La capacità di prevedere il futuro è sempre stata considerata un dono divino o un superpotere nelle narrazioni della cultura occidentale. Oggi, invece, è l’intelligenza artificiale a renderla una possibilità concreta, permettendoci di fare previsioni sempre più precise sull’andamento di fenomeni a molte variabili, come quelli atmosferici. Diversi studi testimoniano l’opportunità di acquisire una precisione predittiva sempre più alta che potrebbe aiutarci enormemente nell’affrontare la crisi climatica, per adottare in anticipo i migliori strumenti per salvaguardare noi e il pianeta.
Gli esseri umani hanno sempre voluto prevedere il futuro. È un desiderio che si lega al nostro istinto di cercare sicurezze, appoggi di fronte al caos e all’imprevedibilità della vita. Se nell’antichità le previsioni si rifacevano ad alcune pratiche religiose o divinatorie, con l’inizio dell’epoca moderna le scienze statistiche sono venute in soccorso al bisogno di sicurezza degli esseri umani, fornendo modelli e strumenti per comprendere il futuro. Ora sono gli algoritmi a interpretare questo ruolo. Si tratta di un passaggio che non è privo di contraddizioni, soprattutto quando la valutazione scientifica si trasforma in cieca fiducia nell’esattezza dei risultati dell’IA. Ne parla estesamente il fisico Alessandro Vespignani nel suo libro L’algoritmo e l’oracolo. Come la scienza predice il futuro e ci aiuta a cambiarlo, secondo cui «viviamo tutti in un mondo scandito quotidianamente da dati, algoritmi e previsioni, ma sembra che in pochi abbiano una vera voglia di capirne il funzionamento. Facendo così gli algoritmi diventano degli indovini gestiti da una casta di sacerdoti con cui non possiamo comunicare e di cui non siamo in grado di comprendere i veri poteri».
L’intelligenza artificiale per l’ambiente
Se utilizzati in maniera consapevole, però, gli algoritmi diventano uno strumento eccezionale per combattere le sfide che l’umanità si trova di fronte, a cominciare dalla più grave di tutte: la crisi climatica. Il gruppo di esperti e scienziati che studia i cambiamenti climatici per le Nazioni Unite, l’IPCC, ha affermato nel suo ultimo rapporto che, al ritmo delle politiche attuali, non abbiamo speranza contro il surriscaldamento globale, con le temperature che dovrebbero aumentare fino a 2,5 gradi centigradi entro il 2100.
L’intelligenza artificiale è particolarmente utile quando si parla di ambiente perché permette di elaborare le immense quantità di dati che bisogna tenere in considerazione quando si analizzano fenomeni naturali complessi. L’AI può aiutare per esempio nell’efficientamento energetico, contribuendo a ridurre le emissioni nei trasporti e nel mondo produttivo. Inoltre, l’intelligenza artificiale può contribuire a prevenire l’impatto del cambiamento climatico, provando a capire in anticipo quando avranno luogo eventi meteorologici estremi, o fornendo strumenti di supporto per rispondere in modo più efficace e rapido alle emergenze. Un esempio in questo campo è OneConcern, azienda che mira a costruire dei “gemelli digitali” degli ambienti in cui opera, con il fine di trovare elementi che potrebbero essere associati ad imminenti eventi catastrofici, o situazioni di particolare vulnerabilità.
L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per contrastare la crisi climatica non va nell’esclusivo interesse degli esseri umani, ma guarda prima di tutto alla salvaguardia del pianeta e di tutte le forme di vita che ospita. L’AI si sta rivelando, infatti, un alleato prezioso nella protezione degli animali. Come evidenzia lo scrittore britannico Graeme Green sul Guardian, in anni recenti l’intelligenza artificiale è stata utilizzata per rintracciare bracconieri, ridurre le perdite d’acqua in zone a rischio siccità o trovare la posizione e proteggere specie a rischio come balene e koala. In altre parole, stiamo assistendo a un cambio di paradigma unico: dopo secoli in cui il progresso tecnico è stato sempre strettamente legato allo sfruttamento delle risorse del pianeta, oggi la scienza si mette al servizio dell’ambiente.
L’intelligenza artificiale non è buona o cattiva, lo è il nostro uso
Bisogna però vigilare affinché non si vadano a creare storture e l’IA non si trasformi in un’altra forma di dominio dell’essere umano sulla natura. Oltre ai rischi già evidenziati da Vespignani, infatti, i processi produttivi dietro all’intelligenza artificiale rischiano di danneggiare ulteriormente il pianeta invece che salvarlo. Il giornalista Guillaume Pitron racconta per esempio come le tecnologie digitali (AI, smartphone, internet, social media) abbiano un costo sempre maggiore in termini di energia consumata e risorse naturali utilizzate. Si parla soprattutto delle famose terre rare, le quali richiedono lunghi processi di lavorazione contrassegnati dal frequente sfruttamento dei lavoratori e dalla distruzione dell’ambiente circostante.
D’altronde, come ogni tecnologia, l’intelligenza artificiale non è intrinsecamente buona o cattiva. I suoi effetti dipendono da una serie di fattori, che vanno dal codice dell’algoritmo ai valori degli sviluppatori, fino al contesto sociale in cui viene adottata l’IA e alle competenze e gli obiettivi di chi la utilizza. Solo tenendo insieme tutti questi elementi l’intelligenza artificiale potrà davvero fare la differenza contro la crisi climatica.