La sharing mobility in Italia è in crescita. Sempre più persone utilizzano i servizi di condivisione di biciclette, monopattini e scooter elettrici, più il car sharing, offrendo così un importante contributo alla sostenibilità dei trasporti urbani.

Lo evidenzia il settimo Rapporto nazionale sulla sharing mobility, presentato a Roma il 5 ottobre 2023 a cura dell’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility. Attiva dal 2015, la struttura è sostenuta dal Ministero dell’Ambiente, da quello delle Infrastrutture e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Si prevede che entro il 2030 si verificheranno un aumento di servizi di sharing e del trasporto pubblico del 30% e la conseguente riduzione di 18 milioni di tonnellate di gas serra. Approfondiamo ora i dati sulla mobilità condivisa, relativi al 2022. Un anno indubbiamente positivo per la decarbonizzazione.

Sharing mobility: la crescita nelle città italiane

Il 63% dei capoluoghi di provincia italiani (67 su 107) dispone di almeno un servizio di sharing. Al nord ce l’ha il 77% dei comuni, al centro il 50% e nel sud e isole il 48%.
È Milano la città più attrezzata e terza in Europa per incremento della sharing mobility (+21% ad aprile 2023): nel 2022 ha registrato 14,8 milioni di noleggi e una flotta di 30.700 veicoli disponibili. Segue Roma con 12 milioni di noleggi e 29.300 mezzi.

In tutta Italia il numero dei servizi è 211, salito rispetto ai 190 del 2021. I veicoli totali in condivisione sono circa 113.000, di cui 107.000 (il 95%) a zero emissioni. I viaggi effettuati sono 49 milioni, con un +41% rispetto all’anno precedente e un +77% al dato pre pandemia del 2019.

Anche in termini economici la mobilità condivisa è un rilevante asset per le città: il fatturato ha superato i 178 milioni di euro (+38%). A fare da traino bike sharing free floating (+95%), car sharing station based (+72%) e monopattini (+48%).

Bici, monopattini e scooter: la mobilità condivisa green

Per quanto riguarda la micromobilità elettrica, nel 2022 sono stati noleggiati 43 milioni di viaggi. L’incremento maggiore è quello del bike sharing (+108% free floating e +23% station based), seguito da scooter sharing (+42%) e monopattini (+39%). Questo significa che sempre più persone scelgono di spostarsi agilmente in città, risparmiando il carburante della propria auto e contribuendo alla riduzione delle emissioni inquinanti.

Interessanti i dati sulla sicurezza. Nonostante la tendenza in atto in varie città per contenere la presenza di monopattini, rispetto al 2021 è diminuito il tasso di incidenti per numero di noleggi (1,56 ogni 100.000 noleggi, – 56%) e per chilometri percorsi (0,68 ogni 100.000 km, -61%).

Stesso discorso per le bici in sharing: -22% (1,76 incidenti ogni 100.000 noleggi) e -40% (0,65 incidenti ogni 100.000 km). Per gli scooter, invece, i numeri parlano di una riduzione del -52% degli incidenti per numero di noleggi (3,76 incidenti ogni 100.000), ma di un aumento nel tasso di incidenti per chilometri percorsi (2,24 ogni 100.000, +30%) e di un calo del servizio del 45%, dal momento che tra 2022 e 2023 hanno cessato 12 servizi su 22.

I cambiamenti del car sharing

Come illustrato, la sharing mobility è composta nella quasi totalità da veicoli a zero emissioni, che sono un fattore essenziale per la mobilità sostenibile. Tuttavia gioca un ruolo anche il car sharing, cioè il servizio pubblico di auto a noleggio, da non confondere con il car pooling. E che, come per la micromobilità, può essere free floating e station based.

Secondo il rapporto, anche qui emerge un incremento sia nelle percorrenze medie (dai 7,4 km per noleggio del 2019 ai 12,2 del 2022) sia nella durata (da 32 a 109 minuti). Nel 2022 i viaggi sono stati 6,1 milioni, +7% sul 2021 ma ancora a -50% rispetto al 2019. Ciò è dovuto a una trasformazione dell’utenza, oggi maggiormente orientata a tragitti medio-lunghi, e a una riduzione dei veicoli, passati da 5400 nel 2021 a 4600 nel 2022.

Infine, sono oggi presenti tutte le piattaforme e app digitali che offrono autobus e mini autobus a chiamata (DRT, Demand Responsive Transit). Il 65% di questi servizi è destinato ad aree con debole domanda di trasporto pubblico, andando così a integrare i tradizionali servizi di linea.