Nonostante vengano spesso raccontate come rassegnate o pigre, le nuove generazioni sono al centro dell’attivismo per il contrasto alla crisi climatica e, in tutto il mondo, si stanno impegnando affinché le istituzioni dedichino maggior attenzione alla tutela del pianeta e alla salvaguardia del futuro. La loro idea è quella di un approccio più equo e globale, che faccia la differenza senza lasciare nessuno indietro.
I ventenni di oggi sono cresciuti nell’epoca della permacrisi, un periodo caratterizzato da ansia, preoccupazione per il futuro e dal timore che, a causa dell’impatto della crisi economica, climatica ed energetica, tali sensazioni siano destinate a peggiorare. Eppure, si tratta di una generazione tutt’altro che rassegnata: è proprio l’attivismo giovanile, infatti, l’anima del movimento che, negli ultimi anni, ha fatto sì che i governi di tutto il mondo dedicassero una sempre maggior attenzione al contrasto del riscaldamento globale, alla tutela della biodiversità e alla difesa dei diritti umani.
Le storie di chi sta cambiando idea
A livello legislativo, gli esempi di persone giovani in grado di tradurre la lotta per i propri ideali in risultati concreti non mancano. Pensiamo, per esempio, alla storica sentenza emessa nel 2019 nell’ambito del caso “Olanda vs Urgenda”, iniziato quando, sette anni prima, l’associazione ambientalista Urgenda aveva accusato le autorità olandesi di violare gli obblighi stabiliti dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (UNFCC), fallendo così nel tutelare la salute dei propri cittadini. Preso atto delle ragioni dell’accusa, la Corte Suprema obbligò il governo a ridurre di almeno il 25% le emissioni di CO2 entro la fine dell’anno successivo – una decisione che portò, fra le altre cose, al divieto di costruire nuove centrali a carbone, nuove tasse sulle attività economiche più inquinanti e la promozione di incentivi per la conversione energetica.
Princìpi simili furono confermati, ad aprile 2021, anche dal “Caso Neubauer”, sollevato da un gruppo di giovani attivisti tedeschi e avente come oggetto la Legge federale sul clima del 2019 (Bundes-Klimaschutzgesetz, o KSG). Secondo l’accusa, la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 prevista dalla KSG sarebbe infatti stata insufficiente a scongiurare gli effetti più gravi della crisi climatica, violando non solo il diritto alla vita e all’integrità fisica della popolazione, ma anche la tutela dell’ambiente e il diritto a un “futuro rispettoso della dignità umana”. La Corte stabilì l’esistenza di un vero e proprio “effetto interferenza” della KSG sulle libertà fondamentali protette dalla Costituzione: un obiettivo così basso, infatti, avrebbe reso necessaria l’imposizione di misure notevolmente più drastiche negli anni successivi al 2030, scaricando, di fatto, la responsabilità di salvare il pianeta sulle spalle delle generazioni future. Mai, prima di queste due vicende, il diritto internazionale aveva riconosciuto in modo così esplicito il legame fra le responsabilità statali nei confronti del clima e la tutela dei diritti della popolazione.
Non può esserci contrasto alla crisi climatica senza giustizia sociale
Negli ultimi anni, d’altra parte, l’emergere di una nuova sensibilità nei confronti della giustizia climatica ha reso evidente la natura intersezionale di quest’ultima, evidenziando, accanto alla sua dimensione “temporale” – o inter-generazionale –, una dimensione “spaziale”, o intra-generazionale. La tutela dei diritti degli esseri umani, infatti, non può prescindere dal riconoscimento di profonde differenze legate al genere, all’estrazione sociale e all’area geografica di provenienza, con la conseguente necessità delle categorie socio-economiche più privilegiate di promuovere una distribuzione più equa delle risorse a disposizione. Come evidenziato dai cosiddetti MAPA (Most affected people and areas), infatti, anche all’interno di una stessa generazione sono i Paesi del Sud globale e le comunità marginalizzate a subire maggiormente l’impatto dei cambiamenti climatici, nonostante la responsabilità delle persone appartenenti a queste categorie nei confronti della crisi climatica sia notevolmente inferiore rispetto a quella dei Paesi industrializzati.
Per i giovani europei di età compresa fra i 16 e i 30 anni, la lotta alla povertà e la tutela dell’ambiente costituiscono gli ambiti a cui le politiche pubbliche dei prossimi anni dovrebbero destinare la porzione maggiore di risorse. Come nota il movimento Fridays for Future, tuttavia, nel perseguire questi obiettivi è necessario abbandonare l’attuale prospettiva eurocentrica in favore di un approccio più equo e globale, in grado di individuare le cause sistemiche all’origine della crisi climatica e ragionare non solo in termini di limitazione del danno, ma anche – e soprattutto – di giustizia sociale. Un approccio che, grazie alla lotta dal basso portata avanti dalla Generazione Z, ha dimostrato di poter fare la differenza anche nella politica istituzionale.
È evidente come le nuove generazioni siano il cuore dell’attivismo per il contrasto della crisi climatica. I giovani, infatti, sono sempre stati attivi nella difesa della giustizia sociale e dei diritti umani, ma l’azione per il clima lo ha chiarito su scala globale e ha anche dimostrato che gli adulti non si limitano a concedere agli adolescenti i loro diritti: i più giovani possono prendere in mano la situazione per influenzare la legge e la politica. Ciò è particolarmente vero se si considera quanto siano stati influenti nell’influenzare il diritto internazionale dei diritti umani. Negli ultimi anni, decine di casi in tutto il mondo sono stati assunti da avvocati di giovani: nel 2021 il caso Neubauer ha visto la corte costituzionale tedesca obbligare il governo ad adottare misure più urgenti e a breve termine per ridurre le emissioni di carbonio, mentre altre applicazioni, anche se legalmente non vinte, hanno avuto comunque ripercussioni importanti, come la denuncia da parte di 15 adolescenti presentata al Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia contro cinque dei maggiori emettitori. Pensiamo ai gruppi come Fridays for Future e all’importanza che le nuove generazioni possono avere anche come adulti di domani. Negli ultimi anni è stato dato un maggiore riconoscimento in generale al’importanza delle preoccupazioni sulla crisi climatica: molto dipende dai giovani attivisti che lavorano da tempo a riguardo, anche tutelando i diritti di minoranze, come quella indigena, più colpita dagli effetti dell’impatto ambientale.