C’è un momento preciso in cui Favara ha smesso di essere una cittadina, storica ma poco attrattiva, a pochi chilometri dalla Valle dei Templi di Agrigento in Sicilia. Nel 2010 Nasce Farm Cultural Park e il mondo scopre la bellezza del borgo, che diventa subito una meta imperdibile.
“Siamo una comunità impegnata a creare, trasformare e reinventare luoghi urbani”. È questa la missione che ha guidato una coppia di collezionisti d’arte nella costruzione di una seconda vita per Favara, in provincia di Agrigento, pochi chilometri dalla Valle dei Templi. Centro urbano di circa 30000 abitanti, è caratterizzato da un fitto reticolato di stradine che si aprono d’improvviso in “cortili”. Proprio in uno di questi, ha preso vita nel 2010 il Farm Cultural Park. Andrea Bartoli, di origini catanesi, e Florinda Saieva (nella foto sotto), che a Favara ci è nata e cresciuta, hanno deciso di donare una seconda chance a quel borgo con una storia millenaria il cui centro, ormai spopolato, rischiava di essere abbandonato e letteralmente cancellato per rischio crolli e degrado.

Al contrario, pochi anni dopo l’apertura del centro culturale, il Farm è entrato immediatamente nelle mappe turistiche italiane e internazionali. Di più: il blog britannico Purple Travel, specializzato nel proporre destinazioni da sogno, l’ha collocata al sesto posto tra le mete di arte contemporanea di tutto il mondo, dietro solamente a Firenze, Parigi, Bilbao, le isole greche e New York. L’impresa è davvero notevole se si pensa che Favara era una città fino ad allora poco nota anche a molti siciliani. Ora la coppia (anche nella vita) Bartoli-Saieva è riuscita a creare una piccola magia, dove chi entra si immerge in un mondo di arte, creatività, sapori e possibilità.
Ripensare lo spazio urbano

Camminare nelle vie della “nuova” Favara è un po’ come percorrere il cammino di un’utopia. Scorrono le case storiche del centro e il gomitolo del tessuto urbano sembra intricarsi sempre di più, fino ad avvolgersi su se stesso, tra palazzi signorili e case dalle tinte ocra e pastello che testimoniano il passato. Di colpo, però, ci si ritrova nell’esplosione di spazi e colori del cortile Bentivegna, un agglomerato di altri sette cortili dove meno di quindici anni fa ha preso vita il Farm Cultural Park.
Unire e trasformare una città

Ma che cos’è esattamente? Si può definire un laboratorio di innovazione sociale, che ama unire diversi opposti. Ad esempio, coinvolge positivamente la comunità locale, avendo generato opportunità di lavoro, nuove attività commerciali e portato in media all’anno oltre 100.000 turisti, facendone la seconda metà di interesse dell’agrigentino, dopo la Valle dei Templi, distante una manciata di chilometri. Il Farm allo stesso tempo attrae talenti creativi da tutto il mondo, tra quelli che ne hanno rivitalizzato i muri con opere di street art e chi è impegnato nei tantissimi momenti di confronto, mostra e sviluppo di idee per valorizzare al meglio risorse e spazi per rigenerare, rivitalizzare e reinterpretare attraverso la cultura gli spazi dove viviamo.
La Biennale delle città del mondo
Non è un caso che da giugno 2023 e fino a gennaio 2024 Il Farm ospiti la terza edizione di Countless Cities, la Biennale delle città del mondo, dedicato a immaginare nuovi modelli urbani, partendo da progetti utopici e di visione che stanno prendendo vita in giro per il mondo. Oltre a Favara, la manifestazione è ospitata anche a Mazzarino, comune della provincia di Caltanissetta, che dal 2022 ospita un’ambasciata del Farm, a Palazzo Tortorici.
Nutrirsi di cultura con Farm Cultural Park

Perché, come affermato dalla fondatrice del Farm Florinda Saieva in un’intervista: “Con la cultura non si mangia, ma ci si nutre”. Attorno al centro culturale sta nascendo un dinamismo inedito fino a poco tempo fa. A testimonianza di questo, la prima Biennale delle città nel 2019 è stata l’occasione per recuperare i fasti del nobiliare Palazzo Miccichè di fine ‘800, riunito dopo che la sua struttura era stata nel tempo frazionata.
Ispirazioni e possibilità
Il Farm Cultural Park di Favara è ispirato da tre luoghi iconici ben conosciuti in tutto il mondo. Il primo è Candem Town, il mercato di Londra dove è possibile trovare di tutto e assaggiare cucine di strada universalmente noto. Il secondo è Marrakech, e la sua piazza principale Jamaa El-Fna. Di giorno ospita incantatori di serpenti e venditori di spezie (ma anche di denti). Di sera è avvolta dai profumi dei chioschi che preparano nei tajine o alla griglia deliziosi piatti di carne e pesce. L’ultimo è il Palais de Tokyo di Parigi, spazio alternativo d’arte e cultura della capitale francese, che è anche un luogo di confronto e creazione.
Spazi tra uomo e natura

Gli spazi del Farm rendono omaggio a questi luoghi del mondo. I sette cortili rappresentano lo spazio espositivo che ospita laboratori, mostre, incontri: una kasba piena d’arte, dove è possibile anche dedicarsi a piacevoli food e shopping experience. Camminando nei suoi spazi, si è guidati dalla scoperta delle opere di street art, dal prossimo vicolo, dal successivo spazio che si aprirà mostrando inaspettate realtà e strutture. Sono ancora due quelle che fanno ufficialmente parte del progetto. La Human Forest è un giardino-foresta ospitato da un edificio in rovina. È nato dal lavoro in sinergia di botanici, paesaggisti, sound artist, consulenti di luce, ma anche sociologi e psicoterapeuti, che restituisce alla città un altro spazio abbandonato dandogli nuovo valore. Il Riad Farm è ispirato direttamente da Marrakesh e ne restituisce le atmosfere, tra piante di agrumi e piscine d’acqua.
Oltre al Farm
Con la spinta del Farm, tutta Favara è rientrata nei radar dell’attenzione generale. Questo ha permesso di riscoprire altri tesori presenti nel centro urbano, dall’architettura alle tradizioni a tavola. Soprattutto, ha permesso di pensarli non come appartenenti a un passato che sfuma, ma come a un futuro che prende nuova forma e linfa dal proprio territorio. Meritano una visita il castello dei Chiaramonte risalente al 1200, l’ottocentesco Palazzo Cafisi, la Cattedrale, così come la chiesa barocca del Rosario e quella del Purgatorio, risalente al Seicento. Per chi visita Favara in primavera, da non perdere l’assaggio dell’agnello pasquale, il dolce in pasta di pistacchio ricoperta di pasta di mandorla.