L’intuizione che le attività umane avessero un effetto sul riscaldamento globale ha iniziato a essere messa a fuoco tra gli anni Sessanta e Settanta, ma gli studi che permisero alle scienze climatiche di svilupparsi hanno una storia sorprendente e poco conosciuta, che risale alla metà dell’Ottocento e coinvolge anche una scienziata e attivista per i diritti delle donne statunitense vissuta in quell’epoca: Eunice Foote.
Due cilindri, quattro termometri e la storia del cambiamento climatico
Eunice Newton Foote – appassionata di chimica e biologia grazie ai libri di testo di Almira Hart Lincoln Phelps, sorella della pioniera della scienza Emma Willard – fu la prima scienziata nota ad aver condotto esperimenti sull’effetto del riscaldamento prodotto dalla luce solare su diversi gas, e sull’eccitazione elettrica dei gas, arrivando poi a teorizzare – grazie a una pompa ad aria, due cilindri di vetro e quattro termometri a mercurio – che il cambiamento di proporzioni dell’anidride carbonica nella composizione dell’atmosfera ne avrebbe modificato anche la temperatura e il peso. Foote posizionò due termometri in ogni cilindro, poi, utilizzando la pompa ad aria, fece uscire il gas da un cilindro per comprimerlo nell’altro. Consentendo a entrambi i cilindri di raggiungere la stessa temperatura, li posizionò sotto la luce del Sole per misurare la variazione di temperatura una volta riscaldati e in differenti condizioni di umidità. L’esperimento fu eseguito con aria comune, idrogeno e anidride carbonica, il gas che si dimostrò trattenere più calore, raggiungendo una temperatura di 52 °C. Foote teorizzò quindi che un’atmosfera composta dal quel gas avrebbe dato alla Terra una temperatura elevata e se – come alcuni già allora supponevano – l’aria si fosse mescolata a essa in maggior proporzione, ne sarebbe per forza derivato un aumento della temperatura, nonché del peso.
La data chiave nella storia di questa scoperta e di quella degli studi climatici fu il 1856, anno in cui Foote pubblicò i risultati nel suo articolo Circumstances Affecting the Heat of the Sun’s Rays (Circostanze che influenzano il calore dei raggi del Sole), che venne incluso nella conferenza dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), ad Albany, New York. Non si sa perché, ma a presentare il lavoro però non fu Foote in persona, dato che le donne erano autorizzate a partecipare, ma al suo posto parlò il professor Joseph Henry dello Smithsonian Institution, che introdusse i risultati dello studio dicendo: “La scienza non è di nessun Paese e di nessun sesso. La sfera della donna abbraccia non solo il bello e l’utile, ma il vero”.
Nonostante ciò e il suo contenuto estremamente significativo, il lavoro della Foote ebbe una diffusione frammentaria e fu ben presto dimenticato. Non fu nemmeno incluso nei Proceedings, che rappresentavano il lavoro pubblicato dalle riunioni dell’AAAS dell’anno. Alcune sintesi furono riportate su importanti riviste americane e canadesi dell’epoca, così come sulle riviste scientifiche europee. Tuttavia, entrambi i riassunti europei non parlarono delle conseguenze dirette dell’impatto dell’anidride carbonica sul clima, e inoltre il riassunto uscito sull’Edinburgh New Philosophical Journal chiamò erroneamente la scienziata col nome del marito, “Elisha Foote”.
Dimenticata e riscoperta
Nel 1859, il fisico irlandese John Tyndall – famoso tra le altre cose per aver dimostrato il motivo dell’azzurro del cielo – pubblicò una sua ricerca più sofisticata che mostrò che vari gas, invece che luce solare, intrappolavano ed emettevano radiazioni termiche infrarosse. Il suo lavoro fu pubblicato negli Atti della Royal Society, di cui era membro, ed è comunemente considerato fondamentale per la climatologia. Tyndall citò il lavoro di Claude Pouillet sulla radiazione solare attraverso l’atmosfera, ma sembra non fosse a conoscenza del lavoro della Foote, o magari non lo considerò sufficientemente rilevante.
Solo nel 2010 – quando ormai questo tipo di ricerche avevano guadagnato nei decenni precedenti un largo consenso scientifico, pur costellato da una pletora di dubbiosi e negazionisti – le sue ricerche furono riportate alla luce dal geologo Ray Sorenson e così venne loro riconosciuto il valore che meritavano, riconoscendone in particolare il primato nel porre le basi per la comprensione dell’effetto serra e anti-serra. Nel frattempo, però, le condizioni del pianeta erano state profondamente compromesse, e oggi viene spontaneo chiedersi se tutto questo davvero non si sarebbe potuto evitare, se solo non avessimo dato più voce e ascolto a persone come Foote.