L’Emilia Romagna è una regione dal fascino senza tempo, ricca di tradizioni, cultura, tesori artistici, architettonici e bellezze naturali. Senza dimenticare, naturalmente, il patrimonio enogastronomico e la calorosa ospitalità che la rendono uno dei luoghi più amati del Belpaese. Affacciata sul Mare Adriatico, la regione comprende due realtà storico-geografiche distinte: l’Emilia, che corrisponde all’antica area Ducale longobarda, e la Romagna prima area Bizantina e poi Pontificia. Tra i suoi numerosi tesori, l’Emilia Romagna ospita anche alcuni dei più bei borghi d’Italia che devi visitate almeno una volta nella vita.
Quali sono i borghi più belli d’Italia in Emilia Romagna?
Se è vero che esistono tanti tipi di viaggio quanti sono i viaggiatori, è altrettanto vero che l’Emilia Romagna, con la sua ricca offerta turistica, è in grado di accontentarli tutti: dagli amanti del mare, che non rinunciano a sole e spiaggia, agli appassionati di città d’arte, passando per il benessere termale, l’esplorazione dei diversi ambienti naturali, dalle pianure alle colline fino alle montagne e ai parchi regionali, e senza dimenticare gli edonisti del buon cibo e del vino.
E se ami i viaggi slow e ricchi d’emozioni, allora non puoi perderei borghi più belli d’Italia in Emilia Romagna: piccoli gioielli da scoprire che, tra le loro stradine acciottolate, i caratteristici vicoli, le suggestive piazze e gli antichi edifici, testimoniano il passaggio del tempo e raccontano storie di un passato che è giunto fino a noi quasi intatto nel suo fascino. I borghi sono isole che profumano di tradizione, dove puoi ancora gustare i sapori autentici della gastronomia locale, scoprire antichi mestieri, godere di panorami unici ed entrare in contatto con la calorosa ospitalità della gente del posto.
Abbiamo iniziato questo viaggio alla scoperta di luoghi straordinaria partendo dai borghi più belli d’Italia nelle Marche per proseguire con i borghi più belli d’Italia in Lombardia e continuare con i borghi più belli d’Italia in Piemonte. Con questo articolo, facciamo tappa nella regione dell’Italia nord-orientale per conoscere meglio la storia del territorio e le sue risorse.
Prima però è bene specificare che i borghi d’Italia in Emilia Romagna sono ben sedici e citarli tutti, dando a ognuno il giusto spazio, è impossibile. Abbiamo quindi deciso di selezionarne dieci che, secondo la nostra personale top ten, sono tra quelli da non perdere.
Il borgo di Bagno di Romagna
In cima alla nostra lista dei borghi in Emilia Romagna che meritano una visita, c’è Bagno di Romagna il cui nome deriva dal latino balneum, ossia “bagno”, con riferimento alle acque termali che erano già note ai Romani.
L’estensione “di Romagna” è stata aggiunta dopo il 1923, quando il confine della regione venne spostato fino a comprendere anche il comune Bagno, che fino a quel momento faceva parte della provincia di Firenze. Ci troviamo nella provincia di Forlì-Cesena, nel territorio del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, a circa a 49 km da Cesena.
Nel cuore del piccolo borgo, affacciata sulla piazza principale, svetta la Basilica di Santa Maria Assunta, il cui impianto attuale risale al Rinascimento e che all’interno custodisce tesori d’arte della cosiddetta “Romagna Toscana”. Un altro edificio particolarmente interessante è il Palazzo del Capitano, con l’inconfondibile facciata adornata da oltre 70 stemmi, che ospita la biblioteca e l’archivio storico, oltre agli uffici IAT (Informazione Accoglienza Turistica) e alla sede del Centro Visita del Parco Nazionale. Poco fuori il centro abitato trovi invece la Fonte del Chiardovo, dove sgorga un’acqua termale fredda dal caratteristico odore di uovo, conosciuta per suoi benefici a lievi disturbi gastrointestinali, mentre sul colle di Corzano sorgono i resti di un un castello e un elegante santuario immerso nel verde, che puoi raggiungere anche a piedi con una mulattiera medievale. Siamo nel borgo delle terme, quindi non possiamo che suggerirti una sosta in uno dei moderni stabilimenti termali, con piscine al chiuso e all’aperto, dove puoi provare diversi trattamenti benessere e rituali di bellezza.
Dalla cura del corpo ai piaceri della tavola: non puoi salutare Bagno di Romagna senza prima aver provato i Basotti, tagliolini cotti in brodo e poi gratinati fino al totale assorbimento del liquido, i tortelli alla lastra, con uno squisito ripieno che varia a seconda delle stagioni, il Raviggiolo, un formaggio morbido e leggermente acidulo, e la focaccia di Bagno, un dolce dalla crosta croccante e sottile, con interno soffice e spugnoso.
Il borgo di Bobbio
Proseguiamo il nostro tour in direzione Bobbio, comune della provincia di Piacenza, in Val di Trebbia, la cui storia è legata a doppio filo a quella dell’Abbazia di San Colombano fondata nel 614.
Il nome della città deriverebbe da Boielis, secondo un’ipotesi basata sulla presenza nella zona di un luogo citato sulla Tavola di Veleia come Saltus Boielis (pascolo Boieli). Il toponimo Boielis, a sua volta, è di origine celtico-ligure e si collega alla stirpe gallica dei Boi che subentrarono ai Liguri nella zona tra il V e il IV secolo a.C. Proprio intorno alla già citata abbazia benedettina di San Colombano, che fu spostata nel luogo odierno intorno al IX secolo dall’abate Agilulfo, si sviluppò il borgo che divenne ben presto il principale centro economico della Val di Trebbia. L’Abbazia è uno dei più importanti centri monastici d’Europa, ma non è l’unico luogo che ti consigliamo di visitare a Bobbio: ci sono anche il Duomo, che sorge nel cuore della suggestiva cittadina e ospita l’antico affresco dell’Annunciazione risalente alla seconda metà Quattrocento, il seicentesco santuario della Madonna dell’Aiuto e il monastero di San Francesco, che conserva lo stile francescano rustico del XIII secolo, con chiostro del XV secolo. E ancora, piazza Duomo, coronata di portici, al di sopra dei quali si stagliano antichi palazzi, Palazzo Malaspina, antico edificio storico del XII secolo situato nel centro storico, e Ponte Gobbo, detto anche Ponte Vecchio o Ponte del Diavolo, considerato il simbolo del borgo.
Principi della tavola di Bobbio sono i maccheroni alla bobbiese, pasta fresca fatta a mano utilizzando l’ago da maglia e condita con sugo di stracotto, i tradizionali salumi, i profumatissimi funghi porcini raccolti in montagna e i tartufi.
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Il borgo di Brisighella
Con Brisighella ci spostiamo nella provincia di Ravenna e più precisamente nella bassa Valle del Lamone, alle pendici dell’Appennino tosco-romagnolo.
In questo caso, le origini del nome di si perdono nella notte dei tempi. Nei documenti antichi, infatti, sono varie le grafie, da Braxeghella a Brissichella, così come diverse sono le interpretazioni del toponimo. Secondo alcuni studiosi la verità si nasconde nella radice celtico-longobarda brix, che significa “luogo scosceso”, mentre per altri sta nel termine tardo latino brisca, ossia “terra spugnosa”. Altri ancora ritengono che il nome del borgo derivi da brassica, ovvero “cavolo”, una pianta spontanea diffusa in passato nella zona. In ogni caso, Brisighella è un grazioso borgo dell’entroterra romagnolo che merita una visita ed è caratterizzato da tre pinnacoli rocciosi, detti i “Tre Colli”, su cui sorgono la Rocca Manfrediana e Veneziana di Brisighella, conosciuta anche come Rocca Manfrediana o Rocca dei Veneziani oppure più semplicemente Rocca di Brisighella, risalente al XIV secolo, il santuario del Monticino del XVIII secolo, al cui interno è custodita una sacra immagine in terracotta, datata 1626 e raffigurante la Madonna con Bambino, e la torre dell’Orologio, ricostruita nell’Ottocento sulle rovine di un preesistente insediamento difensivo del XII secolo, da cui si può godere di una splendida vista sui calanchi, una formazione di argille azzurre nate dall’erosione dei terreni rocciosi.
Dalla storia e cultura di Brisighella, passiamo alla gastronomia: qui la specialità tipica è la Spoja lorda, una minestra ripiena. Su una sfoglia di pasta fresca all’uovo viene steso un velo di ripieno a base di ricotta, formaggio raveggiolo, parmigiano, uova e noce moscata. In seguito, sfoglia viene ripiegata su sé stessa, compressa e tagliata a quadrucci da cuocere nel brodo di manzo e gallina. Da non dimenticare anche il formaggio conciato con stagionatura nelle grotte di gesso, la carne di Mora romagnola, un’antica razza suina autoctona, e il carciofo Moretto, tipico della zona dei calanchi.
Il borgo di Compiano
Con Compiano, borgo completamente circondato da mura, la cui storia è strettamente legata al suo castello, facente parte del cosiddetto Stato Landi e sede di zecca, facciamo un salto nella provincia di Parma.
Le origini del nome si collegano al termine latino con cui si identificava proprio la fortificazione, ovvero il castrum. L’etimologia del toponimo sembrerebbe derivare dal latino Cum Planum, con il significato di “campo piano”, ma esiste anche una tesi per la quale il nome deriva da Campilius-anus, rimasto Cumplano e, infine, Compiano. Tra i monumenti e luoghi d’interesse che custodiscono la storia del borgo di Compiano, caratterizzato da vicoli lastricati in salita sui quali si affacciano palazzi nobiliari e case-torri, ci sono la Chiesa di San Giovanni Battista, che con tutta probabilità risale al periodo longobardo, al cui interno sono conservati opere artistiche e scultoree di grande valore, come il Santo Crocifisso Miracoloso, scultura lignea risalente al XV sec., l’antico Municipio e tribunale di Compiano, un tempo sede delle prigioni utilizzate per reati amministrativi, sulla cui facciata si trova un grazioso terrazzino seicentesco, e naturalmente il Castello, ubicato su di uno sperone roccioso che domina la Val di Taro, costruito a partire da una antica torre carolingia intorno alla quale, nello corso dei secoli, si è poi sviluppato l’intero maniero.
Passiamo ora alla gastronomia di Compiano, dove il piatto tipico sono i tradizionali tagliolini ai funghi porcini IGP, a cui si aggiungono anche i deliziosi gnocchi di castagna con la ricotta. Da provare anche il vitello alla Valtarese, con contorno di funghi porcini IGP, e la faraona alla castellana, in umido con sapori dell’orto, senza dimenticare il classico spezzatino di cinghiale. E per concludere in dolcezza, il latte in piedi, una sorta di crema di latte cotta a bagnomaria e cosparsa di caramello.
Il borgo di Fiumaldo
Situato in un’ampia conca, Fiumaldo, in provincia di Modena, fa parte dell’Unione dei Comuni del Frignano, che ha il proprio capoluogo a Pavullo nel Frignano, e si trova al confine con la Toscana, a 80 km a sud di Modena.
Sono due le ipotesi sulle origini del nome: secondo alcuni deriverebbe da flumen album, ossia “fiume bianco”, con riferimento alle spumeggianti acque dei due torrenti che circondano il borgo, secondo altri da Flumen Alpium, a indicare le vicine montagne, in particolare il Cimone, chiamato un tempo “Alpone”. Ci troviamo in un centro di montagna molto antico, con quasi mille anni di storia scritta, ma le cui origini si perdono indietro nei secoli. Una delle più importanti testimonianze della storia di Fiumaldo sono i casoni, o capanne celtiche, presenti nel borgo delle Valdare e lungo la strada che da Fiumalbo porta in località Doccia ai piedi del Cimone. Alcuni di questi edifici rurali, a pianta rettangolare in muratura di sasso e malta di terra, conservano ancora la copertura di paglia di segala e sono molto simili alle strutture presenti in Irlanda e Scozia. Un altro interessante elemento che collega il borgo alle radici celtiche sono le marcolfe, sculture in pietra che ritraggono volti sgraziati, spesso femminili, poste sulla facciata della casa per intimorire gli spiriti maligni: le due più conosciute sono quella con il volto di lupo, scolpita su un muro a Ca’ de Gabani, e quella ancor più particolare in località Danda. Da non perdere anche la chiesa dell’Immacolata Concezione, o “dei Bianchi”, l’oratorio di San Rocco, al cui interno sono custoditi gli affreschi firmati e datati 1535 dal pittore carpigiano Saccaccino Saccacini, e la Chiesa di San Bartolomeo Apostolo, scrigno di preziosi tesori, tra cui la tavola cinquecentesca con Madonna e Santi e un’altra col Redentore dello stesso periodo, due altari lignei seicenteschi e la croce in lamina di argento del 1494, firmata dagli orafi modenesi Antonio e Jacopo da Porto, esposta in copia settecentesca al museo di arte sacra insieme ad altri arredi, paramenti e argenterie.
Le specialità del borgo? Il primo posto spetta ai borlenghi farciti con lardo e salumi, seguiti dalle tigelle, sul cui dischetto è spesso stampata la rosa celtica, a indicarne la probabile origine. Tra i secondi piatti trionfano funghi e cacciagione accompagnati da polenta, mentre il re dei dolci è il croccante, con miele di castagno, mandorle bianche, zucchero e caramello.
Il borgo di Dozza
Dozza, comune della città metropolitana di Bologna, fa parte del territorio della Romagna storica e, grazie alla sua antica storia enologica, si è guadagnata il titolo di Città del Vino. Il borgo, infatti, è sede dell’Enoteca Regionale dell’Emilia-Romagna, dove sono a disposizione per la degustazione e l’acquisto oltre 800 etichette, frutto del lavoro dei circa duecento migliori produttori presenti sul territorio regionale.
La più antica notizia documentata del nome Dozza risale al 1126. Il toponimo, Castrum Dutie deriverebbe dal latino alto-medioevale doccia, ad indicare la presenza nel luogo di un condotto per far confluire l’acqua in una vasca o cisterna a beneficio della popolazione. Qui in passato l’acqua era scarsa e l’enfasi sulla sua presenza è sottolineata anche nei nomi della chiesa di Santa Maria Assunta in Piscina e dell’antichissima pieve di San Lorenzo in Piscirano. Tra i luoghi da non perdere ci sono sicuramente la Rocca Sforzesca, punto d’incontro delle due strade che attraversano longitudinalmente il paese, con pregevoli arredi di gusto rinascimentale e barocco, la chiesa prepositurale di Santa Maria Assunta in Piscina, edificata nel XII secolo sui resti di una precedente chiesa romanica, al cui interno si trovano opere di grande valore artistico, come la pala ritraente la Madonna col Bambino fra i santi Giovanni Battista e Margherita, dipinta dal forlivese Marco Palmezzano nel 1492, e il seicentesco santuario del Calanco.
Il prodotto del borgo è senza dubbio l’Albana, il primo bianco ad aver ottenuto in Italia il marchio Docg (Denominazione di origine controllata e garantita), un vino che affonda le radici in un passato remoto ed era molto apprezzato già ai tempi della Repubblica di Venezia. Da provare in accompagnamento a un buon piatto di tagliatelle ai garganelli (maccheroni al pettine, arrotolati su un apposito telaio) o di tortelli di ricotta al profumo di salvia.
Il borgo di Montefiore Conca
Questo piccolo dell’entroterra riminese è stato un importante avamposto dei Malatesta con una imponente rocca che domina dall’alto tutta la zona circostante.
La prima testimonianza scritta in cui si parla di Montefiore è un documento risalente al 1136 in cui Papa Innocenzo II cita due chiese in Castro Monte Flori. Il nome del borgo deriva dalla sua splendida collocazione geografica: Mons Florum, vale a dire Monte dei Fiori. Ed è proprio l’ambiente naturale che circonda il borgo uno dei motivi per visitarlo, soprattutto se ami le lunghe passeggiate a piedi o se la mountain bike è la tua passione. Ti consigliamo, in particolare, i sentieri segnati che portano verso la Valle del Ventena e Gemmano, mentre nell’area protetta delle Grotte di Onferno si possono visitare alcune cavità interessanti dal punto di vista speleologico e naturalistico. Fiore all’occhiello del borgo è la rocca Malatestiana, definita il grattacielo medievale che cerca la luce, ma degna di nota è anche la chiesa parrocchiale di San Paolo, di origine trecentesca e con un bel portale gotico, la piccola chiesa dell’Ospedale, iniziata nel 1461 e al cui interno puoi ammirare il bel ciclo di affreschi attribuiti a Bernardino Dolci, e il santuario della Madonna di Bonora, che si trova appena fuori del borgo, immerso nel verde.
Qui la regina della gastronomia è la castagna, proveniente da due grandi boschi, il Faggeto e il Monte Auro, accompagnate da vino novello, ma ti consigliamo di provare anche i passatelli cotti nel brodo di carne, un delizioso piatto tipico di questa zona.
Il borgo di Montegridolfo
Siamo ancora nella provincia di Rimini, in un piccolo comune che non supera i mille abitanti e si trova fra due valli, quella del Conca, sul versante romagnolo, e quella del Foglia sul versante marchigiano. Montegridolfo è composto da cinque frazioni – Trebbio, San Pietro, Pozze, Ca’ Fornaci e Ca’ Baldo – e il suo nome deriva dal germanico Ridulfus, alterazione del latino Reduvius, cioè “sterposo”.
A differenza di quel che si è soliti pensare, e contrariamente alla tradizione, non è una nobile famiglia ad aver dato il proprio nome al castello che domina il borgo, bensì fu la famiglia ad assumere il nome del luogo, cioè Gridolfi, essendo giunta qui nel 1248 quando il toponimo Monte Gridolfo già esisteva. Oltre all’antica fortezza, da vedere ci sono anche la Chiesa di San Rocco, edificata nel 1427 e dotata di un bel portale a ogiva di ispirazione gotica, che custodisce due affreschi, di epoche diverse, della Madonna in trono col Bambino tra i Santi Rocco e Sebastiano, e una splendida tela di Guido Cagnacci, il Museo della Linea dei Goti, ricco materiale che racconta il passaggio del fronte tra fine agosto e primi settembre 1944, e il santuario della Beata Vergine delle Grazie, eretto dopo l’apparizione della Madonna nel 1548 e ristrutturata nel 1740, dove puoi ammirare un quadro di Pompeo Morganti da Fano, realizzato nel 1549, raffigurante il miracolo. Altro luogo da visitare è la Chiesa di San Pietro, le cui origini sono anteriori all’anno Mille, ma che è stata ricostruita nel Secondo dopoguerra, in cui è custodito un affresco del XV secolo.
Passiamo ora all’enogastronomia: a Montegridolfo puoi assaggiare i migliori piatti della tradizione romagnola: dalle tagliatelle al ragù e ai funghi, gli strozzapreti pasticciati e al sugo, passando per la polenta al sugo, quindi agnello, coniglio, pollo e piccione cucinati al forno, salumi e formaggi. E per esaltare i sapori della collina non può mancare un buon calice di Trebbiano o di Sangiovese di Romagna.
Il borgo di San Leo
Il borgo di San Leo, nella provincia di Rimini, sorge su uno sperone di roccia della Valmarecchia da cui si possono osservare San Marino e il Marecchia.
Il nome è legato a San Leone che, si racconta, sarebbe giunto qui insieme a San Marino dalle coste della Dalmazia, e avrebbe evangelizzato la zona diventandone il primo vescovo. Il monte su cui poggia San Leo e che dà nome all’intero territorio, il Montefeltro, deriverebbe invece dal latino Mons Feretri, in quanto, secondo la tradizione, l’attuale luogo della cattedrale di San Leo sarebbe stato occupato da un tempio dedicato a Giove Feretrio. Ti consigliamo di cominciare la tua visita partendo dall’edificio più antico, la pieve, che raccoglie intorno a sé il nucleo della città medievale ed è stata costruita in epoca carolingia per poi essere rimodernata in età romanica. Accanto alla pieve si trova la cattedrale dedicata al culto di Santo Leone, costruita in pietra arenaria e con portale sovrastato da due busti scolpiti che raffigurano San Leone e San Valentino. Nota di colore: in pochi sanno che il terzo episodio del famoso anime Lupin III – L’avventura italiana è stato ambientato proprio nel Duomo di San Leo. Un altro luogo da non perdere è il forte di San Leo, detto anche come rocca di San Leo, situato sulla cima della cuspide rocciosa che sovrasta l’abitato leontino e domina la Valmarecchia, teatro di importanti vicende che segnarono il periodo rinascimentale e ne alimentarono la fama di fortezza inespugnabilità. Infine, a circa due km dall’abitato si trova il convento di Sant’Igne, la cui fondazione è attribuita a San Francesco.
E per concludere bene la visita, non c’è niente di meglio della degustazione di alcuni prodotti tipici locali, come il balsamo di Cagliostro, un digestivo a base di liquirizia, il miele di San Leo e il formaggio alle foglie di noce.
Il borgo di Verucchio
Concludiamo il nostro viaggio alla scoperta dei borghi più belli d’Italia in Emilia Romagna con Verucchio, il cui nome deriva dal latino verruca, nel senso figurato di “rialzo/altura”, in riferimento al rilievo su cui sorge il paese. Il borgo, posto fra il mare e la collina, a 18 km da Rimini, sorge infatti nella vallata del Marecchia che domina da posizione rialzata. Dante lo cita nella Divina Commedia (Inferno, canto 27 – versi 46-48) quando scrive «E ‘l Mastin vecchio e ‘l nuovo da Verucchio, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d’i denti succhio.»
Verucchio è il luogo di provenienza della celebre famiglia Malatesta a cui si deve la struttura urbanistica che ancora oggi caratterizza il comune in provincia di Rimini. Tra i luoghi da visitare, suggeriamo la Rocca Malatestiana, o Rocca del Sasso, una delle più grandi e meglio conservate della Signoria, costruita intorno al secolo XII, l’ariosa piazza Malatesta, sulla quale si affacciano eleganti palazzi sette-ottocenteschi, tra cui quello che ospita il Municipio, e la chiesa Collegiata, edificata nel 1863, al cui interno si trovano pregevoli opere d’arte, quali il crocifisso del “Maestro di Verucchio”, risalente alla prima metà del XIV secolo, il crocifisso di Nicola del Paradiso, databile inizio XIV secolo, e la tela del Centino raffigurante San Martino e il mendicante del 1655). E ancora, la Rocca di Passerello, trasformata nel Seicento in convento femminile, la pieve di San Martino Rafaneto e il convento francescano, uno dei più antichi d’Italia, nel cui chiostro è custodito un cipresso secolare che si narra sia stato piantato proprio dal Santo.
Per quanto riguarda la cucina, non perdere i cappelletti in brodo e la zavardona, una sorta di maltagliati grossi e conditi con stracchino e sugo ricco.