La difficoltà di approvvigionamento e l’impossibilità di smaltire correttamente le materie prime utilizzate fino ad oggi dall’industria automobilistica per le componenti elettriche e meccaniche stanno volgendo l’attenzione dei produttori su metalli più green e sostenibili, capaci di garantire le medesime prestazioni e, allo stesso tempo, salvaguardare l’ambiente. La strada è ancora in salita, ma la rivoluzione green è iniziata: ecco quali sono i metalli green del futuro, che andranno a sostituire, per quanto possibile, le terre rare e le materie prime non più sostenibili utilizzate da sempre nelle auto e negli impianti fotovoltaici.
Gli obiettivi sul tavolo della Commissione Europea parlano chiaro: il Green Deal è ormai un impegno imprescindibile dell’Europa, volto a trasformare le politiche in materia di energia, clima e trasporti per ridurre le emissioni di gas serra entro il 2050. Questa transizione green sta dunque stravolgendo, a fin di bene, i pilastri economici su cui tutti i settori produttivi e sociali si sono basati fino ad oggi.
Il passaggio dall’economia tradizionale all’economia circolare – più rispettosa dell’estrazione delle materie prime, del consumo dei prodotti e dello smaltimento dei rifiuti –, è una tappa obbligata con cui dovremo d’ora in poi confrontarci, soprattutto a livello consumistico.
Da dove cominciare questa rivoluzione green, per contrastare l’emergenza climatica e fare in modo di garantire la continuità della vita sul nostro bel pianeta? La green economy è sicuramente un concetto molto vasto, ma le idee su dove partire sono chiare: diminuire l’estrazione di terre rare a favore di metalli green e più sostenibili, da impiegare soprattutto nelle componenti del settore automotive.
Metalli rari e tecnologia: una convivenza funzionale ma problematica per l’ambiente
Quello che ormai è certo è che non è più possibile continuare ad estrarre ancora per molto tempo materie prime fossili, come il carbone, che si stanno esaurendo e che, soprattutto, rilasciano emissioni molto inquinanti che contribuiscono ad aumentare l’effetto serra. Lo stesso problema si riscontra con le terre rare, utilizzate soprattutto nei pannelli solari, nelle le batterie per la ricarica di auto elettriche e negli smartphone: le risorse sono scarse, gli approvvigionamenti non sono sufficienti per la domanda e lo smaltimento grava notevolmente sull’ambiente. Il problema dell’approvvigionamento di combustibili fossili, metalli e terre rare è sempre stato molto sentito e la loro scarsità si è riflessa, di conseguenza, anche sui costi di utilizzo per gli utenti finali.
Quasi tutti sappiamo che le terre rare sono risorse strategiche per la produzione di dispositivi tecnologici che utilizziamo tutti i giorni e che contribuiscono a rendere più efficiente e smart la nostra quotidianità. PC, smartphone, batterie, pannelli solari, componenti elettronici per auto (microchip e magneti), solo per citarne alcuni, sono infatti composti da metalli rari (come il lantanio e il cerio), metalli ferrosi e i cosiddetti “non metalli” (come il litio, il cobalto e il nickel) per garantire alti livelli di funzionalità e durata.
Queste materie prime, sfruttate al massimo fino ad oggi soprattutto a favore dell’industria medica, militare e automobilistica, non sono però sostenibili e vengono lavorate e smaltite con alti costi ambientali. Nonostante il loro nome, sono materie prime di largo reperimento sul nostro pianeta (specialmente in Cina, Medio Oriente e Artico), ma presenti in basse concentrazioni: per questo motivo necessitano di processi di estrazione e lavorazione molto complessi che richiedono anche l’utilizzo di solventi chimici per separare i singoli elementi. Mancano, inoltre, le infrastrutture per un’adeguata raccolta e per il corretto smaltimento, con la conseguente impossibilità di riciclo. Tutti questi aspetti hanno generato alti costi di produzione e una serie di problemi che hanno comportato la chiusura di miniere e raffinerie in diverse zone del mondo, contribuendo a porre le basi per l’attuale situazione di deficit globale.
È necessario, quindi, iniziare ad utilizzare materie prime più sostenibili nel processo di estrazione, produzione e smaltimento, che assicurino le stesse prestazioni su dispositivi e autoveicoli. Su cosa puntare l’attenzione, allora, per la produzione di tecnologie più green e sostenibili? A fronte di questa domanda, la green economy rivolge lo sguardo su quattro metalli preziosi, che andranno a sostituire, per quanto possibile, l’impiego delle terre rare e dei metalli ad alto impatto ambientale utilizzati fino ad oggi nelle automobili e nel fotovoltaico: si tratta di oro, argento, platino e palladio.
Dai metalli rari ai metalli green: ecco le materie prime del futuro
Benché siano sempre stati, e lo siano tuttora, componenti essenziali di dispositivi tecnologici che utilizziamo tutti i giorni, questi quattro elementi sono i candidati prescelti per rimpiazzare, per quanto possibile, le terre rare e gli altri metalli non sostenibili che sono stati da sempre utilizzati in larga scala. Vediamo subito di seguito le caratteristiche intrinseche di ognuno di loro.
Oro
L’oro continuerà ad essere utilizzato per la placcatura di terminali, circuiti stampati, semiconduttori e contatti perché è un buon conduttore ed è anche un metallo riciclabile; quindi, dopo ogni utilizzo può essere recuperato e utilizzato per altre applicazioni. In quanto all’approvvigionamento, anche per questo prezioso metallo sorge il problema della scarsità e della difficoltà di estrazione: è quindi certo che, a fronte di un’elevata domanda, i giacimenti andranno man mano esaurendosi e il prezzo di mercato aumenterà.
Argento
La produzione di pannelli solari e delle batterie dei veicoli elettrici richiesti dalla green economy necessita di cospicue quantità di argento, per cui i consumi di tale materiale sono attualmente ai massimi storici: si stima infatti che il 60% dell’argento estratto sia utilizzato nelle applicazioni fotovoltaiche ed elettroniche e nel settore automotive, pari a circa 2.800 tonnellate annuali. Perché questa grande richiesta? Il motivo è semplice: l’argento possiede una bassa resistenza elettrica a temperature standard, e un’alta conduttività termica ed elettrica. Per queste sue caratteristiche è difficilmente rimpiazzabile da altri materiali, anche se il suo costo è decisamente elevato. Per quanto riguarda le scorte di questo prezioso metallo, la storia non cambia: stanno diminuendo a ritmi importanti, tanto che si stima che tra il 2021 e il 2023 si siano consumati tutti gli approvvigionamenti in surplus accantonati negli undici anni precedenti. D’altra parte, tenendo conto delle elevate prestazioni dell’argento e dell’impossibilità di sostituirlo con altre materie prime, sarà un’ottima cosa sapere che il riciclo dell’argento è in aumento.
L’argento nelle auto elettriche e a benzina
Come dicevamo, anche il settore automotive non è esente dalle ottime prestazioni riconducibili all’argento: lo troviamo presente, infatti, in tutti i componenti con interruttore on/off e nei circuiti stampati. Un’auto a motore termico contiene tra 15 e 28 grammi di argento, un’auto ibrida circa 17-31 grammi e una full electric tra i 23 e i 45 grammi.
Il Silver Institute afferma che la domanda di argento nel settore automobilistico aumenterà notevolmente a causa dell’utilizzo sempre più frequente di chip e dispositivi elettrici nelle auto elettriche e nelle auto connesse (link a Intelligenza Artificiale nell’industria automobilistica: la guida del futuro), accelerando in questo modo la transizione verso la mobilità elettrica. Ma, come è facilmente intuibile, anche qui si andrà incontro a un consumo oneroso delle scorte presenti in natura.
L’argento nelle componenti 5G
Sul fronte delle auto connesse, l’utilizzo dell’argento è molto richiesto anche dalla tecnologia 5G che ne beneficia per i chip semiconduttori, i cablaggi, i sistemi microelettromeccanici MEMS e i dispositivi IoT. Si stima che nel 2030 la richiesta di argento per le connected cars aumenterà del 206% rispetto al consumo attuale (pari a circa 700 tonnellate).
L’argento nel fotovoltaico
Dal lato del fotovoltaico, il Silver Institute calcola che la domanda di argento subirà un picco a causa della recente guerra Russia-Ucraina, dal momento che i governi stanno accelerando sulla produzione di energie rinnovabili per non essere più dipendenti dai combustibili fossili. Le celle fotovoltaiche dei pannelli solari richiedono una notevole quantità di argento che, a causa degli alti costi, negli ultimi anni si è progressivamente ridotta, passando da 521 a 111 mg di argento per cella. Ma, a parte il costo elevato, come dicevamo poco sopra l’argento è difficilmente un metallo rimpiazzabile da altri materiali. Quindi, in termini di produzione di energia, non esiste un metallo che, a pari quantità, eguagli le stesse capacità dell’argento nei pannelli solari, a meno che non si aumenti il numero dei pannelli.
Negli ultimi dieci anni le quantità di argento destinate al fotovoltaico sono triplicate e si prevede che aumenteranno ancora per far fronte alle elevate prestazioni degli impianti di ultima generazione, molto più efficienti dei tradizionali, che ne richiedono maggiori quantità.
I dati confermano che per la costruzione di pannelli solari, nel 2022 la domanda di argento è aumentata del 28% rispetto all’anno precedente, e nel 2023 si prevede che aumenti di un ulteriore 15%. L’ovvia conclusione a cui si giunge è che, se si dovesse continuare di questo passo, entro il 2050 le riserve minerarie di argento si esauriranno. L’unica soluzione possibile è quella di sviluppare tecnologie alternative ed efficienti che riducano l’impiego dell’argento nei pannelli solari a favore di altri metalli, come il rame o l’alluminio.
Platino
Il platino è un metallo raro presente prevalentemente in Sudafrica, attualmente utilizzato nel settore industriale e automotive grazie alla sua capacità di accelerare una reazione chimica senza apportare modifiche nel processo. Si prevede un aumento di utilizzo di questo metallo green specialmente nel settore automotive per le sue due proprietà fondamentali: la capacità di ridurre le emissioni e quella di attivare l’elettrolisi dell’acqua per produrre idrogeno verde destinato alle auto, aspetti fondamentali per avviare il processo di decarbonizzazione. È molto probabile, quindi, che anche la domanda di platino derivante dall’economia dell’idrogeno aumenti notevolmente nel prossimo futuro.
Palladio
Anche il palladio è un metallo molto raro, ma fondamentale all’interno del settore industriale per il suo importante ruolo nei convertitori catalitici nelle auto a benzina: è molto denso e resiste al calore, proprietà che lo rendono indispensabile per la riduzione delle emissioni nocive. È ritenuto anch’esso un metallo green perché ha la capacità di trasformare gli inquinanti tossici in anidride carbonica, acqua e azoto. Tradizionalmente viene quindi utilizzato come catalizzatore specialmente nelle auto a diesel, ma non dovremo aspettare molto tempo perché esca di scena o per vederlo impiegato in altre applicazioni sostenibili, in quanto le auto a motore termico saranno presto sostituite dalle auto ibride ed elettriche.