Le donne riciclano di più, inquinano di meno e sono più sensibili alle tematiche ambientali rispetto agli uomini. In passato, tale divario, detto “eco gender gap”, era solito essere ricondotto ad alcune caratteristiche stereotipicamente associate al genere femminile, come altruismo, istinto di cura e preoccupazione per il futuro. Oggi, le stesse differenze sono invece interpretabili a partire da un insieme di fattori diversi, come la tendenza delle aziende a commercializzare i prodotti più ecologici negli ambiti in cui le donne appaiono più coinvolte (il cosiddetto green marketing); il fatto che molti uomini evitino di proposito di adottare comportamenti sostenibili per timore di veder messa in discussione la propria mascolinità; e, infine, il fatto che le donne subiscano maggiormente le conseguenze della crisi climatica, soprattutto nei territori più esposti a eventi metereologici estremi.
Come gli effetti della crisi climatica minano la libertà delle donne
Come notano le Nazioni Unite negli ultimi anni, in molti Paesi dell’Africa, gli effetti negativi di siccità, inondazioni e precipitazioni estreme hanno spinto molti uomini a trasferirsi dalle comunità rurali alle città, lasciando così alle donne la responsabilità della terra. Per queste ultime, la propria sopravvivenza e quella dei figli dipende quindi quasi esclusivamente da attività particolarmente vulnerabili dal punto di vista climatico, come l’agricoltura, la silvicoltura o la gestione del bestiame. Nelle stesse regioni, gli effetti avversi del cambiamento climatico tendono inoltre a tradursi in minori disponibilità di risorse naturali: costrette a percorrere decine di chilometri al giorno per reperire acqua e legna da ardere, bambine e adolescenti sono quindi spesso costrette ad abbandonare la scuola, annientando così anche la probabilità di ottenere un riscatto economico nel futuro.
In Paesi come Etiopia, Kenya o Bangladesh, l’impoverimento della popolazione per effetto del cambiamento climatico ha favorito l’aumento del numero di bambine costrette a sposarsi, con lo scopo di diminuire la pressione economica sulle famiglie d’origine assicurando loro, nel frattempo, soldi, terreno e beni, grazie al pagamento del cosiddetto “prezzo della sposa”. Per le giovani spose, alla perdita della propria libertà segue generalmente un drastico aumento della probabilità di subire violenza sessuale e domestica, essere sottoposte a mutilazioni genitali, contrarre infezioni sessualmente trasmissibili o esperire complicazioni durante il parto. Violenza di genere e matrimoni precoci appaiono ulteriormente frequenti nelle regioni che ospitano guerre e conflitti, a loro volta spesso esacerbati dalla scarsità di terreni coltivabili e risorse a disposizione.
Più donne a decidere, più scelte sostenibili
Trascorrere buona parte delle proprie giornate a contatto con la natura arricchisce notevolmente le conoscenze delle donne in tema di biodiversità (comprese le tecniche più efficaci per preservarla), gestione delle risorse naturali o, ancora, prevenzione dei danni causati dalle condizioni metereologiche avverse. Anche nel Nord globale, d’altra parte, le donne rimangono le principali deputate alla gestione delle faccende domestiche e tendono, quindi, a sviluppare una maggior sensibilità nei confronti di questioni come la preparazione – e lo spreco – del cibo, l’ecologia e il risparmio idrico ed energetico. Ciononostante, a causa della discriminazione sistemica che regola buona parte delle società del pianeta, ancora oggi le donne rimangono tendenzialmente escluse dai processi decisionali, incastrate in un sistema che impedisce loro di migliorare la propria condizione socio-economica, da un lato, e di mettere le proprie competenze al servizio della comunità, dall’altro.
Diversi studi hanno evidenziato come una maggior presenza femminile negli ambienti legislativi tenda a tradursi nell’adozione di politiche più sostenibili, sia per quanto riguarda la valorizzazione delle abitudini alimentari, energetiche e di trasporto meno inquinanti, sia in relazione alla pianificazione degli investimenti. Nei centri rurali più vulnerabili, le bambine appartenenti a famiglie guidate da una donna presentano inoltre minori probabilità di abbandonare la scuola, a conferma dei benefici che una maggior emancipazione femminile potrebbe apportare al futuro delle generazioni più giovani. Nel contrasto alla crisi climatica, l’unica strategia efficace è quindi quella che si intreccia al superamento delle disparità di genere, nell’ottica del raggiungimento di una parità intersezionale globale.