Viaggio all’interno dell’impianto produttivo di ABB a San Giovanni Valdarno, nel cuore della Toscana: lo stabilimento più grande d’Italia dedicato alla produzione di colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Ecco come nascono e qual è la domanda per questi prodotti nel prossimo futuro. Che saranno sempre più diffusi nei luoghi della nostra quotidianità, dai centri commerciali ai parcheggi degli uffici, passando per il garage di casa.
In Italia sono al momento presenti 36.772 colonnine di ricarica elettrica per autoveicoli (dati Motus-E, dicembre 2022), alcune di queste già presenti in autostrada. Nei prossimi anni, per realizzare la transizione energetica a livello aumototive, saranno necessari milioni di colonnine (tra distributori pubblici e punti di ricarica casalinghi): un pezzo fondamentale della rivoluzione ‘green’ della mobilità. Così a San Giovanni Valdarno, vicino Arezzo, l’azienda ha creato il suo Centro di Eccellenza E-mobility: con 16.000 m² e un investimento complessivo di 30 milioni di dollari, si tratta del più grande impianto produttivo di colonnine elettriche in Italia.

Auto e colonnine elettriche
Partito da Milano con la mia automobile, sono stati necessari circa 350 chilometri per arrivare nel cuore della valle solcata dall’Arno, tra Arezzo e Firenze. Se avessi usato un’auto elettrica per questo tragitto, sarebbe stato opportuno considerare dove erano collocate le stazioni di ricarica e organizzare di conseguenza il viaggio. Sappiamo infatti che la sostenibilità passa anche dall’evoluzione delle automobili, sempre più pensate per essere approvvigionate da energia rinnovabile o in ogni caso in modo più efficiente del classico e novecentesco motore termodinamico. Oggi le auto elettriche (full electric) circolanti in Italia sono circa 187mila, con un incremento del +42,12% rispetto allo stesso periodo del 2022. Se esistono più auto, sono sempre più necessari nuovi strumenti di distribuzione del carburante del futuro: l’energia elettrica. Dal nord della Toscana, scendendo verso il tratto naturale limitato dai Monti del Chianti dove si trova San Giovanni Valdarno, la natura sembra schiudere panorami suggestivi di campagne rigogliose e colorate, boschi e aree verdi che sembrano allontanare qualsiasi idea di insediamento produttivo. Invece, in Via dell’Energia, appare un struttura enorme, rossa e grigia: il Centro E-Mobility di ABB a San Giovanni.

La sostenibilità nell’impianto produttivo
«Questo è il più grande impianto produttivo di colonnine elettriche in Italia, e da qui si esporta in tutto il mondo». Sono le parole di Jacopo Baldoni, un ragazzo toscano dai modi gentili. Soprattutto, Baldoni è Manufacturing Engineering Manager di ABB E-mobility, deputato ad accompagnarci alla visita di questa fabbrica unica nel suo genere nel nostro Paese. Questo sito produttivo rappresenta un punto di riferimento per il settore, dato che è capace di produrre una stazione di ricarica in corrente continua ogni 20 minuti grazie alle sue sette linee di produzione. Al momento, la produzione annua dell’impianto è di circa 20mila colonnine. «In Europa e Stati Uniti è nato un mercato importante per le colonnine» spiega Jacopo. La scelta di realizzare questo impianto che oggi occupa circa 500 persone è stata efficiente e strategica. In primo luogo per i tempi realizzativi: i lavori per la struttura sono iniziati nel 2020, questa è diventata operativa dal novembre 2021 ed è stata inaugurata ufficialmente a giugno 2022. «Da quando siamo diventati operativi non ci siamo mai fermati: neanche a causa del Covid» segue Jacopo. Su sua indicazione indossiamo una tuta antistatica e delle fascette in prossimità dei calzini: obiettivo è non prendere scosse elettriche, né in qualche modo rischiare di esserne vettore a danno dei macchinari. Mentre giriamo per le aree produttive dell’impianto, Jacopo ci tiene a mostrare anche gli elementi di sostenibilità strettamente legati alla fisicità della fabbrica: «Abbiamo realizzato un fabbricato in classe energetica A, costruito secondo principi ecosostenibili e utilizzando solo materiali certificati, per conseguire la certificazione LEED rating Gold. Come tutti i siti ABB italiani, lo stabilimento utilizza esclusivamente energia da fonte rinnovabile certificata. Abbiamo il fotovoltaico sulle tettoie dei parcheggi e un sistema di energy management per ottimizzare i flussi energetici. E poi da tutti gli uffici si vede una porzione di verde: abbiamo anche quello che definiamo come un pozzo di luce all’interno del magazzino».

All’interno della fabbrica delle colonnine elettriche
Cosa si produce all’interno dello stabilimento di Valdarno? Al momento, quattro modelli di colonnine. Frutto anche del lavoro dei ricercatori, dato che il sito dispone di uno spazio di 3.200 m² dedicato allo sviluppo e alla prototipazione di nuovi prodotti. «Il primo è il modello il DC Wall Box: si tratta di un box di ricarica a muro, non per uso domestico ma pensato per luoghi come centri commerciali, che vale circa 20 Kw DC. Noi produciamo tutto in corrente DC, in corrente continua», spiega il manager di ABB. Il termine DC sta per corrente continua e non alternata: convertire energia elettrica alternata in continua aumenta la potenza della ricarica. «Quindi abbiamo Terra 54 (carica 20/50 Kw DC), il nostro bestseller: per dare un’idea, un’auto tipo Tesla si ricarica in 2 o 3 ore con questo dispositivo. Seguono infine il modello Terra 184 (carica 90/180 Kw DC) che permette di alimentare in parallelo due auto contemporaneamente. E infine Terra HP (carica 150/175 Kw DC) e soprattutto Terra 360 (360 Kw DC): quest’ultimo, frutto della nostra innovazione, permette a 4 macchine di caricarsi contemporaneamente ed è capace di ricaricare 100 Km in appena 3 minuti».

La struttura è divisa per piani, con diverse funzionalità. Iniziamo dal primo: «Qui è dove si assemblano le schede – racconta Jacopo – qui c’è l’area di Surface Mount Technology dove si montano i componenti più piccoli e poi l’area THT (True Hall Technology), dove assembliamo i più grandi, quelli che hanno bisogno essere portati in posizione da un operatore. La differenza tra una nostra produzione rispetto a quelle nel settore automotive e telecomunicazioni, è che in questi ultimi casi si tratta spesso di lotti enormi: noi invece abbiamo tanti cambi di setup, quindi lotti più piccoli. E possiamo prototipare una nuova scheda con un nuovo design in modo più facile e rapido».

Poter cambiare le schede significa lavorare sulle caratteristiche della colonnina e sulla sua potenza energetica. Ogni scheda prodotta nello stabilimento toscano ha l’applicazione di un QR code che ne da un’identità precisa. Le sfide su cui si misurano i produttori di colonnine sono l’aumento dei volumi e della efficienza: insomma, ottenere più carica in meno tempo. Seguendo la visita dello stabilimento, «al piano terra, si svolge la fase di system integration, dove alla cabina si associano componenti meccanici, elettronica, cablaggio, e quindi segue la fase di collaudo. Sempre al piano terra c’è invece l’NPI (New Product Introduction) dove sperimentiamo nuovi concept e nuovi prodotti. E quindi il magazzino automatizzato». Quest’ultimo è la rappresentazione plastica dell’evoluzione portata dalla quarta rivoluzione industriale nel mondo produttivo: carrelli che si muovono da soli, rapidamente avanti e indietro, in alto e in basso, per spostare componenti e massimizzare l’efficienza delle operazioni.

Importante ricordare che «tutti i materiali che compongono una colonnina elettrica sono tendenzialmente reperibili in Italia, poi è chiaro che si cercano costi più bassi in giro per il mondo si trova di tutto. Si va dalla produzione di schede poco complesse a molto complesse, legate alle diverse funzionalità della mobilità sostenibile». E tutte le schede sono poi collaudate prima di andare nel charger. La scheda è il cuore intelligente del cabinet, che è la vera e propria struttura fisica della colonnina: è un elemento fondamentale, perché così si adatta l’oggetto alle esigenze specifiche della ricarica. «L’area ricerca e sviluppo si muove per ‘onde’ (ad esempio, il prodotto arriva al design che lo ottimizza e quindi torna di nuovo alla progettazione). Per arrivare un prodotto fatto e finito ci vogliono almeno 3 o 4 ondate. Cosa si studia di nuovo? Ad esempio l‘abilitazione a nuovi sistemi di pagamento, maggiore efficienza, ma le nuove colonnine avranno grandi display per la pubblicità e per fornire informazioni utili», conclude Baldoni.

Le applicazioni delle nuove colonnine elettriche
Il processo di creazione di nuovi modelli per questi prodotti è continuo ed è centrato su efficienza e innovazione. Anche per questo girando per la fabbrica non sorprende che la media d’età sia davvero bassa: ci sono moltissimi giovani nell’impianto di San Giovanni. «Questa zona ha una vocazione in termini di competenze di elettronica di potenza – spiega Claudio Raimondi, Communication Manager ABB – Qui ci sono istituti tecnici specializzati in elettronica che formano ragazzi dagli anni Sessanta del secolo scorso. Ai tempi ci fu un grande investimento pubblico per sviluppare aziende in ambito elettronico proprio in questa zona: un cluster nazionale specializzato sull’elettronica. E qui infatti si producevano i primi alimentatori per IBM. Poi in zona si è sviluppato il business del fotovoltaico, in particolare degli inverter fotovoltaici. Proprio per comprare un’azienda di inverter, ABB è venuta a San Giovanni e qui ha deciso di realizzare questo impianto dedicato alla mobilità sostenibile». Raimondi spiega quali sono gli obiettivi di sviluppo delle nuove colonnine. «I nuovi prodotti sono pensati per essere più intuitivi e la gestione della carica semplificata. Ad esempio, sono stati inseriti led colorati che avvisano sullo stato di ricarica del veicolo. Ci sono poi anche i display per pubblicità o per qualsiasi customizzazione utile alle esigenze commerciali del committente o personali dell’utente».

Ci sarebbe poi un’applicazione rapida della rivoluzione elettrica, che potrebbe bypassare le problematicità della ricarica. «Si tratta del trasporto pubblico urbano: è facile applicare l’elettrico al parco auto pubblico. Questo perche sappiamo esattamente quale tragitto e quindi quanti km deve fare ad esempio un bus, sappiamo dove e per quanto tempo deve fermarsi e così in che modo gestire le ricariche. Posso anche programmare il percorso in funzione delle ricariche», spiega il communication manager. Percorso che vedrà ancora distributori di carburante lungo la strada, che però non avranno più benzina e gasolio ma solo energia elettrica da distribuire. E probabilmente questi distributori saranno simili agli attuali, visto che molti player del mondo petrolifero stanno già chiedendo ad aziende come ABB di avere colonnine customizzate. Quello che bisogna tenere conto è che questa rivoluzione della mobilità richiederà tempo, per quanto comunque sarà inesorabile: l’importante è portarsi avanti , in modo da farsi trovare pronti quando acquistare o noleggiare un’auto elettrica sarà un’attività quotidiana, alla portata di tutti.