L’Abruzzo è senza dubbio una delle destinazioni più affascinanti d’Italia. Affacciata su uno dei tratti più belli del mare Adriatico, all’interno presenta un ambiente caratterizzato da paesaggi dove ai dolci profili delle colline si contrappongono maestose montagne che raggiungono la massima altezza nei massicci del Gran Sasso e della Maiella, creando un mix perfetto di paesaggi mozzafiato. Tra le tante attrazioni che meritano di essere visitate, i borghi d’Abruzzo occupano un posto speciale e regalano la possibilità di immergersi in un mondo di cultura, arte e tradizioni ancora molto vive. Passeggiare tra i vicoli acciottolati di questi luoghi suggestivi significa fare un viaggio a ritroso nel tempo, ammirare le splendide chiese e gli antichi palazzi che custodiscono storie e ricordi del passato, fermarsi a visitare le botteghe degli artigiani locali e assaporare i deliziosi piatti della cucina del territorio che ti faranno innamorare. Insomma, i borghi in Abruzzo sono il posto dove puoi entrare in contatto con l’anima più autentica di questa terra. Non ti resta che scoprire insieme a noi quali sono i dieci da non perdere per vivere un viaggio che di certo non ti deluderà.
Quali sono i borghi più belli d’Italia in Abruzzo?
Situata nel cuore dell’Italia appenninica, l’Abruzzo è una regione di contrasti, in cui convivono due anime: il mare e la montagna, così vicini che è possibile godere di entrambe le cose nello stesso giorno. Qui la bellezza della natura si fonde con un ricco patrimonio artistico e culturale per dare vita ad alcuni dei luoghi più belli del nostro Paese, dove profumi e sapori della gastronomia sono l’espressione dello spirito genuino di questa terra.
Di che cosa stiamo parlando? Naturalmente dei borghi più belli d’Italia in Abruzzo, paesi di antiche usanze e tradizioni, con paesaggi da cartolina che fanno di questo angolo del Belpaese la perfetta meta di un viaggio alla scoperta di qualcosa di veramente unico. I borghi sono vere e proprie perle incastonate tra colline e montagne, dove ogni angolo nasconde un piccolo tesoro e ogni pietra ha una storia da raccontare. Insomma, qui l’atmosfera è quella di un mondo che sembra sospeso tra passato e presente, una sorta di paradiso senza tempo che ti permette di vivere la vera essenza di una terra forte e gentile, ricca di contrasti e grandi emozioni.
Se quello che cerchi da un viaggio è conoscere la parte più autentica di un territorio, senza filtri che tendono a ingannare e a restituire un’immagine stereotipata, priva di un vero senso, allora in Abruzzo, tra le strette stradine dei suoi antichi borghi, troverai quello che stai cercando. Qui, la bellezza della natura e il fascino della cultura locale si fondono dando forma a una combinazione unica che non mancherà di stupirti e renderà la tua vacanza davvero indimenticabile.
E con queste premesse, diamo un’occhiata a quelli che, secondo la nostra personale classifica, sono i 10 borghi in Abruzzo che che devi assolutamente visitare almeno una volta nella vita.
Il borgo di Abbateggio
Iniziamo il nostro itinerario alla scoperta dei borghi da visitare in Abruzzo da Abbateggio, situato ai bordi settentrionali del Parco Nazionale della Maiella e quindi punto di partenza perfetto per delle escursioni a piedi o in mountain bike.
Il piccolo borgo di Abbateggio sorge su un colle sulla sinistra del torrente Lavinio e le origini del toponimo sono ancora oggi avvolte dal mistero: nelle carte del periodo angioino, infatti, è riportato il nome di Castrum Abbatigi, mentre in quelle risalenti all’epoca aragonese il toponimo Batium. Le prime attestazioni del nome risalgono al XII secolo, al tempo in cui il territorio fu invaso dai normanni che chiamavano la località ab(b)ateis, cioè “cosa abbattuta” o “bosco ceduo” o ancora “bosco abbattuto di recente”.
Il grazioso abitato è formato da un nucleo antico, con case costruite in pietra locale su uno sperone roccioso che domina la valle del Fosso Fonte Vecchia, e da un’area più recente che risale ai primi anni del Novecento. Nel centro storico, corrispondente al sito in cui un tempo sorgeva il castello, da visitare c’è la Chiesa di San Lorenzo Martire, di origine medievale, con la facciata rinascimentale, il portale in stile quattrocentesco e gli interni in stile barocco. Su un colle roccioso, proprio di fronte al borgo, sorge, invece, il Santuario della Madonna dell’Elcina da cui puoi godere di una splendida vista sul Gran Sasso, sui monti della Maiella e del Morrone e sul mare Adriatico. Secondo la tradizione locale, più o meno verso la fine del XV secolo, due pastorelli muti che qui pascolavano le pecore videro la Vergine su un elce, il cui tronco è conservato nella chiesa. Maria diede loro il dono della parola e chiese che proprio in quel luogo venisse eretta una chiesa a lei dedicata. All’interno dell’edificio, sul lato sinistro dell’altare, si trova un olio su tela che rappresenta la Madonna vestita con una tunica rossa e un manto azzurro, seduta su un albero, che tiene fra le braccia il Bambino. Nonostante l’opera risalga al Seicento, la devozione popolare vuole che il quadro sia quello che la Madonna fece trovare ai due pastorelli cui apparve.
Altri interessanti edifici religiosi sono la Chiesa della Madonna del Carmine, costruita in pietra locale e risalente alla prima metà del Settecento, e la chiesetta dedicata a San Biagio, nella contrada San Martino. Degno di nota è anche il sito archeologico di Valle Giumentina, a circa 5 km dal borgo, una delle principali testimonianze del Paleolitico inferiore e medio in Abruzzo. Qui potrai ammirare un gruppo di capanne a tholos, particolarmente importanti per fattura e dimensioni, cioè delle strutture in pietra a secco costruite da pastori e contadini come ripari, la cui forma ricorda i trulli pugliesi e i nuraghi sardi.
Fede e archeologia, ma non solo: Abbateggio è anche il paese del farro, un antico alimento coltivato in area mediterranea sin dagli Egizi per la scarsità di grassi e l’abbondanza di amidi. Grande protagonista della cucina locale lo puoi assaggiare in insalate e minestre che ti faranno venire l’acquolina in bocca.
Il borgo di Anversa degli Abruzzi
Continuiamo il nostro viaggio con il piccolo borgo di Anversa degli Abruzzi, il cui territorio fa parte della Comunità montana Peligna e ospita la riserva naturale guidata Gole del Sagittario, oltre alla frazione di Castrovalva.
Il nome deriva dai toponimi ad versus (di fronte a, nelle vicinanze) o amnis versus (verso il fiume), con riferimento alle acque del fiume Sagittario. Il paese sorge, infatti, a circa 600 metri su di un ampio sperone che domina lo sbocco delle gole scavate dal Sagittario. Un’altra ipotesi lega invece il nome del comune abruzzese a quello di Aversa, la cittadina campana fondata dai Normanni. La specificazione “degli Abruzzi” fu poi aggiunta nel 1927.
Se ami trekking e per te ogni occasione è quella giusta per organizzare un’escursione alla scoperta del territorio, allora dal borgo puoi raggiungere la Riserva Naturale WWF Gole del Sagittario che si estende dai 500 metri di quota, a valle dell’abitato di Anversa, fino ai pascoli di montagna di Pizzo Marcello, ai confini con il Parco Nazionale d’Abruzzo. La Riserva ospita al suo interno numerose fonti di acqua pura dalle proprietà terapeutiche, come le sorgenti di Cavuto, e una ricchissima flora che comprende anche specie rare, tra cui il “fiordaliso del Sagittario”, un pianta endemica presente solo in questa zona.
La visita del borgo non può che iniziare dal centro storico e più precisamente dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie, originaria del XVI secolo, con il portale rinascimentale in pietra calcarea datato 1540, unico nel suo genere in Abruzzo per il raro motivo iconografico, e lo splendido rosone del 1585. Se risali le strette vie che portano alle rovine del castello normanno, distrutto dal terremoto del 1706, in poco tempo raggiungi il Belvedere sulle Gole del Sagittario e, percorrendo via Duca degli Abruzzi, la Chiesa di San Marcello, in stile romanico con portale tardo gotico, mentre a valle dell’abitato si trovano i resti della Chiesa di Santa Maria ad Nives con l’annesso monastero, che già nel IX secolo risultava in possesso dei monaci Benedettini. Ti suggeriamo di visitare anche la già citata frazione di Castrovalva che si affaccia sulle incantevoli Gole del Sagittario e dove si trovano la parrocchiale di Santa Maria della Neve (XVI sec.) e la chiesetta di San Michele Arcangelo del XII secolo. Inoltre, a circa venti minuti di macchina da Anversa si trova il particolarissimo Lago di Scanno a forma di cuore.
Tra le specialità locali meritano una menzione i quagliatelli e fagioli, una minestra a base di pasta con acqua e farina ma senza uova, il capretto “cacio e uovo”, le pizzelle cotte con il “ferro” artigianale e i dolci come le pizze fritte e i ceci ripieni.
Il borgo di Caramanico Terme
Proseguiamo con il borgo di Caramanico Terme situato alle falde nord-occidentali del massiccio della Maiella e il cui territorio si stende tra le valli del fiume Orta e del suo affluente Orfento.
Il nome è quasi certamente di origine longobarda, infatti la fondazione di Caramanico è attribuita allo stanziamento di una comunità o “arimannia” longobarda, da ariman, cioè “uomo in armi” o da harimann, che vuol dire “insediamento di uomini armati”.
Caramanico, che si trova all’imbocco del canyon dell’Orfento e della valle del fiume Orta, nel Parco Nazionale della Maiella, è la meta ideale che fa felice diversi tipi di viaggiatore: dalle cure termali, alle camminate e trekking lungo i sentieri della valle dell’Orfento, passando per le escursioni a cavallo, quelle in mountain bike e la pesca sportiva nei fiumi Orta e Orfento, ce n’è davvero per tutti i gusti. Uno degli edifici più importanti del borgo è la millenaria abbazia di Santa Maria Maggiore, con il suo magnifico portale gotico del 1452 e l’interno, restaurato nel XVI secolo, arricchito dall’altare tardo-cinquecentesco dell’Assunta in pietra della Maiella e da un Crocifisso ligneo risalente al XV secolo che, osservandolo da diverse angolature, partendo da sinistra, mostra i tre momenti più importanti della Passione, ovvero Cristo sofferente, Cristo in agonia e Cristo morto.
Una visita di Caramanico Terme non è sicuramente completa senza aver ammirato anche la Chiesa di San Tommaso d’Aquino, con lo splendido portale romanico sovrastato da un rosone, la Chiesa di San Nicola di Bari, dalla sobria facciata neoclassica che incornicia uno splendido portale barocco datato 1592, e la Chiesa di San Maurizio che ancora oggi conserva il pavimento in pietra. Un altro luogo ricco di storia si trova a circa cinque chilometri dal centro, in località San Tommaso, ed è l’abbazia romanica di San Tommaso Becket, iniziata nel 1202, al cui interno sono custoditi tesori artistici di grande prestigio, tra cui lo splendido altorilievo del Cristo benedicente con i dodici Apostoli, gli affreschi duecenteschi e la “colonna santa”, uno strano monolito con capitello corinzio ritenuto miracoloso da chi, implorando la grazia della buona salute, vi si strofina contro. La cripta ospita invece un pozzo di acqua sorgiva un tempo legata agli antichi culti precristiani e alle virtù taumaturgiche delle acque della Maiella.
Caramanico è anche famosa per le sue specialità gastronomiche come la pasta “alla chitarra”, una pasta all’uovo fatta a mano, condita con il sugo d’agnello e i piatti di carne – ovina, suina o bovina – tra cui il maiale nero e il cinghiale.
Il borgo di Casoli
Arroccato su un colle situato alla destra del fiume Aventino, ai piedi del massiccio della Maiella, il borgo di Casoli sorse in epoca altomedievale e il suo territorio ospita la riserva naturale Lago di Serranella, un’area naturale protetta che ha un’estensione di circa 300 ettari.
Secondo gli storici, il nome di Casoli deriva da Cluviae, la capitale della tribù sannita dei Carecini infernantes, divenuta nel 310 a.c. municipio romano ed abitata sino al IV secolo d.c. circa, quando i barbari costrinsero gli abitanti a trovare rifugio sulla vicina collina. Il toponimo romano Casulae, invece, indicava un agglomerato di piccole case che posto a guardia di un trafficato asse viario e commerciale che si sviluppava tra la montagna ed il mare.
A Casoli non mancano monumenti e luoghi d’interesse per cui ti suggeriamo di prendere appunti perché ci sono davvero tante cose da vedere, a partire dalla Chiesa di Santa Reparata, patrona del borgo, che si trova all’inizio di Corso Umberto I e mantiene ancora l’impianto e le proporzioni originarie, nonostante i danni provocati dal bombardamento del 1943. Nel centro storico, invece, troverai la Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Maggiore, di gusto neoclassico e con un facciata ingentilita da una doppia scalinata che porta all’ingresso principale, e il maestoso Castello Ducale, edificato probabilmente tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo su un colle a 378 metri sul livello del mare. Al suo interno potrai visitare la mostra permanente sui protagonisti del “Cenacolo Abruzzese”, all’interno della Stanza del Silenzio, e ammirare i pannelli illustrativi della “Stanza D’Annunzio”, dove il Vate era ospite durante i suoi soggiorni in Abruzzo. Un’altra sala, quella principale del Castello, è intitolata a “Pascal”, come era affettuosamente chiamato l’On. Pasquale Masciantonio nell’ambito del “Cenacolo Abruzzese”, il gruppo che riuniva i più eletti rappresentanti della cultura e dell’arte dell’epoca, mentre un’altra sala è dedicata al Maggiore Lionel Wigram dell’Esercito Inglese che nel corso della seconda guerra mondiale svolse un ruolo determinate nel consentire la costituzione della gloriosa formazione partigiana “Brigata Maiella”.
Ai monumenti fin qui citati si aggiungo altre numerose chiese e palazzi storici che sono anche luoghi della memoria, come Palazzo De Vincentiis, in Via Roma, che fu sede nel 1940-43 di un campo di internamento per prigionieri.
In un viaggio a Casoli un posto importante spetta alla ricca e variegata gastronomia che si basa su numerosi prodotti tipici locali tra cui spicca la “mela piana”, citata persino da Boccaccio nel Decamerone, e l’olio di produzione locale, a cui si aggiungono l’agnello alla casolana, arricchito dai profumi delle erbe del territorio, la porchetta casolana, la coratella mantecata con uova e formaggio pecorino, il baccalà in umido, i cazzarielli una particolare pasta fatta in casa a base di farina ed acqua, condita con salsa di pomodoro, e i le tòtere, dolci preparati con un impasto di uova, zucchero, farina ed altri ingredienti, fritti in olio di oliva e ripieni di crema pasticciera o al cioccolato.
Il borgo di Castelli
In un tour alla scoperta dei borghi d’Abruzzo non si può certo ignorare la magia di Castelli, piccolo comune situato alle falde sud-orientali del Gran Sasso d’Italia, porta d’accesso al Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, e il cui territorio rientra nella Comunità montana Gran Sasso.
Il paese, anche in questo caso, è il punto di partenza ideale per escursioni nel Parco, inoltre se ami lo sci da Castelli puoi salire fino al Monte Camicia (2750 m) e a Campo Imperatore, il più vasto pianoro dell’Appennino, dove ci sono impianti per lo sci di pista. Qui puoi praticare anche alpinismo e camminando tra le centinaia di sentieri che caratterizzano il territorio potrai incontrare flora e fauna di grande valore. È facile capire perché il borgo sia stato battezzato con questo nome: si tratta, infatti, un gruppo di case costruite su uno sperone roccioso, tra dirupi, boschi e torrenti, circondate da possenti montagne.
Prima tappa della visita a Castelli è senza dubbio il Museo della Ceramiche, ospitato nella sede del Palazzo Municipale dell’Artigianato, dove potrai immergerti nella storia della ceramica abruzzese e castellina dak 1400 circa fino al 1900. Secondo gli studiosi, i Benedettini, insediatisi intorno al Mille nell’abbazia di San Salvatore, hanno avuto un ruolo importante nella diffusione dell’arte della ceramica a Castelli, tuttavia anche la vicinanza di cave di argilla e la disponibilità di acque e di legna per il fuoco di cottura hanno favorito lo sviluppo di questa antica tradizione.
Un altro luogo da non perdere è la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, che si affaccia sulla piazza centrale del borgo, con la sua monumentale scalinata in pietra bianca e le due imponenti colonne laterali, al cui interno sono conservate opere preziose, tra cui la statua lignea della Madonna col Bambino, risalente al XIII secolo. Nella piazza centrale di Castelli si trova anche il Belvedere da cui puoi ammirare lo profilo del Gran Sasso che sembra quasi la testa appoggiata di un gigante dormiente. Un altro edificio religioso che ti suggeriamo di visitare è la chiesa di San Donato, edificata agli inizi del Seicento su un’altura che si trova poco distante dal centro abitato, dal meraviglioso soffitto maiolicato, unico in Italia e realizzato tra il 1615 e il 1617 con la corale partecipazione di tutti i ceramisti castellani, che ti lascerà a bocca aperta per la sua straordinaria bellezza. Ti basti pensare che Carlo Levi, nel 1963, la definì “La Cappella Sistina della maiolica”. Degna di nota è anche la chiesa di San Rocco che conserva il bel portale romanico in pietra e un affresco di Andrea De Litio raffigurante la Madonna che, secondo la tradizione, fu vista lacrimare.
Passiamo ora ai piatti della ricca cucina castellana che fa felici tutti i palati. Vanno sicuramente menzionati i maltagliati con le voliche (una verdura che cresce oltre i 2000 m), le fregnacce, la virtù (il minestrone con gli avanzi della dispensa) e le mazzarelle (involtini di lattuga e interiora di agnello). Spazio anche ai dolci tradizionali, come li cellitte de Sant’Andonie (biscotti con marmellata e mandorle tritate) e li caggiunitte (ravioli fritti ripieni di un impasto a base di farina di castagne o di ceci, con mandorle tostate e cioccolato).
Il borgo di Crecchio

Un piccolo borgo medievale dominato dal Castello Ducale. Questo è Crecchio che sorge in quella parte d’Abruzzo che dalla Maiella scende verso l’Adriatico, dove il paesaggio è arricchito dalla presenza di vigneti, ulivi e alberi da frutto.
Nel VI secolo a.C., stando a quanto riporta un’epigrafe, oggi conservata nel Museo Nazionale di Napoli, Crecchio era chiamato Ok(r)ikam. Il nome cambiò poi in Ocriculum una volta divenuto municipio romano. Alcuni storici ipotizzano che il borgo fosse una roccaforte dei Frentani a guardia del confine con i Marrucini, mentre altri ritengono che il nome derivi dalla voce tardo-latina ocriculum, “monticello” ed escludono qualsiasi legame con le vicende degli antichi popoli abruzzesi.
Piccolo ma non per questo privo di attrazioni interessanti, Crecchio ha un notevole numero di chiese, oltre a dimore storiche di grande valore architettonico e culturale, senza dimenticare, naturalmente il castello ducale De Riseis-D’Aragona.
Tra gli edifici più importanti del borgo c’è sicuramente la chiesa di Santa Maria da Piedi, situata a ridosso della Porta da Piedi, da cui prende il nome, oggi sconsacrata e utilizzata come auditorium, la chiesa del Santissimo Salvatore, a metà strada tra il Castello e la chiesa di Santa Maria da Piedi, con la sua facciata in sobrio stile barocco, e il Santuario di Santa Elisabetta, che sorge a breve distanza dal centro storico, al cui interno è conservata una statua quattrocentesca della Santa ed alcuni ex voto del XIX secolo. Invece a valle del borgo, lungo il corso dell’Arielli, trovi il Parco dei Mulini, di grande interesse naturalistico e archeologico, dove puoi ammirare da vicino i mulini a palmenti ristrutturati negli anni Novanta.
Crecchio ha anche una vocazione agricola che si riflette nei suoi piatti tradizionali: dalla pizza di farina di mais e foje (verdure di campo), alle pallotte cacio e ove, passando per baccalà e peperoni e fino ai dolci calcionetti. Inoltre, sono diversi i frantoi in zona che producono olio extravergine di alta qualità, mentre nelle cantine di Crecchio, comune membro dell’Associazione Nazionale Città del Vino, si producono vini eccellenti come il Montepulciano d’Abruzzo, il Trebbiano, il Pecorino e la Cococciola. Insomma, una visita a Crecchio è un’occasione da non perdere!
Il borgo di Navelli
Conosciuto per la produzione dello zafferano dell’Aquila DOP, Navelli è un piccolo borgo medievale situato all’estremità delle propaggini sud-orientali del massiccio del Gran Sasso, su di un colle, in posizione dominante sull’omonimo altopiano. L’origine del toponimo è avvolta ancora oggi dal mistero.
Secondo alcuni il nome del borgo deriverebbe da nava, cioè “conca” o “affossamento”, in riferimento alla depressione del terreno in cui si trovava il primo insediamento, mentre la tradizione popolare vuole che la nascita del nome sia il risultato dell’unione delle nove ville, che costituivano il territorio, in un unico castello. Inoltre, la nave presente nello stemma sarebbe stata aggiunta nel Medioevo, in ricordo della partecipazione degli abitanti alla crociate in Terra santa.
Navalli offre numerose opportunità per godere e vivere la natura abruzzese: dalle passeggiate a cavallo o in mountain bike, al trekking nelle riserve naturali fino alle escursioni in canoa. Tieni presente che da un punto di vista naturalistico, il borgo è considerato la “porta dei parchi” poiché si trova proprio all’incrocio del Parco nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga con il Parco regionale del Sirente – Velino.
Non mancano naturalmente anche luoghi e monumenti di interesse artistico e storico da visitare, a partire dal Seicentesco palazzo fortificato Santucci, noto anche come Palazzo Baronale, sorto sulle rovine dell’antica fortezza medievale, e la chiesa parrocchiale di San Sebastiano, in stile tardo-barocco con sfumature neoclassiche, il cui campanile, in origine, era la torre d’avvistamento del castello medioevale. Vicino a piazza Municipio troverai invece la Chiesa della Madonna del Rosario, di gusto barocco, al cui interno sono conservati il monumentale e scenografico organo ligneo, dalle meravigliose decorazioni con rilievi in oro, e la tela della Crocifissione del pittore veneziano Vincenzo Damini.
Ti segnaliamo anche il seicentesco Palazzo Piccioli, in stile neoclassico e con annessa cappella gentilizia di San Gennaro e del Santissimo Rosario, Palazzo De Roccis, detto anche del Milionario, dai bellissimi pavimenti a mosaico, e Palazzo Onofri, risalente al 1498, annesso a una delle cinque porte di accesso al paese, ossia Porta Villotta, detta anche Porta Est.
Vale la pena fare anche un giro a Civitaretenga, frazione di Navalli, che si trova poco fuori il centro abitato, per visitare il monastero di Sant’Antonio, col chiostro del XIII secolo e l’annessa chiesa rinascimentale dal bellissimo portale.
Come abbiamo già detto, ci troviamo nella terra dell’oro rosso, ovvero lo zafferano dell’Aquila, che ha ricevuto il marchio DOP nel 2005, grande protagonista della tavola di Navelli insieme ai ceci. Tra i piatti tipici ricordiamo gnocchetti e ceci, sagnette e ceci, risotto allo zafferano e costatine d’agnello allo zafferano. Menzione d’onore per i dolci, in particolare i cauciunitti, ai ceci o alle mandorle, e i nocci interrati, ossia mandorle con lo zucchero. E per concludere un ottimo pasto non c’è niente di meglio di un buon liquore allo zafferano. Provare per credere!
Il borgo di Pettorano sul Gizio
Nel panorama delle riserve naturali regionali, Pettorano sul Gizio costituisce un vero e proprio unicum poiché il centro storico del borgo ricade tutto all’interno dell’area protetta del Monte Genzana Alto Gizio che racchiude numerosi ambienti naturali e ospita varie specie animali.
Un altro motivo che rende Pettorano sul Gizio un luogo di grande interesse è la presenza dell’unico frammento in greco trovato in occidente dell’edictum de pretiis rerum venalium di Diocleziano, (301 d.C.), conservato all’interno di palazzo Croce. Sono diverse le teorie che provano a spiegare le origini del nome di questo borgo della provincia dell’Aquila: potrebbe infatti derivare da pettorale, per la forma a petto di corazza dell’insieme urbanistico, da pettorata, che significa “ripida salita”, con riferimento al dirupo della Valle del Gizio, dal greco petra, ossia “roccia”, e da Pictorianus, il nome di un pagus romano.
Camminando tra le “rue”, ovvero le antiche stradine, tra cortili e antichi edifici arricchiti da iscrizioni e stemmi, ti ritroverai ad ammirare i meravigliosi e suggestivi scorci naturali che abbracciano il borgo e ne fanno un luogo di rara bellezza. A vegliare su Pettorano sul Gizio è il castello Cantelmo, che sorge sul colle della Guardiola, costruito dai Normanni nel XI secolo, oggi moderna struttura espositiva. Un altro edificio che fa parte della storia dei Cantelmo è Palazzo Ducale, con la fontana che fa bella mostra di sé nella corte interna, ora piazza Zannelli, a ci si aggiungono altri bei palazzi, come palazzo De Stephanis, con la facciata di gusto rococò, palazzo Giuliani, risalente al XVIII secolo e in stile barocco-rurale, e palazzo Vitto-Massei, dove nel 1832 fu ospitato il re Ferdinando di Borbone. Tra gli edifici religiosi che meritano una visita ci sono invece la parrocchia della Beata Vergine Maria e di San Dionisio, al cui interno sono conservate tele settecentesche di Vincenzo Figluolino, oltre a un elegante crocifisso ligneo trecentesco policromato, la chiesa di San Nicola di Bari, citata in alcuni documenti del 1183, e le chiese di Sant’Antonio da Padova e di San Rocco.
Dal punto di vista culinario, il simbolo della tavola di Pettorano sul Gizio è la polenta rognosa, a base di farina di mais “otto file”, spuntature di maiale, olio extravergine di oliva e pecorino abruzzese, cotta rigorosamente nel paiolo di rame e tagliata a fette con un filo. Ma tra i piatti tipici del luogo ci sono anche anche i saporiti mognele e chezzerieje, gnocchetti di acqua e farina conditi con verdura locale, le crostele, ciambelle fritte di acqua, farina, patate, lievito di birra, sale e rosmarino, le pizzelle dolci, fatte con farina, uova, zucchero, cannella e limone, e la pizza di San Martino che si ottiene mescolando farina, uova, zucchero, noci, cioccolato fondente, cannella, mosto cotto, chiodi di garofano.
Il borgo di Opi
Opi è un piccolo borgo medievale che si trova all’interno del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, considerato uno dei 10 parchi nazionali italiani più belli, dove la natura è grande protagonista e offre la possibilità di fare escursioni, passeggiate a piedi, a cavallo o in mountain bike, lungo gli oltre cinquanta sentieri del Parco.
Insomma, da Opi partono itinerari di grande interesse e bellezza che ti regalano l’opportunità di esplorare e scoprire molte bellezze naturalistiche del territorio. Il borgo si sviluppa in mezzo al gruppo montuoso dei monti Marsicani, con a nord-est il monte Marsicano e a sud-est il monte Amaro di Opi e il monte Petroso, e tra gli estesi altopiani incastonati tra le foreste, vivono rare specie animali, come l’orso bruno marsicano, il camoscio d’Abruzzo, il lupo appenninico, l’aquila reale e la lince.
Ancora oggi l’origine del nome di questo luogo è incerto: alcuni pensano che derivi da Ope, un’antica divinità sabina, o da Opice, sacerdotessa del tempio di Vesta, ma l’ipotesi più probabile è che il nome venga dal latino oppidum, che significa “castello fortificato” o “città fortificata”.
Il borgo conserva ancora oggi il fascino dato dalla sua posizione, l’aspetto tipico delle comunità pastorali d’altura e la struttura urbana a forma di fuso che, se osservato dall’alto, lo fa assomigliare a una goccia o, nella stagione più fredda, a una nave in mezzo a una distesa di ghiaccio. Oltre al palazzo baronale della famiglia Rossi, risalente al XVII secolo, che oggi ospita il municipio, sono due gli edifici di grande interesse storico e artistico: Il primo è la chiesa di Santa Maria Assunta, che trovi a metà strada tra il nuovo centro e il nucleo storico, ricostruita nella sua forma attuale nel XVII secolo dopo essere stata danneggiata più volte dai terremoti, mentre il secondo è la cappella di San Giovanni Battista, nei pressi della piazza principale, edificata in epoca barocca e impreziosita da decorazioni lignee, stucchi e marmi policromi.
Tra i prodotti tipici della cucina di Opi, devi assolutamente assaggiare i formaggi freschi e stagionati di pecora e capra, senza dimenticare la m’cisca (carne di pecora essiccata), le frittelle di cavolfiore, i dolci tanozzi e il fragolino, un liquore fatto con le fragoline di bosco.
Il borgo di Santo Stefano di Sessanio
Siamo giunti al termine di questo viaggio tra i borghi d’Abruzzo. La nostra classifica si chiude con Santo Stefano di Sessanio che conta poco più di cento abitanti ed la porta di accesso alla parte meridionale del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Il borgo, costruito in pietra calcarea bianca, è situato nell’entroterra abruzzese ed è considerato tra i più belli della Regione per in virtù del rispetto dei valori ambientali, del decoro architettonico e dell’omogeneità stilistica. Il nome deriva da una corruzione di Sextantio, piccolo insediamento romano situato nei pressi dell’attuale abitato, probabilmente distante sei miglia da un più importante villaggio romano. Il simbolo di Santo Stefano di Sessanio è la torre di avvistamento, erroneamente detta torre Medicea, posta in cima al borgo, dalla cui sommità si può godere di uno straordinario panorama che abbraccia le valli del Tirino e dell’Aterno e spinge lo sguardo sino ai fondali della catena del Sirente e della Maiella.
Tra gli edifici di interesse storico e culturale c’è invece la chiesa dedicata a Santo Stefano Martire che si presume esistesse già dal XIII secolo, tuttavia il suo aspetto risale alla metà del Settecento poiché fu rifatta dopo i danni provocati dal sisma del 1703. Al suo interno sono conservate una statua policroma della Madonna col Bambino e una di Santo Stefano. Un altro edificio di grande importanza storica è il Palazzo Mediceo o del Capitano, residenza signorile dei Medici, con la facciata principale abbellita dall’elegante loggiato rinascimentale della metà del Cinquecento e due finestre bifore di gusto tardo-gotico.
Ti segnaliamo, inoltre, che da Santo Stefano di Sessanio parte un percorso naturalistico guidato fino a Rocca Calascio dove si trova il famoso castello che ha fatto da sfondo al film fantasy Ladyhawke con Michelle Pfeiffer.
Infine, tra i prodotti tipici della cucina di Santo Stefano di Sessanio non si possono non citare le lenticchie, biologiche e di una qualità rara e antica che viene coltivata solo nei terreni aridi di alta montagna tra i 1200 e i 1450 metri. Da provare la zuppa di lenticchie servita con quadratini di pane fritto in olio di oliva, ma anche le lenticchie con le volarelle (pasta fatta in casa, tagliata a quadretti) o con le salsicce. Un’altra specialità che ti consigliamo di assaggiare è l’agnello alla chiaranese con formaggio e uova.