L’Unione europea ha adottato diverse strategie per affrontare la lotta alla crisi climatica e un provvedimento chiave in questo senso è lo European Union Emissions Trading System (EU ETS), un approccio innovativo per ridurre le emissioni di gas serra.
Cos’è il Sistema di emission trading
Il Sistema di Emission Trading è uno strumento dell’Unione europea che ha come obiettivo quello di spingere i settori più inquinanti a ridurre le proprie emissioni, prevedendo il pagamento di una quota per ogni tonnellata di CO2 o altro gas a effetto serra (GES) emessa nell’ambiente. È quindi uno strumento che vuole spingere i cosiddetti grandi emettitori a collaborare attivamente al raggiungimento degli obiettivi europei di decarbonizzazione e di neutralità climatica.
Il sistema è attualmente attivo in 31 paesi (i 20 dell’Unione europea, più Islanda, Liechtenstein e Norvegia) ed è disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE, meglio conosciuta come Direttiva ETS.
Questa direttiva ha avuto il suo concreto inizio nel 2005, quando è cominciata la prima delle quattro fasi previste dal meccanismo:
- Durante le prime due, che hanno coperto 7 anni, l’Emission Trading System si trovava a un livello sperimentale e prevedeva dei limiti nazionali alle emissioni, decisi a seconda del paese. Dall’inizio della prima fase, nessun impianto che producesse importanti quantità di emissioni ha potuto operare nell’Unione europea senza un’autorizzazione alle emissioni di gas serra;
- Con la terza fase (dal 2013 al 2020) si è arrivati a un limite unico per tutti i paesi aderenti all’iniziativa;
- La quarta, quella attualmente in vigore e che sarà attiva fino al 2030, prevede un limite europeo unico alle emissioni, che ogni anno diminuisce del 2,2%, costringendo quindi gli impianti a inquinare sempre meno.
Come funziona il sistema delle quote
La direttiva ETS ha dato il via al Sistema per lo scambio di quote emissione di gas a effetto serra dell’UE (European Union Emissions Trading Scheme – EU ETS), cioè un sistema per il quale ogni azienda che abbia ottenuto l’autorizzazione all’emissione di gas serra deve compensare le proprie emissioni con delle quote – assegnate o acquistate.
Questo sistema, infatti, funziona attraverso un meccanismo di cap and trade. Come si legge sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, l’ETS «fissa un tetto massimo complessivo alle emissioni consentite sul territorio europeo nei settori interessati (cap) cui corrisponde un equivalente numero “quote” (1 ton di CO2eq. = 1 quota) che possono essere acquistate/vendute su un apposito mercato (trade)».
Detto in parole più semplici: se l’impianto X, per coprire le proprie emissioni di CO2 o di un altro GES, ha più quote del necessario, può decidere di conservarle per il futuro, nel caso in cui dovessero servirgli maggiori emissioni per continuare a funzionare, oppure può decidere di venderle.
Se l’impianto Y, invece, non dovesse averne abbastanza per continuare la sua produzione, può decidere di comprarle da altre aziende (come l’azienda X) oppure di acquisirle partecipando ad aste pubbliche. Questo, ovviamente, senza mai superare il tetto massimo imposto, che viene calcolato in base alle emissioni storiche delle aziende.
Non tutte le quote, però, vengono acquisite secondo questo schema: in alcuni settori, come quello manifatturiero o quelli a rischio di delocalizzazione a causa dei costi del carbonio, le quote possono essere assegnate a titolo gratuito.
Che siano comprate all’asta, da altri operatori o assegnate gratuitamente, le quote messe a disposizione subiscono una riduzione costante. Il che dovrebbe garantire un calo altrettanto costante di emissioni da parte dei settori coinvolti. Si stima, infatti, che entro il 2030, questo sistema porterà a una riduzione del 43% di emissioni rispetto al 2005.
Quali sono i settori operanti nell’ETS
Questo sistema colpisce in particolar modo il settore dell’energia elettrica e dell’industria manifatturiera, come le raffinerie di petrolio, le acciaierie, le centrali elettriche, gli impianti per la produzione di ferro, metalli, cemento, alluminio, vetro, prodotti chimici, calce, carta, pasta di legno.
Ma non solo: a essere coinvolto è anche il settore del trasporto aereo, cioè il settore più inquinante tra i mezzi di spostamento, e che è stato toccato anche da altri provvedimenti dell’UE, come il ReFuelEu, che pone nuovi limiti all’inquinamento atmosferico.
Tutti questi operatori, per poter continuare a funzionare all’interno dei paesi aderenti all’Emission Trading System, sono obbligatoriamente soggetti al limite di emissione di GES e hanno il dovere compensare, annualmente, le proprie emissioni, restituendo le quote acquisite agli Stati membri. La mancata restituzione prevede un’ammenda di 100 € per ogni tonnellata di biossido di carbonio non coperto, oltre a ulteriori sanzioni fissate dallo Stato in cui operano.
L’Emission Trading System e il ruolo delle rinnovabili in Italia
Il sistema di emission trading prevede che almeno la metà di ciò che gli Stati aderenti incassano attraverso le aste, debba essere reinvestita in attività che abbiano come fine quello di contrastare gli effetti della crisi climatica e aiutare nel processo di transizione ecologica.
In Italia, in particolare, il decreto n. 199/21 che recepisce la direttiva europea, il cosiddetto RED II (i cui obiettivi sono stati in parte rivisti dal più recente RED III), prevede che una quota dei proventi delle aste debba essere destinata a coprire i costi per l’incentivazione delle rinnovabili.
Lo Stato italiano, grazie ai proventi derivati dalla vendita delle quote ai cosiddetti grandi emettitori, può fornire un aiuto concreto a famiglie e imprese che vogliano ridurre il proprio impatto ambientale.
I proventi potrebbero servire, ad esempio, a incentivare una mobilità più sostenibile, finanziando i costi degli ecobonus volti all’acquisto di auto elettriche o ibride oppure diretti a impianti che garantiscono servizi a sostegno della micromobilità elettrica, come l’installazione e l’alimentazione delle colonnine di ricarica.