Riportare indietro di dieci secoli 500 ettari di territorio coltivato (per dare un’idea, all’incirca la superficie di 520 campi da calcio) per rigenerarli. È il progetto di Simbiosi, una società italiana che ha realizzato nel territorio pavese il concetto di smart land, un distretto di soluzioni integrate che rispondono a problematiche enormi come l’approvvigionamento energetico o lo smaltimento dei rifiuti e Co2.
Per mostrare come potrebbe essere un mondo migliore, l’azienda lombarda ha creato un microcosmo rigoglioso, popolato da alberi altissimi e sottoboschi brulicanti di vita, in una delle aree d’Europa che più soffrono gli effetti della siccità. Non si tratta solo di un esperimento fine a sé stesso ma di un proposta integrata per affrontare le problematiche innescate dalla crisi climatica, a partire dalle nature based solutions: le soluzioni che usano l’intelligenza e l’esperienza della natura per riequilibrare ogni sistema biologico.
Il progetto Simbiosi: come nasce e perché è unico al mondo
Quando in Lombardia si diffondeva la primavera dei comuni medievali, rigenerazione sociale seguita ai timori innescati dal temibile anno Mille, la Pianura padana era una distesa rigogliosa. Alberi ad alto fusto, paludi (che non sono un danno, ma un bene per l’ambiente), sottoboschi colmi di vita adornavano un panorama che oggi richiama quello di alcune zone prealpine. Quando i comuni lombardi in un’alleanza inedita sconfiggevano il Barbarossa nella celebre battaglia di Legnano, caprioli, lepri, aironi, martore scorrazzavano dove oggi i terreni sono arsi dalla siccità. «Abbiamo rigenerato 500 ettari cosi come erano attraverso attività di movimento terra: siepi, canali, prati umidi, acque basse, frutteti: abbiamo piantumato oltre due milioni di piante». Sono le parole dell’ad di Simbiosi, Piero Manzoni. L’imprenditore non si è lanciato in un’avventura: il suo è un progetto lungo quasi trent’anni, che recentemente ha visto piena realizzazione.

A 40 minuti da Milano, passando per autostrade e tangenziali impestate dall’odore dei campi concimati, dall’aria arsa dalla siccità, compare un’area verde, rigogliosa, dove si vedono campi coltivati e animali selvatici. Arrivati sul luogo di Simbiosi, la nostra vista si è staccata dal giallo e l’arancione per passare al verde e alle cromie variegate di una rappresentazione simile a quella di un parco naturale, ma invece visibile nel cuore di una delle aree europee più colpite dalla siccità. A due passi da Giussago, comune al confine tra Pavia e Milano, Piero Manzoni e Giuseppe Natta, figlio del premio Nobel Giulio, hanno investito in una porzione dei 1700 ettari di loro proprietà per realizzare una trasformazione inedita. Per certificarla, hanno coinvolto l’Università Statale di Milano, l’Università di Pavia e quella tedesca di Wageningen al fine di risalire alle condizioni originarie della Pianura padana.

Riportare indietro quest’area è stata un’operazione realizzata anche grazie all’apporto di tecnologie avanzatissime, da applicazioni di intelligenza artificiale all’agrivoltaico, e non solo attraverso tecniche agricole. Dietro ad un investimento costato decine di milioni di euro, non c’è solo la realizzazione di un progetto rigenerativo ma la costruzione di un modello inedito a livello planetario. «Questa evoluzione di biodiversità per noi è servita soprattutto come laboratorio naturale: da questo laboratorio, visto che è tutto sensorizzato, abbiamo estratto miliardi di dati che sono serviti per sviluppare, brevettare soluzioni, tecnologie e sistemi in grado di risparmiare risorse naturali in una logica olistica». Come spiega Manzoni, se l’uomo per salvare una risorsa specifica spreca o non tutela le altre connesse, non si segue un processo simile a quello naturale. «La natura tutela le risorse senza privilegiarne una rispetto alle altre: fa tutto in modo equilibrato».

I benefici di questa operazione non sono solo legati alla rigenerazione agricola di una zona, ma al recupero della biodiversità. Una volta ricreate le condizioni originarie di quel tratto di Pianura padana sono tornati animali come la martora, l’airone, il capriolo, le cicogne: non sono stati riportati lì, come nel caso ad esempio dei cavalli, ma hanno scelto di popolare nuovamente quella zona. Abbiamo camminato a lungo nell’area di Simbiosi, dove si respira aria pulita nonostante ai suoi confini sfreccino centinaia di macchine sui tratti autostradali. È il lavoro degli alberi maestosi che circondano questa zona, dove si è risolto uno dei problemi principali dell’area: la disponibilità d’acqua. Non solo attraverso una gestione attenta delle risorse idriche ma anche grazie al recupero dell’uso delle chiuse leonardesche. Dato che queste risalgono ad oltre 500 anni dopo rispetto all’anno Mille, si è così creato un mix assoluto al mondo dove si è tenuto il meglio del nostro passato, dalla natura alle tecniche agricole e alle tecnologie in agricoltura, per fonderlo con i prodotti dell’Industria 4.0. Il risultato è una proposta concreta di futuro sostenibile, visibile a 18 chilometri dal Duomo di Milano: pronta per essere adattata ad ogni luogo del Pianeta.

La smart land come soluzione per le città di ogni dimensione
«Se continuo ad estrarre risorse finite da un pianeta finito, queste prima o poi termineranno. Dobbiamo recuperarle per quanto possibile, attraverso il riuso degli scarti: anche questi sono risorse, prodotti secondari». La visione di Simbiosi – prosegue l’ad – va oltre la rigenerazione per creare servizi. E nasce sulle orme della società NeoruraleHub, cogliendo tutta la parte tecnologica al servizio di industrie, città e municipalizzate per il risparmio di risorse naturali (acqua, aria, suolo, energia, etc.), la decarbonizzazione e la lotta ai cambiamenti climatici di cui questa azienda si era fatta produttrice. Da Neorurale, quindi, Manzoni e i suoi partner hanno creato Simbiosi nell’aprile 2022, anche grazie all’ingresso del fondo d’investimento Tamburi. L’idea è diffondere le logiche di Simbiosi per creare tecnologie applicative di sostenibilità utili a fini aziendali, come ad esempio la generazione di biometano dalle acque reflue. Ma l’ambizione di Manzoni e del progetto di Simbiosi è più grande: esportare un progetto unico di smart land.

Quest’espressione si riferisce ad un territorio sostenibile, intelligente e inclusivo, dove l’ottimizzazione di risorse e l’impiego della tecnologia sono declinate sulle esigenze specifiche e coinvolgono attivamente cittadini e realtà locali rappresentative. L’azienda, nata e cresciuta in Italia, punta ad esportare il proprio modello di smart land in grandi città, italiane o estere.
Secondo dati recenti, entro il 2030 le aree urbane si espanderanno di circa 1,5 milioni di chilometri quadrati (un’estensione simile all’intera Mongolia) e saranno abitate da 1,47 miliardi di nuovi cittadini, oltre quelli già presenti. Facile tremare pensando all’impatto ambientale urbano, ad un ulteriore sfruttamento delle risorse vitali, alla devastazione della zona originaria. Attraverso il modello di Simbiosi tradotto nei servizi di Neorurale si potrebbero offrire soluzioni rigenerative integrate e pensate in modo specifico per ogni tipo di città: dallo smaltimento di rifiuti alla generazione di energia e alla salvaguardia delle risorse idriche. Sarebbe quindi possibile ridurre l’impatto della Co2 e perfino valorizzare il paesaggio di riferimento.
Produttori di ambiente: la tecnologia al servizio della natura
«In Israele, l’82% delle acque reflue viene recuperato in agricoltura: noi, in Italia, siamo al 5%», afferma Manzoni. Pensando solo al recupero delle risorse idriche, teniamo a mente che un terzo delle risorse idriche utilizzate in Europa è destinato all’agricoltura: non succede solo da noi, ma l’uso dell’acqua in agricoltura è in assoluto il primo impiego di acqua dolce al mondo fatto dall’uomo. Acqua dolce che rappresenta l’1% di tutta l’acqua disponibile. Questo per capire come l’incrocio tra crescita della popolazione mondiale e siccità causata dal riscaldamento globale sarà una minaccia importante per lo sviluppo umano.
«Noi produciamo esternalità positive, produciamo ambiente» spiega ancora l’amministratore delegato. Significa non solo salvaguardare l’acqua ma l’ecosistema che la protegge per metterla a disposizione dell’uomo. «Se usassimo l’acqua dei depuratori il 70% dell’uso irriguo sarebbe coperto: quindi nel mondo, il 50% dell’acqua del mondo sarebbe recuperata dagli scarti». Cosa serve per farlo? Energia: ma per crearla si produce Co2. Recuperando invece acqua pulita dai fanghi si ottiene anche biometano, fonte energetica.
Rendering di un impianto agrivoltaico di nuova generazione | Credits: Studio Alami
Non solo: l’energia può essere prodotta anche attraverso l‘agrivoltaico: si tratta di un sistema innovativo di generazione di energia solare attraverso l’uso di pannelli poggiati sui campi coltivati, senza interferire sulle coltivazioni. E i processi descritti abbattono le emissioni di Co2, derivanti dalla produzione di energia tramite fonti fossili. «Ma se uso i fanghi, recupero anche elementi nutritivi come fosforo, azoto, potassio che uso come fertilizzanti o ammendanti». Sostanze vitali per rigenerare i terreni, anch’esse frutto di lavorazione degli scarti, che sono di generazione naturale e non prodotti chimici.

Sono tecnologie innovative, brevettate da Neorurale: ad esempio l’impianto del Nutrient Recovery Center, anch’esso già in funzione nell’area di Simbiosi, che estrae acqua dolce, biogas e biometano e le sostanze nutritive per i terreni descritti sopra dalle acque reflue. Oppure il sistema di intelligenza artificiale Adamo ed Eva, che sovrintende, studia ed ottimizza sia i processi che gli sviluppi all’interno dell’area di Simbiosi.

C’è poi il recupero della forza autonoma dei processi naturali: come avviene con l’Environment field margin. In questo caso, si sottrae al perimetro di un campo coltivato un 10% del totale per farne un confine naturale. Una soluzione che da sola incrementa la produttività dei terreni, protegge il campo da insetti esterni, pesticidi, aumenta la biodiversità. Passeggiando lì vicino, zona apparentemente paludosa, non c’è traccia di zanzare: merito soprattutto delle libellule, tornate a popolare una zona che era arida e preda degli insetti infestanti che popolano le notti estive dei centri urbani. Uno sviluppo del territorio che davvero, a vista d’occhio, non può che presentarsi come davvero sostenibile.