Isola incantata, erede del mito di Atlantide e incastonata nel mezzo del mar Mediterraneo, la Sardegna è una terra dalle origini che si perdono nella notte dei tempi, una terra di mistero e magia, che ammalia il visitatore con la ricchezza dei suoi paesaggi e l’incredibile varietà delle attrazioni che offre, senza dimenticare le numerose testimonianze della sua storia millenaria. Tra le tante meraviglie che l’isola offre, un posto speciale spetta senza dubbio ai borghi della Sardegna, luoghi di grande fascino e di inestimabile valore culturale, dove si respira ancora oggi l’atmosfera di un passato glorioso, fatto di tradizioni antiche ed emozionanti leggende. Scopri con noi quali sono i borghi in Sardegna da visitare assolutamente, almeno una volta nella vita, e preparati a vivere un’esperienza indimenticabile.
Quali sono i borghi più belli della Sardegna?
Dici Sardegna e pensi subito alle sue bellissime spiagge di sabbia bianca baciate dalle acque cristalline di un mare che non ha nulla da invidiare a quello di ben noti paradisi tropicali. Ma l’isola, oltre alle incredibili bellezze naturali, offre anche innumerevoli testimonianze della sua incredibile storia millenaria che puoi scoprire passeggiando tra gli antichi e suggestivi borghi disseminati un po’ ovunque sul territorio, da nord a sud.
Questi paesini della Sardegna, custodi di secoli di storia e di tradizione, offrono ai visitatori la possibilità unica di entrare in contatto con la cultura e le usanze locali, in un contesto fatto di panorami mozzafiato, pura natura incontaminata, arte e folklore, senza dimenticare i profumi e sapori della cucina sarda che, a dispetto della semplicità degli ingredienti, sanno regalare esperienze gustative davvero uniche, che lasciano un ricordo indelebile nella memoria di chi assapora specialità capaci di far innamorare di questa terra anche i palati più esigenti.
Perdersi tra i vicoli di un borgo sardo significa immergersi in un mondo dove il tempo sembra essersi fermato per lasciare intatte le atmosfere e gli scorci di un tempo, quando la vita era più semplice e le giornate erano scandite dal ritmo delle stagioni. Insomma, è un’esperienza da vivere almeno una volta nella vita!
Ecco quindi la lista dei borghi più belli della Sardegna che ti consigliamo di visitare per scoprire il volto più autentico dell’isola e e le profondità della sua anima.
Il borgo di Atzara

Cominciamo il nostro viaggio alla scoperta dei borghi della Sardegna partendo da Atzara, un piccolo paese situato nella provincia di Nuoro, inserito in una suggestiva valle circondata da montagne e colline ricoperte dalla natura selvaggia tipica dei territori della Barbagia.
Il nome di questo luogo, abitato sin dal Neolitico, come testimoniano i nuraghi presenti sul territorio, ha origini incerte e secondo alcuni studiosi potrebbe derivare da atzara, pianta rampicante chiamata in italiano «clematide» o «vitalba», mentre per altri è più probabile che derivi dalla radice fenicia atzar, che significa «luogo sicuro».
Il percorso ideale per scoprire le bellezze di Atzara inizia dal suo centro storico e dalla chiesa di San Giorgio, documentata già nel 1205 e consacrata nel 1386, per poi proseguire con la visita alla chiesa parrocchiale di Sant’Antioco, in stile pisano-aragonese e dall’interno gotico, con una semplice facciata liscia su cui spicca il magnifico e grande rosone. Un altro edificio di grande interesse storico-culturale è palazzo “de Su Conte”, edificio signorile di epoca aragonese dei conti di San Martino. Sulle piazzette e i vicoli del paese si affacciano invece numerose magasinos, ossia vecchie cantine private, come quella cinquecentesca di palazzo Su Conte, con soffitti dalle travi in rovere e pavimenti in terra battuta, dove ti consigliamo di fermarti per degustare un buon calice di Mandrolisai o di Moscato.
Meritano una visita anche le chiese campestri che si trovano nei dintorni del borgo, come Santa Maria de Josso, Santa Maria de Susu e Santa Maria Bambina dedicate al culto di Maria e risalenti al Mille, i resti alcune domus de janas e il nuraghe Abbagadda, con torre centrale alta sei metri, che fanno parte dell’affasciante patrimonio storico-archeologico di Atzara. Ritagliati del tempo anche per fare un giro tra le stanze del Museo d’arte moderna e contemporanea, o Pinacoteca comunale Antonio Ortiz Echagüe, che al suo interno ospita straordinarie opere d’arte riconducibili alla scuola spagnola del costumbrismo che risale alla prima metà del XIX secolo. Storia e arte ma non solo, Aztara è anche un importante centro vinicolo, votato alla produzione di vini pregiati, come il già citato Mandrolisai, un vino Doc di colore rosso rubino e dal gusto secco e ben strutturato, oltre al noto Cannonau, uno tra i più importanti vini rossi della Sardegna.
Non delude nemmeno la cucina con i suoi piatti gustosi e tradizionali, come Sa tumballa è un primo di pasta al forno in cui si uniscono pipe rigate, formaggio, uova, pan grattato e su ghisau (sugo con cubetti di carne di maiale e zafferano), s’ortau, un secondo composto da salsiccia di maiale con milza, cuore e polmoni, pomodoro secco e prezzemolo, e sa pudda prena, piatto unico composto da gallina, uova e pesto di fegato, pomodori secchi, lardo, prezzemolo e zafferano. Tra i dolci, invece, ti consigliamo di provare is bucconettes, a base di mandorla, sa tumballa ‘e latte, a base di caffè e rum, e su gattou, con mandorle e zucchero.
Il borgo di Bosa
Con Bosa, che fa parte dell’Unione di comuni della Planargia, ci spostiamo nella provincia di Oristano, e più precisamente nella costa occidentale del centro-nord della Sardegna, dove le acque limpide e cristalline, che lambiscono insenature e spiagge, sono perfette per chi ama praticare attività come snorkelling e vela. Se invece preferisci fare trekking e bird watching qui troverai i sentieri ideali per indagare l’affascinante flora e fauna della zona.
Il nome del borgo, di origine fenicia, deriva da Bs’n, che significa “il popolo di Bosa”, secondo un’epigrafe risalente al IX-VIII sec. a. C.
Preparati a lunghe passeggiate perché il borgo è ricco di luoghi da scoprire, in particolare di edifici religiosi, a cominciare dal duomo, dedicato all’Immacolata Concezione e concattedrale della diocesi di Alghero-Bosa, che sorge nel centro storico, tra il corso Vittorio Emanuele II e il lungo Temo, e dalla piccola chiesa di San Pietro, situata nella località campestre di Calameda, senza dimenticare la bella chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Alto, che al suo interno custodisce un interessante ciclo di affreschi trecenteschi da attribuire, ad artisti di scuola italiana o, secondo alcuni studiosi, di scuola iberica. Merita una menzione anche la chiesa di Sant’Antonio abate, di stile gotico-catalano, che sorge al di fuori dell’antica cinta muraria e perciò le viene attribuito l’appellativo di extra muros. E ancora, ci sono da visitare anche la chiesa della Madonna del Carmine, situata nell’omonima piazza di Bosa, e la chiesa di Nostra Signora del Rosario, in corso Vittorio Emanuele II. Un altro edificio di grande interesse è senza ombra di dubbio castello Malaspina, o castello di Serravalle, un un complesso fortificato situato sull’omonimo colle, in posizione dominante rispetto al centro abitato. Nel 1980, le Poste Italiane dedicarono proprio al Castello un francobollo da 450 lire, entrato a far parte della raccolta nota come “Castelli d’Italia”. Ti segnaliamo inoltre che a 5 chilometri dal borgo, lungo la strada per Alghero, si trova il sito archeologico S’Abba Druche, testimonianza di un insediamento abitativo che va dall’epoca nuragica -sono infatti presenti le tracce di un nuraghe complesso con relativo villaggio e i resti di una tomba dei giganti e di un pozzo sacro nuragico- all’età romana imperiale.
La specialità del borgo? La zuppa di aragosta, in dialetto s’azzada, accompagnata da un profumato calice di Malvasia.
Il borgo di Carloforte
Carloforte, il cui territorio comprende l’isola di San Pietro nella sua interezza, oltre ad alcune isole minori che la circondano, e che insieme alla vicina isola di Sant’Antioco e ad altri isolotti e scogli forma l’arcipelago del Sulcis, è uno dei borghi marinari più belli della Sardegna e la destinazione ideale per gli appassionati di pescaturismo, escursioni in barca, birdwatching, trekking e passeggiate immersi nella natura incontaminata.
Ci troviamo nel regno del tonno rosso, protagonista ogni anno di Girotonno, una quattro giorni che celebra questo pregiato pesce, con incontri culturali, cooking show d’autore e degustazioni, musica e spettacolo, convegni e dibattiti che esplorano e raccontano l’antico mondo delle tonnare, introdotte dagli arabi nel Mediterraneo intorno all’anno 1000.
Carloforte deve il suo nome al re di Sardegna Carlo Emanuele III che ne favorì la fondazione nel 1738 ad opera di famiglie genovesi originarie di Pegli e provenienti dall’isola tunisina di Tabarka (dove risiedevano dal XVI secolo). Non stupirti quindi se, camminando per le vie del borgo, sentirai parlare il dialetto genovese invece di quello sardo: gli abitanti del borgo, infatti, conservano ancora intatto il loro passato culturale e la lingua degli avi, segno di una rara autenticità.
Simbolo della città è la chiesa della Madonna dello Schiavo, che sorge nella centralissima via XX Settembre, e al suo interno accoglie la statua venerata dai carlofortini esuli in Tunisia. Il simulacro, presumibilmente la polena di una nave cristiana, rappresenta l’Immacolata Concezione di Maria e fu rinvenuto dallo schiavo Nicola Moretto la mattina del 15 novembre 1800 in un giardino di Nabeul, in Tunisia, a poca distanza dal mare. Altro luogo importante per la storia del borgo è sicuramente il cineteatro Giuseppe Cavallera, un edificio situato sul lungomare, nella centrale via Roma, costruito con pietra a vista e soggetto a vincolo come bene architettonico di interesse nazionale.
Come abbiamo già detto, il tonno a Carloforte è il principe della tavola e la specialità che meglio rappresenta il borgo è senz’altro il tonno alla carlofortina, ma non mancano anche piatti dalle forti influenze liguri, con il pesto, le focacce e la farinata in prima fila, e arabe, come il cashcà, una variante del cous-cous tunisino, fatta di sole verdure.
Il borgo di Castelsardo
Castelsardo, oltre ad essere uno dei borghi più belli d’Italia in Sardegna, fa parte anche della rete “Les Plus Beaux Villages de la Terre” e di quella di “Città regie della Sardegna” nonché della “Conferenza permanente delle Città storiche del Mediterraneo“. Siamo nella provincia di Sassari, in un borgo che si affaccia al centro del golfo dell’Asinara e da cui puoi godere di un panorama unico che abbraccia tutte le coste del golfo, comprese quelle della Corsica.
Una particolarità che caratterizza la storia di Castelsardo è l’aver cambiato nome ad ogni dominazione il borgo ha cambiato nome. Fondato nel 1102 dalla famiglia ligure dei Doria col nome di Castel Genovese, il comune fu chiamato Castell’Aragonese nel 1448 dagli Spagnoli che, dopo averlo conquistato, gli concessero il privilegio di diventare “città regia”. Il toponimo Castelsardo risale al 1769 e fu scelto dai governanti sabaudi.
Tra i più importanti monumenti che meritano una visita c’è la concattedrale di Sant’Antonio Abate, che fonde elementi del gotico catalano e del classicismo rinascimentale, edificio visibile dal mare anche da diverse miglia, grazie al suo campanile con splendide maioliche colorate. Oltre agli arredi di pregio, tra i quali spiccano gli altari settecenteschi scolpiti nel legno di ginepro, la chiesa custodisce uno dei più preziosi retabli della Sardegna, realizzato dal “Maestro di Castelsardo”. A poca distanza dalla concattedrale si trova la chiesa di Santa Maria al cui interno si trovano tesori di grande valore artistico, come la Pieddai, una statua di legno policromo raffigurante la Madonna, e il crocefisso ligneo del “Cristo Nero”, il più antico della Sardegna, realizzato dai benedettini nel Trecento. Di grande importanza storica sono anche i siti archeologici che circondano Castelsardo, come la roccia dell’Elefante, un grosso masso di color ruggine a forma di pachiderma seduto, opera degli agenti atmosferici che hanno eroso la pietra nel corso del tempo, il nuraghe Paddaggiu, risalente all’ultima fase dell’età nuragica e ancora ben conservato, il nuraghe Ispighia, situato nell’omonima località in posizione strategica sopra la vallata del fiume Frigia, il sito archeologico muraglia di Monte Ossoni e la torre di Frigiano, chiamata anche torre di Frigianu, una torre costiera sarda posta su uno scoglio a ridosso del porto.
Dopo aver visitato il borgo lasciati tentare dai prodotti gastronomici locali e dalle ricette della tradizione, come gli spaghetti con i ricci oppure con l’aragosta, e più in generale tutti i piatti a base di pesce.
Il borgo di La Maddalena
Capoluogo dell’omonimo Parco Nazionale, La Maddalena è un comune della provincia di Sassari nonché il più a nord della Sardegna, costituito dall’arcipelago di La Maddalena e formato da varie isole e isolotti, tra cui, oltre l’omonima isola La Maddalena, Caprera, Santo Stefano, Spargi, Budelli, Santa Maria, Razzoli.
Quest’angolo dell’antica Ichnusa è un vero e proprio paradiso naturale, una terra affascinante che offre panorami mozzafiato, acque trasparenti dalle mille sfumature d’azzurro – e spiagge di sabbia bianca, a tratti rosata, con falesie rocciose a strapiombo sul mare che danno forma a paesaggi unici nel loro genere. La Maddalena offre una grande offerta culturale durante tutto l’arco dell’anno, dai concerti alle mostre, dai dibattiti alle rassegne teatrali, quindi se quello che cerchi è un posto capace di unire alle meraviglie della natura anche eventi di grande interesse, La Maddelena è l’ideale.
E se vuoi perderti tra i vicoli di questo borgo pieno di fascino, non mancare di visitare la chiesa di Santa Maria Maddalena, poco lontana da Cala Gavetta, quella della Santissima Trinità, in zona La Villa, considerata il più antico luogo di culto cattolico dell’arcipelago, e la chiesa della Madonna della Pace che custodisce un affresco del pittore isolano Giovanni Battista Piras raffigurante la Madonna della Pace. Sia La Maddalena che l’intero arcipelago, come abbiamo già evidenziato, sono compresi all’interno del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, un’area protetta marina e terrestre di interesse nazionale e comunitario, il cui territorio comprende anche la celebre Spiaggia Rosa di Budelli, un luogo unico al mondo, che deve il suo nome al particolare colore della sabbia, attribuito alla presenza dei resti di gusci calcarei, color rosa, appartenenti al microrganismo unicellulare conosciuto con il nome di Miniacina miniacea. Non possiamo non ricordare che l’arcipelago è noto per essere stato anche l’ultima dimora di uno dei personaggi che hanno segnato la storia d’Italia, vale a dire Giuseppe Garibaldi. L’eroe dei due mondi, infatti, costruì a Caprera la famosa Casa bianca, oggi casa Museo aperta al pubblico. Mare, arte e storia formano un mix irresistibile, ma La Maddelena ha tanto da offrire anche in termini di sapori e profumi della tradizione.
Tra i piatti tipici, da provare assolutamente., c’è lo ziminu, brodo di pesce con olio, cipolla e pomodoro, scorfano e cappone, o altri pesci di qualità superiore, e i curconi, un dolce a base di farina, strutto, lievito e mosto di fichi d’india che gli conferisce la caratteristica colorazione bruna.
Il borgo di Lollove
Frazione di Nuoro, Lollove è un piccolo borgo che dista circa 15 chilometri dal capoluogo e, secondo un antico racconto tramandato da generazioni, il luogo sarebbe stato colpito dalla maledizione di alcune suore fuggite dalla chiesa di S.M. Maddalena a causa dell’accusa di relazione carnale di alcune di loro con i pastori del paese. Le donne si sarebbero allontanate dal borgo lanciando la seguente maledizione: “Lollove Sarai come acqua del mare; non crescerai e non morirai mai“. Un aneddoto che in parte svela anche che cosa si nasconde dietro le origini del toponimo. Lollove, infatti, potrebbe provenire dai termini sardi arcaici lo’ ò, il cui significato è “corso d’acqua”, e lòbe, “ghianda”, in riferimento al luogo in cui sorge il paese, ossia un’area attraversata da un corso d’acqua e dove è presente un bosco di querce ricco di ghiande. Un’altra tesi è quella del filologo Eduardo Blasco Ferrer, secondo il quale il nome del borgo deriverebbe dalla parola paleobasca ola, ossia “capanna”, più il suffisso –obe, cioè “conca, cavità”, che indica un agglomerato di capanne presso una conca.
Oggi Lollove, che conserva la struttura medievale e la tipica architettura degli antichi borghi rurali sardi, è quasi del tutto disabitata -vi risiedono infatti solo pochi nuclei familiari- ma non mancano luoghi interessanti per chi volesse visitarlo, come la chiesetta seicentesca della Maddalena, in stile tardo gotico e con archi a sesto acuto, e le cascate di Pupurughine che puoi raggiungere con un facile trekking dal centro del paese all’altipiano sovrastante, da cui si apre un ampio orizzonte che arriva sino al mare. C’è anche l’antico monastero che sorge in via Bixio, abitato dalle monache fino a tutto l’Ottocento e oggi riutilizzato come casa privata. Inoltre, proprio in via Bixio si trova un ruscello che attraversava il borgo dividendolo in due rioni, quello al di qua del rio, chiamato Custa Banna, e quello di Cudda Banna al di là del rio.
Se vuoi assaggiare le specialità gastronomiche di Lollove l’unica locanda presente nel borgo offre un menù, che varia a seconda della stagione, con prodotti a chilometro zero.
Il borgo di Posada
Restiamo in zona Nuoro ma ci spostiamo a Posada, dove la presenza umana si attesta già durante il Neolitico, anche se le tracce più chiare di un abitato al periodo nuragico. È stato infatti ipotizzato che nell’area dove oggi sorge il Castello della Fava, edificio fortificato di epoca medievale, ci fosse un protonuraghe, a sud-est del quale si sviluppava un villaggio nuragico. Il nome del borgo, secondo diversi studi, deriverebbe dal verbo latino pausare che significa “riposare, fermarsi”. Un luogo di frontiera, quindi, votato all’accoglienza e al riposo dei viandanti, ma anche passaggio obbligato per i mercanti dell’epoca che attraversavano il mare e la terra per commercializzare i loro prodotti.
Ma oggi Posada è anche la destinazione perfetta per chi cerca un luogo dove praticare sport e respirare a pieni polmoni l’aria pura di una natura che fa da sfondo a questo antico borgo. Sul territorio non mancano percorsi per gli appassionati di trekking e di mountain bike, ma anche coloro che amano pesca sportiva, kayak, windsurf e kitesurf possono vivere avventure entusiasmanti e ricche di adrenalina. E se ti piace muoverti in bicicletta, il borgo vanta un innovativo sistema di bike sharing che ti permette di esplorare in maniera ecologica ogni angolo della zona nel segno di una mobilità sostenibile e amica dell’ambiente.
Tra i luoghi d’interesse da non perdere c’è il già citato Castello della Fava, che fa bella mostra di sé dalla piccola collina di calcare che domina la valle del fiume Posada, e probabilmente esisteva già nel XIII secolo. L’edificio è protagonista di una suggestiva storia che svela cosa si nasconde dietro le origini del suo nome. Secondo un’antica leggenda, intorno al 1300, una flotta musulmana cercò di conquistare il borgo di Posada sfinendo gli abitanti per fame. La popolazione, stando a questo racconto, avrebbe dato le ultime fave a un piccione che, in seguito, sarebbe stato trovato morto e con la pancia piena dagli invasori. Questi, credendo di aver sopravvalutato le scorte di cibo all’interno del castello, decisero di ritirarsi per non rischiare una sconfitta. Un altro luogo che ti consigliamo di visitare è la Chiesa di Sant’Antonio, situata nell’omonima frazione di Posada, a circa 40 metri dalla costa, 250 metri dalla Torre di San Giovanni e a 400 metri dal porto.
Il piatto tipico del borgo? Il dolce S’Aranzada (l’aranciata) preparato con scorza d’arancio candita nel miele e con mandorle.
Il borgo di Sadali
Lasciamo il nord dell’isola per Sadali, comune della provincia del Sud Sardegna, subregione storica della Barbagia di Seùlo, che fa parte della XIII Comunità Montana Sarcidano-Barbagia di Seùlo e, vista la presenza nel territorio di alcune domus de janas e di alcuni nuraghi, si pensa fosse abitato sin dal periodo prenuragico e nuragico. Secondo la leggenda il borgo sarebbe stato fondato da un pastore, un custode di capre, in località Mesu Idda, dove si sarebbe sistemato col suo gregge. Poiché S’aili è la zona dell’ovile destinata all’alloggio dei capretti, secondo alcuni studiosi a questa la parola da cui deriverebbe il nome del borgo, mentre secondo altri il toponimo sarebbe da collegare alla voce fenicia Sad – El, con il significato di “fortezza grande”.
Punti di interesse nella zona sono la chiesa di San Valentino, situata nella zona storica di Sadali, che sorge proprio davanti a un vero e proprio spettacolo della natura, ovvero la cascata di san Valentino, unica nell’isola a fluire all’interno di un centro abitato, e la chiesa di Sant’Elena, un edificio semplice a pianta rettangolare e navata unica, che si trova presso la sorgente di Funtana Manna.
Se visiti Sadali non puoi non provare il simbolo della cucina della Barbagia, ossia i culurgiònes, una sorta di raviolo con cuore di patate, menta, aglio e pecorino fresco, la cui forma a mezzaluna è dovuta alla chiusura dei bordi con le dita.
Il borgo di Tempio Pausania
Chiudiamo il nostro viaggio tra i borghi della Sardegna con Tempio Pausania, comune in provincia di Sassari, il cui nome feriva dal latino templum, ossia “tempio”, probabilmente per la presenza di un antico tempio pagano nei pressi della Cattedrale, mentre la denominazione Pausania deriverebbe da phausania e venne aggiunta alla fine dell’Ottocento ad indicare la prima sede vescovile in Gallura.
Soprannominata la “città di pietra”, Tempio Pausania è un gioiello incastonato nel Monte Limbara, ma anche un luogo, distante poco più di 30 minuti dal mare, dove respirare l’aria pura di montagna e immergersi in un paesaggio dal fascino senza tempo. Qui l’unione tra natura e cultura crea un’atmosfera magica in cui perdersi e ritrovarsi per riscoprire l’essenza della vera bellezza. Tempio conserva ancora oggi il suo splendido centro storico di impianto medievale, con antichi edifici e piazze in granito che conservano traccia di un passato fatto di storia, cultura e tradizioni.
Tra gli edifici religiosi più interessanti vi sono senza dubbio la Cattedrale di San Pietro, di origine due-trecentesca, la chiesa di San Francesco, costruita tra il 1543 e il 1548, con impianto pseudo-rinascimentale (la più antica testimonianza in Sardegna), e quella seicentesca di Sant’Antonio da Padova. Da vedere, inoltre, ci sono l’Oratorio del Rosario, di origine trecentesca e con la facciata gotico-aragonese, e quello del Purgatorio, fatto erigere in epoca spagnola dal nobile possidente Jaime Misorro che lo fece costruire a sue spese su imposizione del papa in cambio del perdono per i gravi crimini commessi. Meritano una menzione anche le belle chiese di Nostra Signora del Pilar, San Gavino, San Lorenzo e l’Immacolata Concezione. Ti suggeriamo di visitare anche un luogo che generalmente non è incluso nei tradizionali tour turistici ma in questo caso è d’obbligo, ovvero la stazione ferroviaria di Tempio Pausania, realizzata in stile liberty e dalle decorazioni di gusto decò, con i dipinti murari, ad opera del pittore Giuseppe Biasi, che abbelliscono la sala d’aspetto e l’atrio interno del fabbricato.
Se passi da Tempio Pausania a luglio, ti consigliamo di non perdere il Faber Festival, una grande manifestazione dedicata al celebre cantautore Fabrizio De André che scelse questo angolo della Sardegna come buon retiro per rifugiarsi dai ritmi frenetici e pensare alle sue canzoni.
Per quanto riguarda i piatti tipici, non puoi non assaggiare la suppa cuata, zuppa tipica gallurese a base di pane, brodo e formaggio vaccino la mazza frissa, un piatto povero della tradizione locale a base di panna, le acciuleddi, treccine di pasta fritta ricoperte di miele e scorzette d’arancia, le panafittas, un altro piatto povero della tradizione contadina a base di pane raffermo, e i casgiatini, dolci a base di formaggio. E non dimenticare di accompagnare il tutto con un bicchiere di vermentino, moscato, cannonau o spumante.