La sua diffusione continua a crescere, con un picco previsto di 7,5 milioni di vetture nel 2035. Perché i benefici del car sharing possano diventare realtà consolidata occorrono però alcuni sforzi, soprattutto nell’installazione delle colonnine di ricarica per i motori elettrici, il vero elemento trainante.
Ormai fanno parte del paesaggio urbano contemporaneo. Si possono trovare in ogni angolo, parcheggiate o ferme al semaforo in attesa di riprendere il loro percorso non appena scatta il verde. Sono le vetture del car sharing, il servizio che si è diffuso soprattutto nelle grandi città e che vede coinvolte sempre più società fornitrici. Basta navigare sull’applicazione dello smartphone per trovarne una libera e mettersi in moto, senza la necessità di prendere la propria auto o, addirittura, di possederne una.
Il car sharing è solo una parte del fenomeno della shared mobility che comprende bike e scooter sharing, car pooling (l’utilizzo di una sola macchina da parte di un gruppo di persone che compiono lo stesso tragitto) e servizi come Uber, tanto per citare un grande nome della cosiddetta sharing economy, l’economia della condivisione, la grande famiglia alla quale appartiene anche il car sharing.
Una realtà consolidata che, stando alle previsioni, è destinata a rafforzarsi ulteriormente con la diffusione del motore elettrico. Secondo l’elaborazione della società di consulenza McKinsey & Company, il mercato europeo della shared mobility nel 2022 ha raggiunto un valore di 70 miliardi di euro.
In questo contesto, tre miliardi derivano dal car sharing. Da qui al 2030, la crescita della mobilità condivisa dovrebbe attestarsi tra i 150 e i 200 miliardi, con la quota riservata al car sharing compresa tra 4 e 5 miliardi.
Una previsione apparentemente non così ottimistica e che per McKinsey & Co. è determinata da una penetrazione ancora limitata tra le abitudini dei potenziali utenti, anche a causa di un’offerta che non è ancora in grado di soddisfare la domanda, portando una perdita di interesse di chi è iscritto a qualche servizio.
La necessità della svolta green
D’altra parte, considerando appunto che il car sharing è concentrato nelle metropoli o comunque nelle città di dimensioni più estese, un’accelerazione alla sua diffusione è legata a doppio filo con le politiche sostenibili introdotte dalle amministrazioni locali per contrastare le emissioni di sostanze inquinanti.
Le vetture a disposizione sono infatti già in gran parte a motore elettrico, il che consente di muoversi con esse anche quando sono varate misure restrittive per le auto a motore termico. Non è quindi un caso che nel contesto europeo, sulla scia degli obiettivi fissati da piani pluriennali come lo European Green Deal, il mercato del car sharing si stia rafforzando.
Dai 58.000 veicoli registrati nel 2016 si è passati ai 370.000 del 2022, con le proiezioni del Gruppo ING che prevedono 7,5 milioni di veicoli di car sharing nel 2035. Dopo un avvio a rilento, questa modalità di trasporto ha preso sempre più piede, anche in Italia.
Più car sharing si traduce in meno macchine private per strada con una sola persona a bordo, meno traffico, più facilità di spostamento e qualità dell’aria migliore, grazie proprio alla riduzione delle emissioni per una percentuale più consistente di motori elettrici.
E il trend che riguarda proprio il comparto elettrico sembra indicare questa direzione, anche se non uniformemente a livello mondiale. In Europa, per esempio, tra il 2021 e il 2022 è stata registrata una crescita del 15% (dati IEA, Agenzia internazionale dell’energia) nelle vendite di EV, Electric Vehicles, categoria che comprende i veicoli a batteria elettrica senza componenti a carburante (BEV) e quelli ibridi o plug-in (PHEV).
L’incremento più corposo riguarda la Cina (+82%), che è passata dai 13,8 milioni di modelli venduti nel 2021 agli oltre 25 milioni del 2022. Considerevole la crescita anche in Nord America in termini percentuali (+48%), ma meno in numeri assoluti: dai 3 milioni di auto elettriche vendute nel 2021 ai 4,4 milioni dello scorso anno.
Un numero ancora esiguo se rapportato alla dimensione del mercato che nel 2022, anno di magra per il settore automobilistico statunitense, ha totalizzato quasi 14 milioni di vendite, mentre la media degli anni precedenti superava i 17 milioni.
Se la tendenza venisse confermata, per l’IEA entro il 2030 si potranno quotidianamente risparmiare 5 milioni di barili di petrolio.
Il bisogno di infrastrutture
Da una parte quindi car sharing ed elettrico vanno a braccetto con l’intento di assicurare un’alternativa sostenibile e al passo con i tempi e le esigenze ambientali. Dall’altra però serve uno sforzo perché non si interrompa il trend positivo che coinvolge anche la produzione di auto elettriche.
Servono ovviamente le infrastrutture, vale a dire i punti di accesso per effettuare le ricariche. Nel 2022 sono state conteggiate tra i paesi membri dell’Unione europea 450.000 installazioni rispetto alle 330.000 del 2021 e alle 210.000 del 2022. In due anni sono più che raddoppiate e questo è un bene.
Certo rimane un gap nella velocità con la quale si sta allargando il parco macchine elettriche. E mentre alcune nazioni galoppano, altre hanno bisogno di “aumentare i giri del motore”. Un rapporto presentato da Power2Drive, fiera internazionale della e-mobility, indica che il 60% delle colonnine europee sono concentrate solo tra Paesi Bassi (111.800), Francia (83.300) e Germania (82.600).
L’Italia si piazza al quarto posto, a distanza considerevole (30.780 punti di ricarica), tallonata dalla Spagna con 29.500 installazioni e soprattutto con un balzo del +223% sul 2021.
Per il 2035 saranno necessarie 10,4 milioni di colonnine pubblicamente accessibili all’interno dei confini dell’Ue per soddisfare gli obiettivi fissati dal Green Deal. Di strada da fare ce n’è ancora, ma il potenziamento del car sharing è tra gli elementi che possono fare da traino.
La combinazione tra motore elettrico e sharing mobility può beneficiare ulteriormente dello stop alla produzione dei motori termici stabilito dalle istituzioni europee. In un fisiologico periodo di transizione, saranno un mezzo a disposizione degli utenti per compiere tragitti comuni, magari di lavoro o di necessità, contribuendo ad una rivoluzione nei trasporti urbani e nelle abitudini dei guidatori.
Una ricarica di energia per una mobilità sostenibile.