Il cambiamento climatico rappresenta uno dei più grandi problemi della contemporaneità. Oltre alle politiche sostenibili e ai piani di transizione ecologica, i governi stanno studiando nuove tecnologie capaci di limitarne i danni. Tra queste spicca la geoingegneria.
La crisi climatica, negli ultimi anni, sta facendo sentire sempre di più il proprio peso. Il surriscaldamento globale, i ricorrenti disastri naturali e la perdita della biodiversità sono solo alcune delle conseguenze che influiscono negativamente sul benessere del Pianeta e delle comunità che lo vivono.
Nonostante una maggiore consapevolezza sui temi sostenibili, legata per buona parte ad iniziative di sensibilizzazione alla crisi climatica, è difficile tornare indietro: cercare, invece, di fermare la corsa verso il punto di non ritorno è ancora possibile.
In merito, l’Unione europea si è posta degli obiettivi precisi, come il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, avviando discussioni e sperimentazioni tecnologiche capaci di dare una risposta alla crisi. In questo contesto, la geoingegneria sembra rappresentare una soluzione interessante e vantaggiosa, pur presentando dei rischi da non sottovalutare.
Cos’è la geoingegneria?
Con il termine Geoingegneria, o ingegneria climatica, si rimanda ad una disciplina già utilizzata in ambito militare e oggi molto discussa al tavolo dell’Unione Europea. Citando l’enciclopedia Treccani, si tratta
[…] dell’applicazione dell’ingegneria allo studio e alla soluzione dei problemi terrestri, che appronta tecniche e procedimenti adatti a risolvere specialmente quelli legati al clima e all’ambiente.
Comprende diverse metodologie che potrebbero essere applicate su larga scala all’interno di diverse zone terrestri e oceaniche, con lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra e proteggere il Pianeta dalla luce solare.
Come funziona la geoingegneria?
Gli interventi proposti dalla geoingegneria si possono suddividere in 2 categorie:
- Solar Radiation Management (SRM): le tecnologie volte a proteggere il pianeta dalla radiazione solare;
- Carbon Dioxide Removal (CDR): comprende le tecnologie create per rimuovere i gas serra nell’atmosfera.
La prima categoria si pone come obiettivo la riduzione dei danni provocati dal riscaldamento globale attraverso soluzioni che possono riflettere l’energia radiante nello spazio prima che questa arrivi alla Terra.
Gli interventi in ambiento SRM – attualmente solo proposti e mai sperimentati – dovrebbero essere fatti nell’atmosfera, sulla superficie terrestre e anche nello spazio. Ecco i progetti principali:
- Marine Cloud Brightening: la tecnologia ha lo scopo di “sbiancare” le nuvole per riflettere più luce solare nello spazio;
- Iniezione di Aerosol Stratosferico: il metodo consiste nello spargimento di molte particelle inorganiche nella stratosfera, in modo da comporre una barriera capace di riflettere la luce proveniente dallo spazio. Le opzioni studiate sono tante e tra le più efficaci e attuabili vi è quella che utilizza i solfati;
- Diradamento dei cirri: propone la riduzione della densità dei cirri, ovvero le nubi di alta quota, per raffreddare il clima;
- Piantagioni ad alto albedo: queste piantagioni riflettono più luce e potrebbero essere usate per raffreddare l’atmosfera. Lo stesso vale per il taglio degli alberi nelle aree innevate, che permetterebbe alla superficie candida di riflettere più luce nello spazio;
- Microbolle e schiume di mare: attraverso la creazione di questi elementi con lo spargimento di agenti schiumogeni, si potrebbe aumentare la capacità riflettente delle superfici marine.
Per quanto riguarda la categoria Carbon Dioxide Removal, invece, questi sono i più importanti interventi proposti dagli esperti di ingegneria climatica:
- Fertilizzazione dell’oceano: si basa sul collocamento di elementi come ferro e azoto (in forma di urea) negli oceani e nei mari, con lo scopo di stimolare la crescita del fitoplancton;
- Cattura, uso e stoccaggio del carbonio: consiste nella cattura meccanica delle emissioni di CO2 provenienti da centri industriali attraverso una sostanza sorbente, nello stoccaggio a lungo termine in acquiferi sotterranei e nel riuso della CO2 come materia prima per la produzione industriale;
- Risalita artificiale delle acque profonde: si tratta della riproduzione artificiale del fenomeno naturale dell’upwelling, ovvero il movimento, causato dal vento, di grandi masse di acqua fredda e ricca di nutrienti verso la superficie povera di elementi nutritivi;
- Cattura diretta dell’aria: per mezzo di strumenti chimici come un sorbente, si estrae la CO2 o altro gas a effetto serra dall’atmosfera;
- Enhanced Weathering: consiste nella polverizzazione e nello scioglimento nel suolo di minerali, in modo da ottenere una reazione chimica capace di fissare la CO2 sulla superficie terrestre:
Quali sono i rischi e i limiti della geoingegneria?
Nonostante la promessa di risultati allettanti e l’interesse di importanti investitori, la geoingegneria è ancora in una fase iniziale di sviluppo e sta già scatenando accese discussioni tra promotori e oppositori.
Questa disciplina presenta diversi rischi che potrebbero compromettere il benessere del Pianeta e portare ad un peggioramento della crisi anziché ad un suo miglioramento. Ad esempio, il Marine Cloud Brightening potrebbe avere un impatto negativo sugli ecosistemi e sull’agricoltura, e le microbolle e schiume di mare rischiano di ridurre l’ossigeno negli strati superiori dell’oceano, mettendo in pericolo la biodiversità.
Nel complesso, tutte le soluzioni della geoingegneria presentano delle possibili conseguenze climatiche difficili da controllare.
In più, non bisogna dimenticare che questa metodologia punta a risolvere i sintomi di un problema climatico legato principalmente al comportamento poco sostenibile delle società, che in questo modo continuerebbero a danneggiare il pianeta, ponendo in secondo piano quei valori green faticosamente insegnati e condivisi e necessariamente imposti ai governi negli ultimi decenni.