Musei inattesi, avventure sulla roccia e paesaggi extraterrestri: un viaggio indimenticabile dal cuore della terra fino a sfiorare il cielo, alla scoperta delle meraviglie più intime del Salento. Un tour non propriamente frequente, per chi ama godere lentamente della bellezze della natura e dell’arte, in maniera attiva.
Non tutti i panni stesi al vento penzolano dai balconi di Trastevere a Roma o dai fili tra i palazzi nei vicoli di Napoli. Alcuni possono essere guardati solo col naso all’insù, addentrandosi in una cavità della terra. Sono panni particolari, non di stoffa ma di roccia. Si chiamano “zinzuli”, stracci in dialetto pugliese e, come tante bandierine festanti, sono le stalattiti che accolgono il visitatore all’entrata della Grotta della Zinzulusa.

A circa 8 km da Santa Cesara Terme, lungo la costa adriatica del Salento, l’antro di origine carsica è lungo 300 metri e si raggiunge via terra.
Solo in parte aperta al pubblico, la cavità è il risultato di uno strabiliante lavoro architettonico della natura, iniziato nel Pliocene, oltre 5 milioni di anni fa.
Con tre stalagmiti a grandezza d’uomo a fare da sentinelle, al suo interno la Zinzulusa è un susseguirsi di sorprese e tesori: l’Ingresso col Corridoio delle Meraviglie, da cui si può accedere al Trabocchetto, un piccolo lago dalle atmosfere magiche, in cui l’acqua salata del mare si mescola all’acqua dolce della terra; la Cripta, con le sue pareti di roccia liscia, alte fino a 25 metri, e il cosiddetto Fondo, la coda della grotta, disponibile solo per gli occhi di esperti e studiosi.

E poi ancora bacini ad oggi inesplorati, una miriade di colori e rifrazioni dal rosso al verde, fossili preistorici, reperti archeologici e una variegata fauna cavernicola, che va dai comuni pipistrelli e pseudoscorpioni alle più rare specie endemiche, come certi nuovi crostacei, scoperti proprio nella grotte, e che con un po’ di fortuna si possono incrociare lungo il tragitto.

Trekking tra gli ulivi: l’Itinerario dei Giganti millenari
Durante i mesi più caldi, il fresco della grotta per i visitatori è un vero refrigerio dalle alte temperature. Ma, in estate come in inverno, per scoprire i tesori meno noti di questa terra rossa puntellata di masserie, come un antico ricamo disegnato da chilometri e chilometri di muretti a secco, patrimonio Unesco, occorre risalire in superficie ed esplorare.
La grotta, infatti, è solo una delle tappe di un viaggio iniziato ai confini del Salento, nella Piana degli Ulivi tra Montalbano e Ostuni.
In questa porzione magica di territorio, è possibile vivere un’esperienza unica a stretto contatto con ulivi millenari, risalenti all’epoca degli antichi Messapi, ossia a circa 3.000 anni fa. La passeggiata che si snoda tra questi monumenti viventi, campioni ritorti del tempo e dei popoli, non a caso è chiamata Itinerario dei Giganti, e consente di ammirare – e volendo abbracciare! – esemplari che superano i 10 metri di circonferenza. Il tempo necessario varia da 1 a 2 ore a seconda che si scelga il tragitto più breve di 2 km o quello lungo di oltre 10 km. Ma che si scelga l’uno o l’altro vale sicuramente la pena di una sosta con assaggio e degustazione di prodotti locali, olio di oliva in primis.

Il Cammino del Salento
Salutato il borgo bianco di Ostuni e le sue piante eterne, la rotta punta dritto a Lecce, più precisamente a Porta Napoli. L’arco, edificato nel 1548 in onore dell’imperatore Carlo V d’Asburgo, in un verso apre alla via consolare per Napoli (da qui il suo nome) e dall’altro al centro storico della città, perla d’arte barocca e non solo.

Ai piedi della costruzione ha inizio il Cammino del Salento, un percorso che si articola in due itinerari, la Via dei Borghi e la Via del Mare e a tutt’oggi rappresenta uno dei più interessanti e affascinanti percorsi, da percorrere rigorosamente a piedi.

Come suggerisce il nome, addentrandosi nell’entroterra il primo inanella una serie di borghi di grande valore storico-culturale, per poi ricongiungersi alla Via del Mare all’altezza di Otranto, e con questa ricomporre un unico percorso fino all’arrivo a Santa Maria di leuca.

Lunga 135 km, la Via dei Borghi può essere percorsa in 6 tappe (circa sei giorni): le prime tre vissute tra i vicoli di campagna e le bellezze storico-artistiche di chiese e palazzi nobiliari da togliere il fiato, come la guglia di Raimondello Orsini a Soleto o la Chiesa e Convento degli Agostiniani a Melpignano, mentre le ultime tre a contatto della natura vista mare.

I 115 km della Via del Mare sono invece composti da 5 tappe, e si snodano tra insenature nascoste, sentieri retrodunali, scogliere e faraglioni, col blu del mare a fare sempre da bussola. Lungo il cammino è un avvicendarsi continuo di siti di notevole interesse culturale, come il Parco Archeologico di Roca Vecchia, la Grotta della Poesia o la Chiesa Madre del Sacro Cuore di Santa Cesarea Terme, con le scritte in ebraico sulla facciata della Porta d’Oriente, e opere d’arte della natura come Torre Sant’Andrea o la baia di Porto Miggiano.

Il 167/B Street e altre meraviglie artistiche da Lecce in giù
Prima di attraversare Porta Napoli e inoltrarsi gambe in spalla lungo i sentieri salentini, oltre i palazzi barocchi, c’è una Lecce artistica meno nota ai più, che vale il tempo di una sosta.
Si tratta di un mini tour che, di murales in murales, segue le tracce degli street artist del 167/B Street, un laboratorio di sperimentazione dell’arte urbana, che si trova nel cuore dell’omonima strada.

In collaborazione con numerosi artisti, collettivi e operatori culturali, dal 2012 il centro sviluppa nuove concezioni dell’abitare, attraverso l’utilizzo di spazi e linguaggi inediti, dando vita a vere e proprie opere d’arte a cielo aperto.

Co-fondatore del 167/B è il grafico e muralista internazionale Chekos’art, al secolo Francesco Ferreri, originario della città, che dall’Italia all’Indonesia, passando per Francia, Germania e anche Cina, attraverso gigantografie dei volti simbolo dei luoghi in cui opera, rappresenta sui muri i forti contrasti sociali, creando un canale di comunicazione con le nuove generazioni.

Ma oltre a quella di oggi, esiste anche un’arte di ieri e una di domani, e Kora li unisce tutte e tre. È un museo, all’avanguardia, allestito all’interno di Palazzo Baronale de Gualtieriis, un palazzo nobiliare già ex castello, che tra le storiche mura accoglie mostre, laboratori educativi, creativi e residenze artistiche. Di più: è uno spazio multidisciplinare di produzione e ricerca, che in 1.600 mq integra anche una sala conferenze, una biblioteca, una mediateca, un bookshop, l’area ristoro Korabar e anche una zona dedicata ai bambini. E poi conferenze, eventi, performance e spettacoli dal vivo.

Si trova a Castrignano De’ Greci, e vale assolutamente la pena di una piccola deviazione a Corigliano d’Otranto, se si è scelto di percorrere la Via dei Borghi, o all’altezza di Serra Alimini II, se invece si è preferita la Via del Mare.

Il gusto della contaminazione è proprio anche del Museum Vito Mele, allestito all’interno delle splendide sale adiacenti al Santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Santa Maria di Leuca, una basilica minore risalente ai primi cristiani ed eretta sulle rovine di un tempio pagano dedicato alla Dea Minerva.

Oggi, a distanza di secoli, grazie a un’iniziativa dello scultore Vito Mele, da cui il museo prende il nome, i vasti e affascinanti ambienti riedificati nel 1700, ospitano le opere di una lunghissima lista internazionale di scultori e pittori di grande interesse artistico e culturale.
Il lago tra le dune rosse
Continuando a scendere verso la punta estrema del tacco dello stivale, a 30 minuti a piedi da Otranto, lungo la terza tappa della Via del Mare, c’è una sosta che proprio non si può mancare: la Cava di Bauxite.
All’interno di un ex giacimento minerario, incastonato tra secche dune di terra rossa e contornato da una vegetazione che, finalmente libera dalla presenza dell’uomo, si è riappropriata del territorio, si trova un lago verde smeraldo dai mille riflessi colorati. Uno scenario stupefacente che incanta.

Salento verticale: dalle pareti rocciose, panorami mozzafiato
Oltre che in orizzontale, la Puglia permette anche di sperimentare le inconsuete prospettive del “Salento verticale”. La zona, infatti, è ricca di falesie, ossia di pareti rocciose a strapiombo sulla spiaggia o a picco sul mare, che permettono agli appassionati di arrampicata sportiva di ammirare panorami molto suggestivi da insoliti punti di osservazione.
A circa 6 km a sud dalla Cava di Bauxite, per esempio, ecco apparire Torre Sant’Emiliano con le sue via alte 30 metri e una vista spettacolare. Attenzione al sole però: in questa zona picchia duro e il consiglio dei più esperti è di partire in arrampicata la mattina presto o dopo le 18:00, quando le pareti vengono finalmente rinfrescate dall’ombra.

Ancora più in giù, s’incontra poi Ponte Ciolo, un canyon affacciato direttamente sulle onde, con pareti di roccia calcarea, grotte e oltre quaranta vie di 15 metri di altezza, con nome e grado di difficoltà.

Da qui si dipana anche il Sentiero delle Cipolliane, uno spettacolare percorso di 2,5 km, inerpicato su una falesia del Paleolitico superiore e immerso tra gli odori e i colori della macchia mediterranea, che arriva sino al Porto Vecchio di Marina di Novaglie.

Quest’antico tratturo, allestito su una scenografia blu intenso, alterna la natura dei picchi fino a 30 metri a strapiombo sul mare, alla storia dell’epica. Da percorrere rigorosamente con scarpe comode da trekking, lungo il tragitto s’incrociano le tre grotte che furono il riparo di Enea. Storia, leggenda e magia, tutto insieme.

Abbandonate le corde e lasciati i sentieri avventurosi, ancora 7 km e si arriva a Santa Maria di Leuca, l’ultima tappa del nostro tour non convenzionale dalle mille scoperte. Ultima perché siamo arrivati alla fine della Terra, o almeno così ai tempi si diceva: Santa Maria de Finibus Terrae, la Madonna protettrice di Leuca, a cui la Basilica ora è dedicata.
