Trascorrere qualche giorno sulla neve, tra picchi e pendii, sta diventando sempre più difficile, perché la neve stessa è sempre più scarsa e i prezzi sempre più proibitivi. Il periodo più importante della stagione sciistica, le vacanze di Natale, ha mostrato chiaramente l’impatto del cambiamento climatico in montagna, anche sul turismo invernale, con un calo dell’8% degli sciatori giornalieri alla fine del 2022 rispetto alla media del periodo. Le difficoltà del settore comportano dei costi che si riversano anche sullo sci, attività che rischia di diventare un lusso per i sempre meno fortunati che potranno continuare a permetterselo.

Gli effetti della crisi climatica sullo sci

Con l’andamento, ormai drammatico, delle temperature medie, i panorami innevati sono sempre più rari, anche nelle località sciistiche più rinomate, tanto che molti eventi sportivi invernali negli ultimi mesi sono stati annullati, mentre lo slalom speciale della Coppa del Mondo di Sci ad Adelboden, in Svizzera, a inizio gennaio si è svolto su una stretta striscia di neve artificiale, circondata da montagne brulle e senza neve. Situazioni analoghe le stanno vivendo le alture italiane, ma anche francesi, spagnole, slovene e tedesche.

Tutto ciò si riversa sugli sport invernali, per esempio, con rischi per la sicurezza degli escursionisti, come dimostra la frequenza degli incidenti gravi causati dalle valanghe. Il problema, evidenziato già nel 2007 dall’Ocse, infatti, si sta accentuando, rendendo ancora più importante prendere delle precauzioni, come non andare in montagna da soli, comunicare a qualcuno i propri programmi e seguire le raccomandazioni del Soccorso Alpino, tra cui rientra lo studio dei bollettini meteo e il dotarsi di applicazioni di geolocalizzazione. È tanto più importante, quindi, essere consapevoli della fragilità dell’ambiente montano e dei propri limiti.

Già oggi gli sport invernali sono in difficoltà a causa della scarsità di neve, tanto da rendere necessario l’innevamento artificiale per mantenere attivi gli impianti. Questa pratica, in realtà, si compie da decenni, ma produrre neve artificiale, sempre più necessaria, non è più sostenibile, perché richiede enormi quantità d’acqua – tanta da intaccare anche le risorse idriche locali – ed energia elettrica, oggi molto costosa. Inoltre, la neve artificiale non può essere sparata nel caso, sempre più frequente, in cui le precipitazioni cadano sotto forma di pioggia, oltre a richiedere determinate condizioni meteorologiche: non deve essere né troppo caldo né troppo umido, altrimenti l’acqua spruzzata non si congela nell’aria. Si tratta quindi di una soluzione impraticabile su larga scala, né sostenibile.

Le conseguenze economiche del rapporto tra clima e sci

Si registra così anche un netto aumento dei costi per gli impianti e le strutture ricettive che, per andare in pari, devono aprirsi ad alternative, come percorsi sciistici convertibili in piste per le mountain bike e strutture per il wellness, oltre ad aumentare i prezzi per gli utenti. Davanti a questi segnali, bisogna mettere in discussione il futuro dello sci e del turismo invernale, per tutelare un comparto economico che complessivamente prima della pandemia valeva tra i 10 e i 12 miliardi di euro e che ora rischia di sparire. Gli sport invernali, già di per sé non economici, rischiano a tutti gli effetti di diventare un super lusso, facendo venir meno anche la possibilità di godersi le meravigliose occasioni che la montagna offre. Il benessere che il tempo trascorso a contatto con la natura permette dovrebbe essere accessibile a tutti e invece rischia di diventare sempre più proibitivo ed elitario. Sono sempre più necessari interventi istituzionali decisi per proteggere la montagna e frenare l’aumento delle temperature, con tutte le sue conseguenze, anche economiche.

Con il progredire del riscaldamento globale i pendii innevati stanno diventando sempre più rari e anche in località sciistiche famose ormai la neve è ridotta a poche piste innevate artificialmente. Già nel 2007 l’Ocse evidenziava i problemi del turismo invernale a causa della riduzione della copertura nevosa e alla maggiore esposizione ai rischi naturali.

Oltre alla sempre più frequente caduta di precipitazioni sotto forma di pioggia e non di neve, non va dimenticato che anche per l’innevamento artificiale sono necessarie determinate condizioni meteorologiche. Non deve essere né troppo caldo né troppo umido, altrimenti non ci sarà abbastanza raffreddamento per evaporazione perché l’acqua spruzzata si congeli nell’aria e cada sotto forma di neve. Inoltre, per produrre neve artificiale occorre energia elettrica e la costruzione di nuovi impianti di innevamento si scontra con la crisi energetica e con gli sforzi necessari per ridurre le emissioni di gas climalteranti, a cominciare proprio da quelli legati alla produzione di energia elettrica.

Serve aprire una riflessione seria e proficua sul futuro dello sci, per tutelare un comparto economico che rischia di sparire e, soprattutto, per non rendere uno sport già di per se non economico un lusso per pochi.