La Direct Air Capture (DAC) è un sistema di estrazione diretta della CO2. Potrebbe rappresentare la nuova frontiera tecnologica per abbattere le emissioni inquinanti e salvare il Pianeta.
Abbattere l’inquinamento prima che gli effetti sul clima siano catastrofici. Il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico della Clean Air Task Force (CATF) ribadisce la necessità di un’azione urgente. Tra le proposte, un ruolo sempre più rilevante sta assumendo la Direct Air Capture, una tecnologia che cattura direttamente il carbonio in atmosfera rendendolo disponibile per un nuovo utilizzo.
Come funziona la Direct Air Capture
Semplificando, si potrebbe quasi affermare che la Direct Air Capture funziona come una sorta di albero artificiale. Ma al posto della fontosintesi, utilizza sostanze chimiche che attirano e legano la CO2 presente nell’aria.
In realtà, la DAC è una tecnologia piuttosto complessa che riesce a catturare l’anidride carbonica con un sistema ingegnerizzato: ventole speciali risucchiano l’aria in un ambiente controllato, mentre l’estrazione della CO2 si realizza attraverso speciali membrane o filtri che, dopo una preparazione chimica, riescono a separare il diossido di carbonio dall’aria. Una volta raccolta, la CO2 può essere depositata e stoccata in appositi giacimenti. Oppure può essere pressurizzata sotto forma di fluido per essere impiegata, ad esempio, nei bio carburanti. L’aria precedentemente assorbita, invece, viene reimmessa in atmosfera completamente depurata.
Tra i primi impianti DAC, il più rinomato è sicuramente l’Orca, realizzato in Islanda dalla società svizzera Climeworks. Costruito con una struttura ecosostenibile, l’Orca riuscirebbe a catturare e depurare più di 4mila tonnellate di anidride carbonica ogni anno.
Le possibili alternative alla DAC per eliminare la CO2 dall’atmosfera
Limitare gli effetti del riscaldamento globale sembra una corsa contro il tempo. Se la Direct Air Capture è una delle possibili strade, è pur vero che ne esistono anche altre. Scopriamo quali:
- Riforestazione: resta l’approccio più semplice. Piantare nuovi alberi che, per mezzo della fotosintesi catturano l’anidride carbonica nell’aria può sembrare il metodo migliore. Ma richiede tempi lunghi e ampie disponibilità di terreni;
- Bio Energy with Carbon Capture and Storage (BECCS): propone l’uso di biomasse che, per formarsi, necessitano di CO2. Gli impianti così catturerebbero l’anidride carbonica sul nascere evitando che venga rilasciata in atmosfera. Richiede tuttavia disponibilità di molta biomassa e pone perplessità relativamente allo stoccaggio di CO2;
- Enhanced Weathering: è un sistema che aumenta l’alcalinità degli oceani attraverso il deposito di particelle di roccia e minerali negli stessi. La loro dissoluzione attiva reazioni chimiche che permettono l’assorbimento della CO2. Può sembrare semplice, ma è costosa e rischi e benefici devono ancora essere valutati con precisione, in quanto potrebbe alterare la salinità dei mari.
Direct Air Capture, dal Giappone l’innovazione che rende gli impianti più efficienti
Incentivare la riforestazione, come anticipato, è sicuramente la via più semplice per abbattere le emissioni inquinanti. Ma da sola non basta. Ecco perché gli esperti di tutto il mondo consigliano di investire, in maniera più massiccia, sui sistemi di Direct Air Capture. Che si rivelano sempre più efficienti.
In tal senso, i ricercatori della Tokyo Metropolitan University, guidati dal professor Seiji Yamazoe, hanno sperimentato una nuova tecnologia che velocizza l’azione degli impianti. Rendendoli, secondo gli osservatori scientifici, i più efficienti al mondo.
La novità sta nell’utilizzo di una tipologia di filtraggio che avviene attraverso i liquidi, anziché i tradizionali filtri catalici. Grazie ai test condotti, gli scienziati giapponesi hanno poi dimostrato che l’isoforone di diammina (IPDA) è il composto più efficace. Perché riuscirebbe a rimuovere dall’aria più del 99% della CO2 presente, a velocità infinitamente superiori.
I programmi europei di contrasto alla crisi climatica
Attualmente sono 19 gli impianti di Direct Air Capture presenti in tutto il mondo, di cui uno anche in Italia. Dal 2018, infatti, è operativo l’impianto pilota di Troia, in provincia di Foggia. Realizzato dall’elvetica Climeworks, proprio come il più noto impianto islandese, dovrebbe essere in grado di filtrare fino a 150 tonnellate di anidride carbonica all’anno.
L’impianto DAC di Troia è parte integrante del progetto Store&Go, a sua volta realizzato nell’ambito di Horizon 2020, il programma europeo di finanziamento alla ricerca scientifica e all’innovazione tecnologica che promuove le azioni che abbiano impatto significativo sulla vita dei cittadini dell’UE.
Il contrasto alla crisi climatica, dunque, resta uno degli obiettivi cardine dell’Unione Europea, che, nell’ottica di assicurare la transizione ecologica, sta incentivando anche l’utilizzo di veicoli elettrici e la relativa diffusione di colonnine di ricarica. In tal senso, implementare la diffusione di sistemi che agevolino la carbon neutrality, potrebbe rappresentare un ulteriore passo per conseguire i propositi degli Accordi di Parigi sul clima.
Costi troppo elevati: senza investimenti la DAC rischia di non decollare
La tecnologia della Direct Air Capture presenta numerosi vantaggi. Posizionando gli stabilimenti nelle vicinanze di aziende o aree industriali, infatti, è possibile impedire fin da subito il rilascio di inquinanti in atmosfera. Inoltre, non richiede l’utilizzo di biomassa.
Tuttavia, restano ancora molto elevati i costi per la realizzazione degli impianti DAC. E le spese relative al loro effettivo funzionamento. È stato calcolato, infatti, che per ottenere 1Kg di CO2 compressa pura al 100% sono necessari 497 kiloJoule di energia. Con costi che vanno dai 550 ai 1000 dollari circa per ogni tonnellata di CO2.
La speranza, dunque, è che la continua ricerca e l’innovazione portino a una drastica riduzione di queste cifre. L’obiettivo, almeno in teoria, dovrebbe essere quello di scendere al di sotto dei 100 dollari a tonnellata. Ma per riuscirci, sono necessari investimenti su larga scala.