Terra ricca di contrasti e contraddizioni, ma anche di bellezze naturali, storia, cultura e tradizione, senza dimenticare il patrimonio enogastronomico e le splendide spiagge. Questa è la Campania, nel Sud dell’Italia, rinomata per il suo antico passato, per i paesaggi mozzafiato e per alcuni dei borghi più belli d’Italia, piccole cittadine pieno di fascino e carattere, che conservano l’autenticità di un tempo e sono un vero tesoro da non perdere. Sogni un viaggio che vada oltre le solite rotte turistiche? Scopri quali sono i borghi da visitare in Campania e lasciati incantare dall’atmosfera di luoghi che hanno saputo conservare la loro bellezza nel corso dei secoli.
Quali sono i borghi della Campania da non perdere?
«Vedi Napoli e poi muori» recita un vecchio adagio che parla della bellezza di una delle città che da sempre attrae persone da tutto il mondo. Ma la Campania è molto di più di Napoli: i suoi borghi, costellati di strade acciottolate e di antichi edifici, affacciati sul mare o arroccati sulle colline, sono un affascinante e imperdibile viaggio nella storia, nell’arte e nella cultura.
Se ami spingerti oltre i classici percorsi turistici e conoscere l’anima dei posti che visiti, i borghi in Campani sono una destinazione da non perdere. In questi luoghi, cultura e arte, leggende, miti e tradizioni, si mescolano tra le stradine e gli antichi edifici, creando un’atmosfera unica, difficile da respirare altrove. Visitare un borgo campano è come fare un salto indietro nel tempo, immergersi in un mondo più semplice e autentico che ti farà dimenticare lo stress della vita quotidiana. Tra i vicoli stretti di queste pittoresche cittadine, potrai scoprire segreti nascosti e vere e proprie opere d’arte che ti lasceranno a bocca aperta. Senza dimenticare profumi e sapori di prodotti tipici che ti faranno innamorare della vera cucina campana.
Con queste premesse, non ci resta che preparare la valigia e partire alla scoperta dei dieci borghi da visitare in Campania almeno una volta nella vita per un viaggio suggestivo che saprà farti battere il cuore.
Il borgo di Albori
Iniziamo il nostro tour da Albori, piccola frazione di Vietri sul Mare, che sorge a 264 metri sul livello del mare, all’interno di un’insenatura che si sporge verso la costiera amalfitana. Sospeso tra il mare della costiera e il bosco del monte Falerio, caratterizzato da vicoletti e case dai colori vivaci, che sono state costruite in pietra e calce, con tetti fatti di tegole napoletane, Albori è un borgo che fa felici gli amanti delle passeggiate in montagna e coloro che vogliono sfuggire al trambusto della città per godersi momenti di puro relax tra mare limpido e natura incantevole.
L’etimologia del nome è incerto, ma alcuni studiosi sostengono che potrebbe derivare da Arvo, un argonauta al seguito di Giasone che, attratto dalla bellezza del luogo, vi si sarebbe stabilito dopo una tempesta. Un’altra ipotesi vuole che le origini del toponimo vadano ricercate nella parola albores che anticamente indicava il nome del luogo in cui si andava a fare legname per costruire le navi. Secondo una terza tesi, il nome di Albori potrebbe essere un riferimento ad Albola, una sorgente di acqua minerale esistente nella zona.
Al centro di questo piccolo borgo a circa 2 km da Vietri sul Mare, in una piccola piazza, sorge la chiesa dedicata a Santa Margherita, al cui interno puoi ammirare pregevoli affreschi di scuola napoletana, di cui uno dei più importanti esponenti fu il decoratore barocco Francesco Solimena. Merita una visita anche il Museo della Ceramica, allestito nella torretta di Villa Guariglia, edificio storico dove sono raccolti reperti della ceramica vietrese dal Settecento alla prima metà del Novecento. Villa Guariglia ospita anche il Centro di Studi Salernitani, un centro di documentazione storica sulla celebre Scuola medica salernitana. E se vuoi regalarti un tuffo nelle limpide acque del Mar Tirreno, puoi raggiungere la vicina Marina d’Albori, un breve tratto di costa amalfitana tra Vietri e Cetara, con una piccola e suggestiva spiaggetta su cui si affaccia una vecchia torre di avvistamento.
Il piatto tipico del borgo che devi assolutamente assaggiare? Di sicuro le penne “alla cuppitiello”, con salsa di verdure di stagione, ma è impossibile resistere anche alle pietanze a base di pesce, insaporite da succo di limone amalfitano, e alle “palle di ciuccio”, le caratteristiche crocchette di patate agrodolci. Il tutto accompagnato da vini di produzione locale.
Il borgo di Atrani
Stretto tra il monte Civita ad est ed il monte Aureo ad ovest, Atrani è il borgo che si estende lungo la valle del fiume Dragone. Anche in questo caso, l’origine del toponimo è incerta, ma la maggior parte degli studiosi è portata a pensare che le radici del nome affondino nell’aggettivo latino ater, cioè oscuro/tetro, in riferimento alla visione del borgo simile a un antro racchiuso tra ripide pareti rocciose a picco sul mare. Altri, invece, fanno collegano il nome all’insediamento di Atria, da cui provenivano i primi coloni greci.
Passeggiate, escursioni, trekking, bagni di mare, ad Atrani hai solo l’imbarazzo della scelta se ami le attività outodoor che ti permettono di vivere appieno la bellezza del luogo e le emozioni che solo la natura può dare. La visita in questo piccolo borgo in provincia di Salerno comincia dall’antichissima chiesa di San Salvatore de Birecto, costruita nel X secolo, e con l’attuale facciata con l’orologio, la scalinata e l’atrio realizzati in epoca barocca, contiene una lastra marmorea risalente alla fine dell’XI secolo che mostra altorilievi di stile bizantino e figure antropomorfiche di derivazione longobarda. Un altro edificio religioso degno di nota è la Collegiata di Santa Maria Maddalena, eretta nel 1274 come ringraziamento degli atranesi alla Madonna per averli liberati dai predoni saraceni. Nel corso del tempo l’edificio ha subito notevoli interventi di restauro ed è stata ingrandita ed abbellita, tanto che oggi la cupola rivestita di maioliche e la torre campanaria a pianta quadrata sono diventate il simbolo dello skyline del borgo campano. Accanto alla chiesa sorge la grotta di Masaniello, che qui si rifugiò braccato dai soldati del viceré di Napoli, e al di sotto di questa è situata la casa materna del celebre capopopolo napoletano, costruita in cima a 500 scalini.
La specialità del borgo è o’ sarchiapone, un piatto che ha come ingrediente principale una zucca lunga verde, svuotata e imbottita con una golosa farcitura.
Il borgo di Castellabate
Castellabate sorge sulla costiera cilentana e il suo territorio rientra nel Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, dichiarato nel 1998 Patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, mentre i suoi ambienti marini formano l’area marina protetta Santa Maria di Castellabate. L’etimologia del toponimo è legato al Castrum Abbatis – castello dell’Abate – la fortezza che fu costruita dall’abate Costabile Gentilcore nel 1123 per difendere le popolazioni locali dagli attacchi dei pirati saraceni.
Il borgo è il luogo che fa per te se ami le lunghe e rilassanti passeggiate, le escursioni e il trekking che tra i sentieri di questo piccolo angolo di paradiso sono un’occasione per scoprire le meraviglie naturali della zona. Se invece il tuo elemento naturale è l’acqua, tra nuoto, immersioni e pesca subacquea hai solo l’imbarazzo della scelta. Inoltre, devi sapere che la bellezza della costa e la limpidezza delle acque hanno consentito al territorio di Castellabate di ottenere la Bandiera Blu, le Quattro Vele e i riconoscimenti di Legambiente. Insomma, questo straordinario borgo campano è la destinazione ideale per chi vuole unire avventura, divertimento e relax. Dal punto di vista storico non si può non visitare la basilica di Santa Maria de Gulia, costruita in stile romanico nella prima metà del XII secolo, al cui interno sono custodite tavole pittoriche ed affreschi di grande valore artistico. Alle due estremità del borgo si trovano invece Villa Principe di Belmonte, una struttura nobiliare con un parco di cinque acri, e Villa Matarazzo, l’ottocentesca tenuta che con il suo parco si estende tra corso Matarazzo e il lungomare di Santa Maria. I due edifici, mediante una ragnatela di strette stradine, sono collegate a Piazza Lucia, da cui puoi goderti il panorama della vallata che scende al mare lucente di Licosa. La piazza è contornata da antiche case e in cima a un percorso in lieve salita si trova il Castello, con le quattro torri angolari rotonde poste a protezione dei punti cardinali che racchiudevano all’interno abitazioni, magazzini, forni e cisterne. Stai pensando che il nome di Castellabate ti suona familiare, ma non riesci a ricordare perché? Ebbene, il borgo è il set del famoso film Benvenuti al Sud di Luca Miniero (e del sequel Benvenuti al Nord) da cui è tratto l’adagio diventato celebre “Quando vieni al Sud piangi due volte, quando arrivi e quando te ne vai”.
Gli incantevoli e suggestivi luoghi di Castellabate sono una tappa obbligata se vuoi vivere il meglio della Campania e della sua cucina: il bel borgo, infatti, come tutto il Cilento, è la patria della dieta mediterranea, riconosciuta patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco nel 2010.
Tra i piatti tipici castellabatesi devi provare i fusilli con ragù di castrato, le alici marinate, le alici “mbuttunate”, farcite, ripassate nell’uovo e fritte e i golosi fichi “impaccati”, ovvero spaccati e in seguito riempiti con mandorle, noci, finocchio e buccia di agrumi (limoni o arance).
Il borgo di Gesualdo
Il comune sorge nell’Irpinia centrale, fra le valli del Ansanto e dell’Ufita, nella provincia di Avellino. Il nome del borgo, secondo l’ipotesi più accreditata, sarebbe legato a quello di Gesualdo, il cavaliere longobardo al quale, per i suoi meriti, il duca Romoaldo avrebbe donato le terre che sarebbero poi state ereditate dalla famiglia del condottiero, forse nel VI secolo, durante la guerra con i Bizantini. Altri studiosi, invece, affermano che il toponimo medievale, Gisivaldum, deriverebbe da Gis-wald, ovvero “bosco di Gis”, pertanto il cavaliere si sarebbe chiamato Gis.
Tra i luoghi più interessanti di Gesualdo c’è senza dubbio il Castello, le cui origini sono ancora oggi oggetto di studio, tanto che la data di costruzione è ancora oggetto di dibattito: si pensa, infatti, che la fortezza risalga al VII o al IX secolo. L’edificio presenta quattro bastioni rotondi con cortine cinte da rivellini e con corte centrale. La facciata, invece, è stata restaurata nell’Ottocento, mentre all’interno si distinguono testimonianze di arte gotica e elementi architettonici di stile rinascimentale. Degni di nota sono anche i palazzi Pisapia e Mattioli, che formano un unico complesso, con i vasti saloni, loggiati e giardini pensili che rispondono al gusto dell’aristocrazia locale del XVII secolo. Anche le fontane dei Putti, d’Alabastro, del Canale e l’antico lavatoio, che arrischino il patrimonio urbano, meritano una visita. Per non parlare degli edifici di culto che custodiscono un patrimonio antico e prezioso. Tra questi ti consigliamo la Chiesa Madre di San Nicola, di origine medievale e ricostruita nel 1760, con grande e meraviglioso portale barocco in pietra da taglio, la Chiesa del Santissimo Rosario, in piazza Neviera, ricca di altari barocchi di marmo policromo, la Chiesa di Santa Maria degli Afflitti, al cui interno sono conservate due importanti opere, ossia la statua lignea di sant’Onofrio Martire e la Deposizione di Giovanni Tommaso Guarini, e la Chiesa del SS. Sacramento, più conosciuta come Capellone, costruita nella seconda metà del XVII secolo, abbellita da una cupola emisferica e da una facciata in pietra.
Storia, arte e cultura, ma non solo: Gesualdo è rinomato anche per le sue specialità gastronomiche, in particolare per i tre PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) certificati, ovvero il pomodorino seccagno, il sedano e l’aglio.
Il borgo di Montesarchio
Il comune di Montesarchio si trova a circa 18 chilometri da Benevento, nella Valle Caudina, ai piedi del monte Taburno, ed è famoso per la battaglia delle Forche Caudine, risalente alla seconda guerra sannitica, in cui i romani vennero sconfitti dai sanniti e costretti a subire la pena delle forche caudine.
Sono diverse teorie che provano a spiegare l’etimologia del nome: da Mons Arcis (Monte Forte), inteso come monte munito di difese, a Mons Arcolo (Monte di Arcolo), riferito al primo condottiero longobardo che fortificò il paese con un castello. Il toponimo potrebbe aver avuto origine anche da Mons Herculis (Monte di Ercole), poiché la leggenda narra che l’eroe per eccellenza visse proprio in queste zone e qui, in una grotta del monte Taburno, avrebbe portato a termine la prima delle sue dodici imprese, ovvero l’uccisione del Leone. Tuttavia, quest’ultima tesi è ritenuta poco attendibile in quanto nata in epoca risorgimentale e caldeggiata dai patrioti anti clericali che volevano creare una icona pagana.
Montesarchio sorge in una posizione centrale rispetto a quasi tutti i capoluoghi della Campania ed essendo ben collegato è un punto di partenza ideale per escursioni e gite turistiche nella provincia di Benevento. Tra le attrazioni principali del borgo ti segnaliamo il Castello, rimaneggiato durante i vari secoli tanto da diventare un insieme di soluzioni architettoniche che abbracciano un periodo di circa 1000 anni, la Torre, adibita a sede del Museo archeologico nazionale del Sannio Caudino e nella cui struttura si può riconoscere una delle prime forme di torre a mandorla, l’Abbazia di San Nicola, che sorge nel centro storico del paese, con la facciata, in stile romanico e l’altare maggiore in marmi policromi sovrastato da un grande dipinto, e la Chiesa di San Francesco, di stile vanvitelliano, con l’interno a tre navate e impreziosita da altari e dipinti barocchi. Di notevole interesse storico e culturale è anche la Torre dell’Orologio, costruita agli inizi del Settecento su un precedente edificio che dava alloggio ai pellegrini di passaggio sulla Via Francigena. Passiamo ai piaceri della tavola che a Montesarchio comprendono un’ampia scelta di prelibatezze.
Tra i piatti tipici che devi assolutamente provare ci sono cazzarielli con la carne di capra, lavanelli e ceci e gli ottimi paparuli ‘mbettonati (peperoni imbottiti). E per esaltare il gusto e i profumi di queste straordinarie ricette locali non possono mancare un buon calice di Aglianico o Falanghina.
Il borgo di Monteverde
Monteverde è un altro gioiello collocato nell’Appennino campano, all’estremità orientale dell’Irpinia e sorge su di un’impervia altura situata a cavallo tra il torrente Osento e il fiume Ofanto. Il territorio del borgo, a partire dal 2010, è diventato la casa della rarissima cicogna nera che in queste zone nidifica in primavera.
Il toponimo deriva da Montis Viridis che fa riferimento al verde dei boschi che circondavano il monte su cui sorse il castello. Il centro storico, con le sue strette viuzze a gradoni, presenta l’originario tessuto urbano dei paesi irpini d’altura e circonda il castello costruito in pietra locale sbozzata e lavorata. La fortezza, che domina la valle attraversata dai fiumi Ofanto e dal suo affluente Osento, fu edificata dai Longobardi conserva ancora oggi l’originaria forma trapezoidale a cui, in epoca medievale, furono aggiunte quattro torri angolari, due cilindriche e due quadrate. Per quanto riguarda invece i luoghi di culto, ti consigliamo di visitare la ex cattedrale dedicata a Santa Maria di Nazareth, al cui interno sono conservati dipinti di scuola napoletana del Seicento, statue lignee e altari di età compresa tra il XV e il XVIII e un crocifisso datato al XIII secolo, e la chiesa parrocchiale, sempre intitolata a Santa Maria di Nazareth, dove potrai ammirare splendidi dipinti settecenteschi.
Nel percorso di visita non possono certo mancare le delizie della cucina locale, tra cui la focaccia contadina di farina di mais cotta sui tizzoni ardenti, gli insaccati di carne suina, quali soppressata, salsiccia e capocollo, i prodotti caseari, come caciocavallo, scamorza, ricotta, formaggio fresco e stagionato, e i piatti di tradizione agropastorale a base di pasta fatta in casa, legumi e ortaggi, accompagnati da un calice di Aglianico e Sangiovese oppure da un boccale di birra artigianale Serro Croce.
Il borgo di Nusco
Nusco è la destinazione perfetta per gli appassionati di escursioni in montagna, trekking e passeggiate anche perché, sparse su tutto il territorio del borgo, si trovano alcune architetture rurali, come le fontane in via di recupero, inserite in specifici itinerari naturalistici, e gli antichi casali.
Le origini del nome sono incerte ed inoltre è da escludersi un legame con la mitica città di Nomistron avanzata dal grecista Rocci. Il centro di Nusco sorge su un monte tra Montella e Lioni, tra l’alto corso dell’Ofanto e e l’alto corso del Calore Irpino, ed è soprannominato il balcone dell’Irpinia, poiché dagli spalti di ciò che resta del castello, costruito intorno al IX secolo, e dai viali che costeggiano il paese si può ammirare una splendida vista che spazia dal massiccio del Vulture alla cima del Montagnone di Nusco, al Terminio, al Partenio, al Taburno, al Matese fin verso i Monti Dauni.
Tra i luoghi da visitare c’è senza dubbio la Cattedrale, che presenta una maestosa facciata di stile composito, costituita da grossi massi di pietra locale, e un Campanile alto 33 metri, che spingono l’osservatore ad ammirare l’edificio da differenti angolazioni per comprendere la complessità della sua struttura. All’interno meritano particolare attenzione, in virtù del loro grande valore artistico, il presbiterio e il coro, alcuni affreschi settecenteschi nella volta del coro, il pulpito ligneo del Seicento e gli affreschi scoperti nella cripta raffigurano la Natività e risalgono al 1500 circa. Anche le decorazioni barocche della cattedra del vescovo e della balaustra del coro contribuiscono all’unicità della Cattedrale.
Passiamo ora alle specialità del borgo perché la tavola di Nusco offre specialità locali che ti faranno innamorare della cucina del territorio, come i primi piatti a base di pasta fatta in casa, condita con sugo di agnello o ragù o accompagnata da legumi. Non perdere l’occasione di assaggiare gli gnocchi (cicalucculi), le tagliatelle (lagane) e i ravioli, per i quali si utilizza una speciale ricotta prodotta in luogo.
Il borgo di Savignano Irpino
Ci spostiamo a Savignano Irpino è arroccato su un rilievo a forma di sella, in posizione dominante la valle del Cervaro, e il toponimo del paese deriverebbe da un certo Nasellius Sabinus, un militare romano vissuto nel I secolo da cui trasse il nome il Fundus Sabinianus e poi il Castrum Sabinianum oppure dalle popolazioni italiche pre-romane, i Sabini, stanziati nell’Italia centrale.
Monumenti e luoghi d’interesse sono numerosi, quindi preparati a perderti nei vicoli che collegano i suggestivi angoli del paese, tra antiche chiese, palazzi e fontane. Si comincia dal Castello Guevara, di epoca longobarda e parte di un più esteso sistema di difesa che circondava tutto il borgo medioevale, per continuare con la Chiesa madre di San Nicola, di origini romaniche, che presenta un interno diviso in tre navate e conserva elementi antichi, come il battistero che risale al 1514. Sul corso principale del paese si trova invece l’ottocentesca Chiesa del Purgatorio, che custodisce l’antica statua dell’Immacolata Concezione. Ci sono inoltre due luoghi davvero imperdibili che chi visita Savignano Irpino non può ignorare. Il primo è la Via Dei Finestroni, una delle strade più antiche del centro storico, caratterizzata da una pavimentazione in pietra lavica e da abitazioni con arcate che da lontano sembra delle grandi finestre, mentre il secondo è il punto più panoramico del centro storico, La Tombola, da cui si gode una vista della Frazione Scalo e dei confinanti paesi di Greci, Ariano e Montaguto.
Savignano Iripino offre prodotti enogastronomici che coniugano la qualità della lavorazione artigianale con il pregio della materia prima ed anche in questo caso l’elenco è lungo. Dall’olio Ravece DOP ai latticini (Caciocavallo podolico – Caciocavallo affumicato -Treccia – Scamorza – Ricotta –), dai salumi (Soppressata irpina – Capicollo) fino all’Aglio bianco dell’Ufita e al miele. Impossibile resistere a cicatielli e fagiolini (cavatelli e fagiolini), laganiell e fasul (pasta a mano simile ai taglierini con fagioli), la “colazione savignanese”, a base di patate e peperoni fritti, la zuppa di soffritto di maiale e “la ciambott” (zuppa di zucchine, patate, fagiolini, sedano).
Il borgo di Summonte
Con il borgo di Summonte, adagiato sulle falde orientali del Partenio, ad oltre 700 metri sul livello del mare, ci avviamo verso la fine di questo viaggio tra i borghi più belli d’Italia in Campania.
La storia del borgo è antichissima, lo dimostrano i resti ultra millenari del castello e il nome di origini latine Submontis, che significa “sotto il monte”, a indicare il piccolo borgo che sorgeva ai piedi del monte Vallatrone. Se ami le due ruote e ti piace l’idea di avere una prospettiva diversa, allora puoi approfittare del servizio di bike sharing attivo presso l’infopoint e goderti i lunghi percorsi immersi nella natura nel pieno rispetto dell’ambiente. In alternativa, puoi praticare trekking e dedicarti alla scoperta di sentieri e luoghi di grande valore paesaggistico che si aprono su panorami mozzafiato. Monumento simbolo di Summonte è la Torre Angioina, alta 16 metri e composta da cinque piani più lungo una terrazza da cui è possibile godere di una vista davvero spettacolare. Da non perdere anche la Chiesa Madre di San Nicola, di gusto barocco, con l’elegante altare maggiore decorato da marmi policromi, intarsi e sculture che lo decorano, al cui interno sono conservati dipinti di grande valore artistico e culturale. A San Nicola, patrono del borgo, è dedicato anche l’Arco, la principale porta di accesso al nucleo medioevale, che si apriva all’alba e si chiudeva al tramonto. Non vanno trascurati nemmeno la Chiesa di Sant’Andrea, risalente al 1559, che al suo interno presenta un unico altare centrale ed un ampio arco a tutto sesto con affreschi raffiguranti scene di vita del Santo Martire Vito, le Fontane e l’Antico lavatoio, luoghi carichi di storia e fascino, e Piazza Matarazzo, storico luogo di origine alto medioevale, importante crocevia per i commercianti di seta, dove in passato si praticava la coltivazione del gelso e l’allevamento del baco da seta. Il borgo è anche la casa del maestoso Tilia vulgaris hayne, il Tiglio Secolare inserito tra gli alberi monumentali d’Italia, che si trova nella piazza centrale del paese, che ha circa 280 anni di vita, una circonferenza di 9 metri e un’altezza di 37 metri.
Oltre ad essere un bellissimo borgo, Summonte è anche una terra di prodotti enogastronomici d’eccellenza, protagonisti assoluti della cucina tradizionale. Un piatto tipico della tradizione summontese è la zuppa di castagne e funghi porcini, che scalda il cuore e il palato, ma non dimenticarti di provare anche i tartufi neri del Partenio, il miele irpino, la soppressata irpina, il caciocavallo e il liquore “nocillo”.
Il borgo di Zungoli
Il nostro itinerario tra i borghi più belli da visitare in Campania termina a Zungoli, piccolo borgo irpino posto nell’alta valle dell’Ufita, a destra del torrente Vallone, è adagiato su di un piccolo colle tufaceo. Il suggestivo centro storico di Zungoli è caratterizzato da stradine acciottolate, che molto spesso si arrampicano lungo il costone della collina formando scalinate di pietra, inoltre il territorio comunale è attraversato dal tratturo Pescasseroli-Candela, antica via della transumanza. Secondo la maggior parte degli storico, il nome del borgo deriva dal castello detto Castrum Curuli, opera di un capitano normanno di nome Curulo, a cui si deve la costruzione della rocca anti-bizantina, ma altri studiosi affermano che il toponimo richiama al cognome Zùngolo di origine greco-bizantino diffuso in Lucania. Il Castello normanno costruito nell’XI secolo, fornito fino all’epoca aragonese di quattro torri cilindriche poste agli angoli e corrispondenti ai quattro punti cardinali, è il monumento più importante del borgo. Nel 1825 fu acquistato dalla famiglia Susanna, Marchesi di Sant’Eligio, che ne è ancora oggi proprietaria. Poiché il castello di Zungoli non è un demanio pubblico bensì una residenza privata, le visite sono possibili solo su prenotazione e vengono organizzate dalle associazioni Borgo CreAttivo e Ruando Experience. Un altro luogo che devi visitare è il convento di San Francesco dei Frati minori riformati, edificato sulle fondamenta della chiesa di San Cataldo crollata a seguito del sisma del 1456, che si articola su due livelli e al suo interno conserva un affresco che rappresenta la Vergine del Monte Carmelo, affreschi del Cinquecento e Seicento, il coro ligneo, un riquadro in cui è dipinta la Madonna e una statua lignea della Vergine di epoca barocca, assieme a un dipinto su tela di scuola barocca napoletana che raffigura San Francesco.
Dalla storia passiamo alle specialità gastronomiche che raccontano la genuinità dei sapori del territorio. Ai gustosi piatti a base di carne di agnello, di coniglio, di polli e di maiale, si aggiungono i deliziosi formaggi e salumi, tra cui caciocavalli, soppressate, capicollo, prosciutto e salsicce, ancora preparati artigianalmente come in passato, senza dimenticare l’eccellente qualità dell’olio San Comaio che esalta le ricette tradizionali, come la cianfotta preparata con zucchine, patate, peperoni, melanzane, pomodori, basilico, origano, prezzemolo, cipolla, aglio, sale e pepe.