha una massa tre volte maggiore di quella del litio.
Considerando i processi elettro-chimici che avvengono all’interno delle batterie sia il sodio che il litio trasportano la stessa carica. Quindi a parità di peso una batteria al sodio può contenere meno carica di una al litio. Anche il voltaggio massimo che si può ottenere è minore di quello del litio.
Questi due fattori messi insieme fanno sì che la quantità di energia che può contenere una batteria al sodio sia circa il 40% in meno di quella al litio.
Dalle problematiche legate al litio ai vantaggi del sodio
Allora perché utilizzare una batteria che pesa di più ed è più voluminosa, considerando che negli ultimi anni una delle direzioni principali del mercato è quella di massimizzare l’energia minimizzando l’ingombro?
La prima ragione è proprio legata alla domanda di litio presente sul mercato: gli analisti stimano che la domanda salirà di otto volte entro il 2030. Inoltre questa risorsa, che è relativamente abbondante sul pianeta, è concentrata in luoghi come Australia, Cile e Cina: una risorsa strategica nelle mani solo di pochi può causare tensioni geopolitiche non indifferenti.
In secondo luogo la produzione di litio comporta problematiche ambientali importanti, dal momento che richiede moltissima acqua per la raffinazione. Ad esempio in Cile l’estrazione di litio ha causato la deviazione di interi fiumi, con conseguente carenza idrica per le popolazioni locali.
Al contrario, il sodio è un elemento estremamente diffuso, soprattutto in forma di sodio cloruro: il sale da cucina, che può essere estratto quasi ovunque.
Oltre alla disponibilità, questo batterie sono molto attraenti per il mercato grazie al loro costo: a parità di energia ottenuta infatti il loro costo è di circa un terzo rispetto al costo delle batterie al litio.
Inoltre, cosa non meno importante, la maggior parte dei materiali che costituiscono gli elettrodi di queste batterie non contiene metalli come il cobalto e il nichel, che, come abbiamo visto più sopra, sono molto costosi.
Le batterie acquose al sodio
Un particolare tipo di batterie al sodio, le cosiddette batterie acquose, risolvono il problema dell’infiammabilità.
Come per le batterie al litio, anche le batterie al sodio contengono un elettrolita organico, che fa sì che le batterie possano bruciare con facilità e che siano molto difficili da spegnere. Le batterie acquose invece contengono un elettrolita a base di acqua con vari sali disciolti al loro interno. Quindi in caso di incidenti o perdite la batteria smetterà di funzionare, ma non si verificheranno esplosioni o fiamme.
Inoltre poiché gli elettroliti acquosi costano molto meno di quelli organici, il loro costo è ancora più basso di quello delle batterie al sodio comuni.
Il problema principale di queste batterie è ancora il voltaggio: infatti tutte le soluzioni acquose se portate a 1,23 volte iniziano ad andare incontro all’elettrolisi dell’acqua, ovvero alla sua separazione in idrogeno e ossigeno (che tra l’altro è proprio uno dei processi per produrre idrogeno). Di conseguenza le batterie acquose non possono caricarsi oltre questa soglia, pena la degradazione dell’elettrolita e lo sviluppo di gas.
Le batterie al sodio organiche sono molto interessanti come alternativa alle batterie al litio organiche nel settore automotive: i prezzi sul mercato dei diversi metalli necessari per fabbricare l’una o l’altra tipologia faranno sempre più da ago della bilancia.
Batteria auto alimentata con il sale: il prototipo cinese
Recentemente è balzata agli onori delle cronache l’auto cinese alimentata con batterie al sale, che ha aperto nuovi orizzonti per la mobilità elettrica.
Questo prototipo di citycar compatta garantisce un’autonomia di 250 km e riesce a fare il pieno di energia supportando una potenza di 100 kW, con la ricarica che si completa in soli 15 minuti.
La batteria agli ioni di sodio, tanto attesa nel settore automotive, è finalmente realtà: questa nuova tecnologia, decisamente più sostenibile, renderà anche i prezzi dei veicoli elettrici più competitivi e quindi più accessibili a un maggior numero di persone.