L’acqua è la grande assente dal dibattito sul cambiamento climatico sia per gli aspetti politici, sia per quelli legati alla governance urbana e territoriale. Eppure, la mancanza o l’eccesso d’acqua creano, nelle fasi d’emergenza, un rimbalzo di disastri dai quali si fatica a uscire e che rischiano di diventare una realtà permanente se questo elemento non verrà assunto come priorità di progetto. Per questo l’architettura contemporanea deve abbandonare le rigide logiche difensive e costrittive per una gestione smart dell’acqua, tenendo conto di tutte le connessioni che questa ha con l’ambiente e le attività umane.
L’Italia potrebbe dissetare un secondo Stato solo fermando le sue perdite idriche
Il cambiamento climatico ci impone di fare sempre di più attenzione all’uso e al nostro comportamento nei confronti dell’acqua, sia per quanto riguarda l’utilizzo che ne facciamo tutti i giorni, sia per quanto riguarda il modo in cui la trattiamo a livello di infrastrutture territoriali e private. L’Italia, infatti, spreca un’enorme quantità di acqua, circa il fabbisogno annuale di 43 milioni di persone, a causa della rete di distribuzione idrica ormai datata, il 60% della quale ha più di trent’anni e il 25% più di cinquanta. E ancora una volta i problemi maggiori sono al sud, anche se nemmeno il nord se la passa troppo bene.
Se secondo le rilevazioni eseguite dall’Osservatorio di Cittadinanzattiva, in media, gli europei consumano 120 litri di acqua al giorno, grazie alle tubature ridotte a tanti colabrodo gli italiani ne consumano 236, e molti non ne sono nemmeno consapevoli. Inoltre, il primo giugno di quest’anno, l’Ue ha dichiarato che avrebbe citato in giudizio l’Italia per non aver trattato correttamente le acque reflue urbane. Secondo i dati, le nostre vecchie infrastrutture l’anno scorso ci avrebbero fatto perdere il 42% dell’acqua totale messa in rete che avevamo a disposizione, il ché appare parossistico se pensiamo ai problemi che abbiamo dovuto affrontare a causa della siccità, che peggiorerà sempre di più in seguito al progressivo ritiro e scomparsa dei ghiacciai, così come della difficoltà di riuscire a raccogliere acqua dagli eventi atmosferici estremi che sempre più spesso si abbattono sul nostro Paese.
L’acqua, una grande assente del dibattito pubblico
Ciononostante, però, l’acqua resta a varie scale una grande assente dal dibattito pubblico sia rispetto agli aspetti politici di questo tema, sia per quelli legati alla governance urbana e territoriale. Eppure, la mancanza – o l’eccesso – d’acqua creano, in alcune determinate fasi di emergenza, una serie concatenata di conseguenze disastrose. Basti pensare a frane e inondazioni, o per contro alla necessità di fermare le centrali idroelettriche in mancanza d’acqua, o ancora, ai razionamenti di quella potabile, e all’impossibilità di irrigare le colture.
È sempre più urgente e fondamentale assumere l’acqua come priorità e materia di progettualità, sia dal punto di vista istituzionale, che urbanistico, infrastrutturale e architettonico. Questa risorsa, infatti, fa parte di ogni parte della nostra esistenza, e nutre anche ambiti in cui non saremmo immediatamente portati a vederla come protagonista, basti pensare al comparto industriale delle vernici, o del taglio a CNC Waterjet, e ovviamente nel settore dell’edilizia, che ha sviluppato negli ultimi tempi una sensibilità sempre più attenta al suo uso. L’acqua, poi, interagisce con i progetti di forestazione urbana e con qualsiasi altra attività legata al suolo e ai suoi equilibri, così come in una prospettiva più ampia alla regolazione degli ecosistemi, influendo su temperature e umidità.
Impatto idrico, buone intenzioni e tecnologie smart
Se sempre più spesso si sente parlare di impronta energetica, ancora troppo raramente si parla di “Water Impact”. A questo proposito, la Sardegna – nonostante la condizione della sua rete sia tra le peggiori, sia a livello di acque bianche che nere – rappresenta un esempio virtuoso per quanto riguarda l’attenzione alla sostenibilità, attivata grazie a un sistema puntuale di cisterne e bacini di raccolta delle acque piovane, altrove del tutto assenti.
L’architettura, in particolare, consumando da sola enormi quantità d’acqua per la produzione di edifici e materiali, deve abbandonare rigide – e ormai assurde – logiche difensive, per abbracciare una gestione consapevole e “smart” dell’acqua, ormai resa possibile dalle moderne tecnologie digitali di controllo e misurazione. Per esempio, oggi possono essere installati “contatori intelligenti” che permettono di prevenire gli sprechi e la distribuzione dell’acqua può essere digitalizzata, in modo da creare sistemi previsionali che prevengano alcune criticità.
Una nuova visione globale
In teoria, una parte dei fondi del Pnrr dovrebbe essere stanziata proprio per far fronte all’attuale drammatica situazione, con 2 miliardi dedicati alla costruzione di 25mila chilometri di reti di distribuzione. Al di là di questo, è però necessario un profondo cambio di mentalità e di paradigma a vari livelli, ed è necessario adesso, in particolare per quanto riguarda i contesti che hanno un impatto più pesante sui consumi d’acqua, come appunto quello dell’edilizia. Il processo costruttivo, infatti, non deve semplicemente rispondere ai protocolli ambientali, ma deve allinearsi a un pensiero capace di considerare un sistema globalmente interconnesso, capace di prevedere, ridurre e compensare le conseguenze delle proprie scelte progettuali.