Passare alle auto elettriche fa perdere posti di lavoro? Il Parlamento europeo ha deciso che dal 2035 si potranno immatricolare solo automobili a zero emissioni. Una transizione che manderà in pensione i veicoli a motore endotermico (diesel e benzina), ma anche ibridi, a favore della mobilità elettrica. La notizia ha sollevato preoccupazioni per i possibili effetti negativi sull’occupazione: è davvero così?

Un’auto elettrica ha costi produttivi più alti, ma richiede minore manodopera: secondo le stime il 25-30% in meno. Inoltre, al centro non ci sono più i motori, ma le batterie, dove Europa e America devono fare i conti con il vantaggio della Cina. Diventa intanto essenziale, allora, lo sviluppo della filiera, in particolare gigafactory, cioè le fabbriche di batterie, e imprese di collaudo e riciclo delle stesse.

In ogni caso, se nel prossimo futuro è presumibile un’accelerazione negli investimenti per il passaggio all’elettrico, nel presente tengono banco opinioni contrastanti sulle ricadute in fatto di posti di lavoro.

Auto elettriche: chi sostiene effetti negativi sul lavoro

Clepa, associazione europea dei fornitori di componenti per l’automotive, sostiene in una ricerca che, da oggi al 2040, sarebbero a rischio circa 73.000 posti di lavoro in Italia (gran parte dei quali tra 2025 e 2030) e 275.000 in Europa. Secondo lo studio, le filiere industriali, per quanto avanzate, non sarebbero ancora pronte a sostenere lo sforzo di una simile transizione nel giro di dieci anni.

A sostegno della tesi di Clepa, la più diffusa tra quelle pessimiste in materia, si sono mosse sei associazioni che rappresentano il comparto automotive e le imprese produttrici e distributrici di carburanti rinnovabili e low carbon, liquidi e gassosi: Unem, Federmetano, Ngv Italia, Assogasmetano, Anigas, Anfia, Confapi.

Secondo tali associazioni, nel 2030 il parco circolante di veicoli in Europa sarà ancora costituito per oltre il 70% da mezzi con motore a combustione interna. E quindi all’elettrico va affiancata una strategia per combustibili a basse emissioni di carbonio.

Occupazione e auto elettriche: i possibili effetti positivi

C’è però un importante studio che sostiene il contrario: passare alle auto elettriche fa bene all’occupazione. È il Rapporto sulle trasformazioni dell’ecosistema automotive italiano di Motus-E, associazione di imprese del settore mobilità elettrica e Cami, rete di ricercatori che fa capo all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Considerando solo l’aspetto tecnologico – e quindi non il mercato dell’intero settore, in perdita da anni – con le auto elettriche gli occupati potrebbero aumentare dal 6%, corrispondente a oltre 15.000 posti. A condizione di investire su transizione e filiera.

Lo studio Motus-E e Cami

Lo studio di Motus-E e Cami analizza nel dettaglio oltre 2400 aziende italiane che producono 127 componenti per auto (280.000 addetti totali), misurando l’impatto, su ciascuna, della produzione di componenti per sole auto elettriche, per sole diesel/benzina e comuni a entrambe. I dati confrontati riguardano la situazione 2020 e la stima 2030:

  • Produttori di componenti comuni per auto diesel/benzina ed elettriche: -40,6% di occupati (da 43.511 a 25.824).
  • Produttori di componenti per sole auto diesel/benzina: -41,1% (da 14.139 a 8285).
  • Produttori di componenti per sole auto elettriche: +11% (da 214.998 a 239.819).
  • Totale: +6% (da 258.509 a 273.928, con incremento di 15.419).

Secondo tale studio, quindi, le aziende davvero a rischio sono quelle che oggi stanno producendo componenti per il solo settore endotermico o misto. Chi lavora per l’elettrico, invece, ha maggiori potenzialità di crescita.