Se ne parla da tempo e promette di essere una rivoluzione dolce per la mobilità cittadina. Ad esempio nella realizzazione di piste ciclabili, che adesso nel capoluogo meneghino hanno superato i 300 chilometri. Quindi la sicurezza e i modelli stranieri. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul Piano Bici di Milano in questa intervista di Moveo all’assessore alla Mobilità Arianna Censi.
Si tratta della grande città italiana che forse è più cresciuta negli ultimi vent’anni in termini di servizi di supporto alla mobilità cittadina. Zone dove la circolazione deve essere inferiore ai 30 km/h, aree di urbanismo tattico, realizzazione di corsie per le due ruote, diversi mezzi in sharing offerti da diverse compagnie: monopattini, scooter, biciclette, automobili. E anche la mobilità pubblica – bus, metro, tram – e quella privata di servizio, come i taxi, sono sempre più proiettati all’adozione di mezzi di trasporto elettrici. Qual è allora la prossima frontiera per realizzare la “Milano dei 15 minuti”? Si tratta dell’obiettivo annunciato dall’amministrazione di voler realizzare una città dove tutto o quasi può essere raggiunto a piedi o in bici. Per dirla con le parole del Sindaco Beppe Sala: “Il nostro obiettivo è far sì che ogni cittadino abbia ciò di cui ha bisogno nell’arco di un chilometro e mezzo circa”. Ecco perché nasce il Piano Bici, un nuovo avanzamento lungo il percorso di mobilità sostenibile del capoluogo meneghino realizzato attraverso una serie di innovazioni comunali, specialmente dedicate al mondo delle due ruote. Moveo ha intervistato a tal proposito l’Assessore alla mobilità del Comune di Milano Arianna Censi.
Cos’è il Piano Bici di Milano
Innanzitutto, proviamo a definire cosa contiene esattamente il Piano Bici.
«C’è da distinguere tra il piano della ciclabilità che è programmato e progettato da tempo dagli uffici della Mobilità e che ha previsto gli interventi da fare per realizzare piste e percorsi ciclabili e più in generale rendere più sicura la circolazione delle biciclette nella nostra città (come aree 30, sistemazioni degli incroci e anche l’introduzione dell’obbligo di sensore per l’angolo cieco), da una parte. E dall’altra, il progetto che dovrà invece realizzare la Task Force appena nominata dal sindaco»
Quest’ultimo è ciò che è comunemente definito “Piano Bici” e che riguarda uno sforzo ulteriore del Comune verso la mobilità ciclabile.
«Sei esperti di urbanistica e ciclabilità avranno il compito di fornire supporto all’amministrazione con proposte di indirizzo di pianificazione e programmazione sui temi della sicurezza degli utenti deboli della strada, della riduzione della congestione stradale. Questo progetto arriverà più avanti e sarà uno strumento per proseguire il nostro lavoro. Per raggiungere l’obiettivo di maggiore sicurezza serve il contributo di tutti»
Una questione di sicurezza
Sarà proprio per la popolarità del mezzo a due ruote, ma sembra che a Milano gli incidenti in bicicletta siano davvero aumentati negli ultimi anni. Fino a diventare troppo frequenti.
«È sicuro che l’aumento di ciclisti in strada ha anche provocato, a cascata, un aumento di incidenti. Purtroppo però Milano ha subito una serie di incidenti mortali terribili e quasi tutti con dinamiche simili. Non abbiamo statistiche aggiornate sull’incidentalità minore, intendo quella con feriti lievi, anche se da quello sappiamo non c’è un aumento di incidenti che si discosta dalla percentuale di aumento dell’utilizzo delle bici. Ma come ho già detto, la sequenza ravvicinata e il coinvolgimento di mezzi pesanti ci ha fatto introdurre la norma su angolo cieco»
Quest’ultima riguarda l’obbligo – che deriva da una norma europea – di dotare di sensori di rilevamento e allarme dell’angolo cieco tutti i mezzi pesanti di nuova omologazione già dal 2022, e dal 2024 tutti quelli di nuova immatricolazione.
«Noi abbiamo deciso di anticipare questa norma, associandola ad Area B e al complesso sistema di registrazione dei mezzi circolanti. In questo modo siamo riusciti ad approvare una delibera che stabilisce, a partire dal 1° ottobre 2023, che i veicoli M3 (veicoli destinati al trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere e massa massima superiore a 5 tonnellate) e N3 (veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 12 tonnellate) potranno circolare in Area B solo se dotati di sistemi di rilevamento dell’angolo cieco. Per questi veicoli e per gli M2 e N2, ovvero quelli un po’ più piccoli, sarà obbligatorio anche l’adesivo per la segnalazione della presenza dell’angolo cieco»
Nella stessa logica serviranno le “case avanzate”, cioè quelle parti di strada in cui le biciclette si trovano davanti al traffico veicolare:
«Si tratta di strumenti molto utili per la sicurezza ciclistica. Innanzitutto, proprio il loro posizionamento rende i ciclisti più visibili e maggiormente agevoli le manovre di svolta a sinistra delle biciclette agli incroci. Ma aggiungo che anche solo aver tracciato la linea di una casa avanzata rende plastica la presenza di altri utenti della strada diversi dalle auto, oltre ovviamente a dare alle biciclette priorità nella mobilità urbana e comfort nell’attesa del verde al semaforo»
La polemica sulla segnaletica di Corso Monforte
Recentemente si è animato un grande dibattito, a cui ha partecipato anche il Ministro dei Trasporti Matteo Salvini, sull’opportunità della nuova segnaletica orizzontale tra corso Monforte e via Visconti di Modrone. Si tratta di una zona centrale della città e una tipologia di segnaletica usata comunemente anche all’estero: secondo alcuni ha causato molta confusione nei primi giorni della sua adozione.
«La ciclabile è stata disegnata seguendo il Codice della strada, adottando una soluzione ancora poco utilizzata in Italia. Cosa che invece è molto più frequente all’estero. Una differenza è nel colore: il Codice prevede che si possano fare piste ciclabili in pasta ‘scura’, quindi si possono asfaltare con bitume rosso, mentre formalmente non prevede la verniciatura, anche se utilizzata in qualche altre città italiana. Per questo particolare caso il settore Mobilità ha persino chiesto al Ministero dei Trasporti di poter usare la verniciatura della pista e la richiesta è stata autorizzata “allo scopo di rendere maggiormente evidente il tratto ciclabile in punti particolari”»
L’Assessore Censi continua a spiegare il dettaglio della segnaletica tra corso Monforte e via Visconti di Modrone:
«Per quanto riguarda invece la svolta disegnata con la linea tratteggiata è già presente nel Codice e serve a rendere più visibile il percorso sia ai ciclisti, sia alle auto che transitano. Nel caso specifico, chi arriva in bici da San Babila non può proseguire diritto in Corso Monforte e la linea tratteggiata della svolta a sinistra rende più chiaro il percorso da fare»
Mobilità dolce: il punto della situazione in città
Al momento, secondo l’Assessore, sono oltre 300 i chilometri di itinerari ciclabili, tra piste fisicamente separate, bike lane in segnaletica e “zone 30”.
«Nei prossimi anni ne sono in programmati altri 70 km e al momento stanno arrivando a conclusione alcuni lavori importanti come la Ciclovia VenTo e la ciclabile di viale Monte Rosa»
La circolazione in bicicletta è solo uno degli aspetti da tenere in considerazione.
«Bisogna intervenire su tutto, con modi e tempi diversi, perché le auto e i bisogni dei cittadini non scompaiono da un giorno all’altro. Ovvio che per Milano l’obiettivo è quello di minori auto in strada, e tra l’altro, rispetto alle metropoli italiane è quella con il numero pro capite di macchine per abitante più basso. Siamo intorno al 49% circa, rispetto a un 58,9 nel 2000. Quindi abbiamo fatto dei passi avanti, ma bisogna continuare offrendo ai cittadini la possibilità di muoversi con mezzi alternativi all’auto di proprietà. Ad esempio potenziando il trasporto pubblico: l’anno prossimo finiranno i lavori per la nuova M4. E quindi favorendo l’utilizzo di mezzi in sharing o rendendo più agevole l’utilizzo delle biciclette»
Gli esempi dall’estero
A livello italiano, pensando soprattutto alle grandi città, Milano è sicuramente un modello da seguire in termini di sviluppo della mobilità elettrica, dolce e condivisa. Per questo, può essere utile tenere in considerazione alcuni benchmark urbani europei, che sono sicuramente tra i più avanzati a mondo. Ci sono città straniere a cui si ispirano le politiche milanesi sulla mobilità dei mezzi ciclabili?
“In Europa le città che offrono maggiore ispirazione sono quelle al nord, come Amsterdam e Copenaghen. E quando mi dicono che Milano non è Amsterdam, io ribatto che nemmeno Amsterdam lo era prima di diventarlo. Certo, si tratta di ispirazioni, perché poi bisogna tenere presente le specifiche di ciascuna città. E non parlo solo dello spazio su strada, ma anche della propensione delle persone all’utilizzo della bici. Milano sta cambiando, ma non si può negare che, nonostante un meteo grandemente più favorevole rispetto quello olandese, per molto tempo la bicicletta non è stata la priorità. In fondo si tratta di incidere anche su cambiamenti culturali che dobbiamo promuovere, ma che non possiamo imporre”.