Da New York a Milano passando per Taiwan, la riqualificazione delle infrastrutture abbandonate crea spettacolari percorsi verdi nel cuore delle città. Alla scoperta di alcuni dei più affascinanti.
Quando alla fine del 1980 anche l’ultimo tacchino surgelato fu scaricato dal terzo vagone del convoglio, la sorte della West Side Elevated Line, la ferrovia sopraelevata che attraversava il cuore del Lower Manhattan a New York, era ormai segnata. La strada ferrata che per cinque decenni aveva consegnato merci e materie prime direttamente alle fabbriche dislocate lungo il suo percorso, era stata soppiantata dal trasporto su gomma.
Prima che i camion prendessero il sopravvento, però, la linea era considerata un baluardo di ingegneria e tecnica. Nel 1934 la sopraelevazione di 9 metri dal piano strada dei binari originari del 1847 aveva finalmente separato il traffico dei treni da quello di carrozze e pedoni, che fino a quel momento avevano viaggiato fianco a fianco sulla stessa strada, ponendo fine agli incidenti (al 1910 oltre 540 vittime) e permettendo alle merci di viaggiare più spedite.

Nel 1999 ciò che restava del miracolo tecnologico “del tempo che fu” era quasi completamente inghiottito dalle piante selvatiche e si stagliava contro il cielo come un muto monumento verde. Successivamente, grazie alla strenua opposizione all’abbattimento dei newyorkesi, il viadotto è quindi diventato oggetto di un progetto di trasformazione in parco pubblico, completato nel 2014.
Così oggi la vecchia ferrovia è la High Line, uno straordinario percorso pedonale di 2,3 km che, da nord a sud, parte da Gansevoort Street nel Meatpacking District, attraversa il quartiere di Chelsea, e arriva alla West 34th Street.

Il corridoio sopraelevato offre una vista eccezionale: da una parte il fiume Hudson e il Pier 54, il molo di attracco dove il 18 aprile 1912 era atteso il Titanic, e dove invece approdò la RMS Carpathia con i sopravvissuti del naufragio; dall’altra la città con i suoi grattacieli e il nuovo quartiere Hudson Yards. Nel mezzo prati, panchine, oltre 210 piante diverse, tratti in cui è possibile camminare scalzi in un centimetro d’acqua e altri che integrano i resti degli antichi binari. E poi tour, mostre d’arte, performance, serate danzanti, attività sportive, corsi, seminari e, tramite Friends of High Line, l’associazione no profit che cura il parco, anche la possibilità di adottare una pianta o un insetto!
L’High Line è visitata da più di 5 milioni di persone l’anno.

La cintura verde di Parigi
Il progetto dell’High Line di New York ha avuto una musa: la Coulée Verte René-Dumont di Parigi, più nota come la Promenade Plantée. È un elegante parco sopraelevato, il primo al mondo, realizzato nel 1988 a Parigi, lungo i 4,5 km dell’antica ferrovia costruita nel 1859, che fino al 1969 ha collegato piazza della Bastille a Varenne-Saint-Maur.

Insieme a SNCF, nel 2006 la Capitale francese ha avviato la graduale riqualificazione anche della Petite Ceinture, un anello ferroviario di 32 km che circonda l’intera città, cingendola.
Ultimata nel 1869, oltre che per il trasporto viaggiatori, la ferrovia era stata concepita come supporto logistico alla fortificazione della città in caso di assedio. In occasione dell’Esposizione Universale del 1900 raggiunse il suo apice con 38 milioni di passeggeri. Poi, a partire dagli anni Trenta, complice anche l’affermarsi della metropolitana, è iniziato il suo graduale declino che ha portato alla definitiva dismissione nel 1985.

Libera dal su e giù dei convogli, la vegetazione ha iniziato a riappropriarsi del territorio dell’antico sedime e gli animali sono tornati ad abitarlo. E in breve la Petite Ceinture si è trasformata in una preziosa culla di biodiversità da vivere con rispetto. All’interno dell’affascinante e a tratti misterioso parco, sono stati quindi creati camminamenti, percorsi, impianti sportivi, luoghi culturali e anche giardini condivisi, tutti gestiti da associazioni di residenti.

Ad oggi il corridoio ecologico è accessibile negli arrondissement 12, 13, 14, 15 e 16 ed è diventato la meta privilegiata di naturalisti, street artist, fotografi e appassionati di urbex, ossia esplorazione urbana.

Reinventing Cities per combattere il climate change
“Reinventare e riattivare spazi urbani sottoutilizzati, come le ferrovie dismesse, attraverso progetti sostenibili, resilienti e inclusivi, è fondamentale per creare nuovi spazi fiorenti per la città e le comunità locali”, spiega Costanza De Stefani, responsabile del progetto presso C40.
La realtà è una rete globale di amministrazioni, unite nella lotta al cambiamento climatico. Attraverso il concorso annuale e multidisciplinare “Reinventing Cities“, C40 promuove lo sviluppo di progetti innovativi per la rigenerazione urbana ad alto impatto ambientale e a zero emissioni di carbonio dei siti cittadini degradati.
Ad oggi, C40 sostiene 35 progetti a guida locale in 13 Paesi. E in Italia sta collaborando con Ferrovie dello Stato per la realizzazione di alcuni progetti altamente ambiziosi a Roma e Milano.
Mission rinascita: i casi di Roma e Milano.
A Roma, il progetto vincitore di Reinventing Cities si chiama “Campo Urbano“. L’obiettivo è la riqualificazione dell’area dell’ex scalo ferroviario della stazione Tuscolana. Si tratta di rigenerare un’area di 45.000 mq incastonata ad est della Capitale, nel quartiere Appio-Latino, per realizzare un “campus urbano” carbon-negative e circolare per residenti, professionisti e studenti.

Bandite le auto, il modello di riferimento è il “15-minutes“, dove economia, formazione, cultura e incontro si muovono all’interno di uno spazio i cui punti sono raggiungibili a piedi o in bici in 15 minuti. In questo scenario, l’aumento del verde e della biodiversità vegetale rappresenta l’infrastruttura fondamentale per il raggiungimento di zero emissioni, grazie al quale il Campus assorbirà più CO2 di quella che produrrà.
Inoltre il progetto prevede un sistema ecologico per la gestione del 100% dei rifiuti generati e il recupero del 40% del suolo totale spostato durante la costruzione.

A Milano, invece, è già in fase di realizzazione il “Lambrate Streaming”. Il progetto fa parte di un piano generale tra i più importanti a livello europeo, che punta alla riqualificazione dei sette scali cittadini di Farini, San Cristoforo, Porta Romana, Greco-Breda, Lambrate, Rogoredo e Porta Genova. L’opera copre un’area totale di più di un milione di metri quadrati, di cui oltre due terzi destinati a spazi pubblici e aree verdi.

La storia dello Scalo Farini
Nell’area dell’ex Scalo Farini a Milano, fino alla metà dell’Ottocento c’erano alberi, prati e pascoli a perdita d’occhio. Ma già a partire dal decennio successivo, il panorama aveva iniziato a restringersi: da una parte il Cimitero Monumentale, costruito nel 1866 fuori dalle mura, come imponeva l’editto napoleonico di Saint Cloud del 1804; dall’altra la realizzazione nel 1921 dello scalo come snodo per il trasporto delle merci, i cui binari operarono una cesura tra il nord del cimitero e la città. Così il verde brillante dell’erba fresca fu sostituito dal grigio dell’acciaio e dallo scuro cupo dell’asfalto, e il fruscio del vento tra le foglie lasciò il posto al sordo ronzio dei macchinari.
Lo scalo però non ebbe mai grande fortuna, non operò mai a pieno regime e, in breve, il suo interesse scemò fino a lasciare al confine col quartiere Isola una grande spianata in rovina, puntellata da capannoni deserti, magazzini in cemento armato e grandi strutture abbandonate.

Oggi l’intera area, la più vasta tra i sette scali milanesi e che include anche l’ex scalo San Cristofaro per circa 300.000 mq totali, è oggetto di un articolato piano di rigenerazione, che prevede la destinazione del 65% della superficie al verde pubblico e il 22% a residenze a prezzi accessibili. Al suo interno sarà collocata la nuova sede dell’Accademia di Brera e lo studentato, e realizzato un nuovo quartiere innovativo e smart, diverse piazze-giardino attrezzate, attività artigianali e manifatturiere, e uffici pubblici. Soprattutto, però, intorno alla ferrovia verrà realizzato un parco di oltre 30 ettari con due ponti verdi che la scavalcano.
“Il progetto sullo scalo Farini coniuga la sostenibilità ai bisogni dei cittadini”, dice Umberto Lebruto, amministratore delegato di FS Sistemi Urbani, la società capo fila del Polo Urbano del Gruppo FS Italiane. “Il parco lineare sorgerà longitudinalmente ai binari e, grazie a centinaia di alberi, contribuirà all’abbattimento delle alte temperature estive”.
I binari dell’impero Ottomano ora sono un parco, anzi due!
Tutti i binari raccontano una storia. E quelli integrati a Jaffa-Tel Aviv nel nuovo parco Hamesila, in ebraico “parco dei binari”, narrano le vicende dell’impero Ottomano, durante il regno del sultano Abdul Hamid II, detto il Grande Khan.
Il parco nasce dalla rigenerazione della ex ferrovia Giaffa-Gerusalemme, detta J&J. La linea è considerata la prima ferrovia del Medio Oriente e un curioso quanto raro caso di collaborazione tra ebrei, cattolici e protestanti. Alla sua realizzazione partecipò infatti un coacervo di nazionalità: ingegneri svizzeri, polacchi, italiani e austriaci, come pure lavoratori edili egiziani, sudanesi, algerini e arabo-palestinesi.
Nonostante le ritrosie della corte ottomana, i rinvii, i ripensamenti e i tentativi di tenere fuori dai suoi territori la civiltà occidentale e i cambiamenti che poteva apportare, gli 86,5 km di binari furono inaugurati nel 1892.
Il trasporto su rotaia portò a una forte crescita delle popolazioni delle città raggiunte dai binari e anche ad alcuni cambiamenti nella cultura dei luoghi. L’ora locale, per esempio, abbandonò l’orario orientale, che contava le ore dall’alba e dal tramonto, in favore dell’orario ferroviario, che utilizzava un’ora standardizzata a cui si sincronizzavano le ore medie locali.

Nata principalmente per il trasporto viaggiatori, durante la Grande Guerra la J&J fu messa al servizio degli eserciti turco e tedesco, e fino al 1920 impiegata per scopi militari.
Ma come spesso accade, gomma batte ferro. Così, a partire dal 1948, il completamento dell’autostrada Gerusalemme-Tel Aviv contribuì al declino della linea, che nel 1998 fu definitivamente dismessa e dimenticata.
Almeno sino al 2019, quando è stato avviato un piano di riqualificazione che integra le antiche rotaie in un parco lineare di 1,3 km, interamente dedicato a ciclisti e pedoni.

Il suggestivo corridoio verde, ha un omologo di 7 km a Gerusalemme, l’altro capo della ferrovia, e costeggia il Mediterraneo, snodandosi tra preziose case storiche, infrastrutture urbane e mura antiche.
Taichung: la ex ferrovia sopra la diga
Passeggiando al centro di Taichung, nella regione centro-occidentale dell’isola di Taiwan, non sorprende incrociare qualche passante sorseggiare rilassato un cup di nǎichá, più noto come Bubble Tea, la bevanda nazionale a base di tè arricchito con latte, aromi, tapioca e svariati altri ingredienti.
Molto più stupefacente, invece, è il luogo: un parco lineare a cavallo di una diga, sorto sul tracciato di una ex ferrovia cittadina.
Costruita nel 1905, per oltre un secolo la strada ferrata ha svolto il compito di catalizzatore dello sviluppo della città vecchia, trasportando di qua e di là le persone. La chiusura nel 2016 l’ha però trasformata in una maledizione per la circolazione e, causa diga, una barriera per il passaggio da un lato all’altro dei binari.

Dunque che fare, demolizione o rigenerazione? Per il valore storico e la posizione strategica, commerciale e turistica della ex ferrovia, l’amministrazione ha scelto la seconda opzione. Grazie a un articolato progetto di riqualificazione, nel 2021 i vecchi binari sono stati trasformati in un polmone verde nel cuore della città vecchia, con piste ciclabili e pedonali.
Il percorso si snoda lungo 1,7 km, collega le diverse parti della città in modo sostenibile, integrando funzioni presenti e future in percorsi specifici per i visitatori e completando la vivace area del lungofiume del Green River con i suoi ponti e canali.
Così ora i vecchi binari rigenerati in giardino lineare sono una fonte di biodiversità per la flora e la fauna locali e un luogo perfetto per distrarsi dai frenetici ritmi urbani.

“Perché è importante recuperare le infrastrutture del XIX e XX secolo abbandonate? Perché quasi sempre occupano aree chiave delle nostre città e il loro recupero significa riacquisire importanti mezzi di connessione, prima di tutto sociale ma anche economica, a vantaggio dell’intera collettività”, concludono gli architetti del noto studio di architettura olandese Mecanoo, artefice del progetto.