Raggiungere ogni servizio essenziale dalla propria abitazione in un quarto d’ora, a piedi, in bicicletta o con i mezzi. È questo il concetto base della città dei 15 minuti. Una teoria urbanistica innovativa che si fonda su mobilità sostenibile, digitalizzazione e policentrismo.

Della necessità di realizzare città da 15 minuti si discute da alcuni anni, per la lotta al cambiamento climatico. Inoltre, nel periodo di pandemia disporre di servizi di prossimità si è fatto urgente, spingendo molte città a ripensarsi.

Città dei 15 minuti: le persone al centro

La città dei 15 minuti punta ad alleviare chi vive nelle realtà urbane dai disagi del traffico, dell’inquinamento e delle infinite attese, per una migliore qualità della vita e più attenzione alla salute. Pianificare una città secondo questo modello mette al centro il benessere delle persone.

Ciò è possibile attraverso il potenziamento dei mezzi pubblici, la digitalizzazione e il decentramento di uffici, servizi sanitari, scuole, luoghi di cultura, sport, svago. In tal modo i cittadini trovano a breve distanza da casa, o ben collegati, tutti i luoghi fondamentali per la vita quotidiana. Si eviterebbero anche quartieri dormitorio, in favore di una maggior distribuzione di ricchezza e opportunità tra centro e periferia.

Carlos Moreno, urbanista della Sorbona di Parigi, è considerato il primo ad aver teorizzato, nel 2016, l’idea di città dei 15 minuti, sintetizzando concezioni esistenti in realtà da molto prima. Si parla infatti di vivibilità e percorribilità a piedi da fine Ottocento, per contrastare l’espansione incontrollata dei grandi agglomerati urbani industriali.

La situazione nel mondo

Il C40 di Buenos Aires, summit del Cities Climate Leadership Group che riunisce le principali città mondiali impegnate nel favorire modelli sostenibili, ha dato una forte spinta alla città dei 15 minuti, creando di fatto un movimento globale. Ecco alcuni esempi:

  • Parigi punta sulle scuole: almeno una ogni 300 metri, dagli asili nido ai licei, con via d’ingresso pedonale.
  • Barcellona ha individuato i “super blocchi”: mini quartieri con accesso riservato ai residenti, limite di velocità ridotto e servizi a breve distanza.
  • Copenaghen ha alzato l’asticella, trasformando il quartiere di Nordhavn in una città dei 5 minuti.
  • Portland, in Oregon (USA) vuole rendere raggiungibili a piedi o in bici i luoghi quotidiani per il 90% degli abitanti entro il 2030.
  • Bogotà, capitale della Colombia, ha introdotto i Barrios Vitales, quartieri con percorsi ciclopedonali evidenziati da colori sgargianti.

Città dei 15 minuti: la sfida italiana

In Italia la realizzazione di città dei 15 minuti è una sfida difficile. La situazione del trasporto pubblico non è delle migliori e tra le città in cui si perdono più ore nel traffico ce ne sono diverse italiane. Inoltre, secondo l’Osservatorio nazionale sulla sharing mobility, soltanto 62 capoluoghi su 108 hanno implementato servizi di micromobilità condivisa.

Le due principali metropoli, Roma e Milano, si stanno comunque muovendo verso questa direzione. La capitale ha programmato interventi in ognuno dei 15 municipi per incrementare aree verdi, impianti sportivi, percorsi ciclopedonali, spazi socio-culturali, riqualificazione di strade e mercati. Milano, punta su reti ciclabili più ampie, sportelli pubblici delocalizzati, zone 30 e sulle cosiddette “piazzette tattiche”. Si tratta di spazi pubblici pedonali in ogni quartiere, dotati di arredo urbano, in cui i cittadini possano sentirsi liberi di passeggiare e socializzate: ne esistono già quaranta.