L’inquinamento acustico è un tipo di inquinamento spesso sottovalutato, ma che influisce enormemente sulla qualità delle persone e degli animali. Nelle nostre città, non sempre è possibile agire sulle cause dei rumori, come quelli dei lavori stradali, ma possiamo invece intervenire per affrontare il problema dei clacson, dei freni sull’asfalto e dell’incessante rombo dei motori: serve incentivare i mezzi della Smart Mobility.

Tra i fattori ambientali che impattano sulla salute c’è l’inquinamento acustico, un problema a cui secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente è esposto a lungo termine e a livelli dannosi per la salute il 20% della popolazione europea, cioè più di 100 milioni di persone. Le conseguenze includono stress, disturbi del sonno e persino problemi cardiovascolari e metabolici, che contribuiscono a 48mila nuovi casi di cardiopatia ischemica ogni anno e a 12mila morti premature; dati altrettanto preoccupanti riguardano i minori, nei quali l’esposizione all’inquinamento acustico provocherebbe un deterioramento cognitivo, con oltre 12mila bambini che hanno difficoltà nella lettura a causa dell’esposizione al rumore degli aerei.

Le soluzioni delle grandi città contro il rumore

Anche quello acustico, quindi, è un tipo di inquinamento, spesso sottovalutato, ma che influisce sulla vita e sulla salute di tutti gli animali (compresi quelli che abitano in città), essere umano incluso. La pandemia, durante cui abbiamo riscoperto il silenzio e una nuova sensibilità ai rumori – come dimostra l’aumento delle denunce da parte dei condomini – ha contribuito a farci riflettere anche sulle esigenze di benessere, presentandoci una nuova sfida: quella contro il rumore, invadente e continuo. I responsabili sono i martelli pneumatici dei lavori stradali, i furgoni della raccolta differenziata e il traffico; e se su alcuni di questi si può fare poco, il problema dei clacson, dei freni sull’asfalto e dell’incessante rombo dei motori può essere affrontato.

Per esempio con la tecnologia, come fa Parigi, con dispositivi chiamati “meduse” per via della somiglianza che hanno con l’animale; si tratta di radar sonori dotati di telecamere multidirezionali con otto microfoni e sensori in grado di identificare le fonti di rumore e fotografare le targhe dei responsabili. Nel mirino sono soprattutto moto e scooter, a partire da quelli con sistemi di scarico modificati (illegalmente) per aumentare rumore e potenza. Nel 2023, Parigi inizierà a multare chi viola i livelli limite di rumore, ma anche altre città, come Nizza e Tolosa, parteciperanno alla campagna nazionale contro il rumore, frutto dell’approvazione nel 2019 di una legge sulla mobilità, che ha definito per la prima volta il rumore come vera e propria forma di inquinamento.

App e smart mobility per fare ognuno la propria parte

Le difficoltà e i fallimenti dei precedenti test di sistemi anti-rumore in giro per il mondo hanno spinto aziende e università a collaborare, come fatto dal Dipartimento per la protezione ambientale di New York insieme alla New York University, distribuendo nei quartieri residenziali 30 sensori per la trasmissione in tempo reale dei dati sui decibel registrati nella zona che consentono di identificare le fonte del rumore e, quindi, agire di conseguenza. Con questo sistema, poi, viene anche fornita un’app per i cittadini che vengono così coinvolti, diventando partecipi della raccolta e del monitoraggio.

Sistemi tecnologici come questi possono essere efficaci strumenti di valutazione, da usare a breve termine per attuare interventi mirati, come la modifica dei semafori per dare la precedenza alle corsie più trafficate e quindi rumorose, ottimizzando il flusso dei veicoli e minimizzando il rumore, migliorando anche la viabilità. L’integrazione della raccolta di dati con i sistemi di intelligenza artificiale può fare la differenza nella lotta al rumore, coinvolgendo anche la popolazione, a cui i dati possono essere messi a disposizione, in un’ottica di trasparenza e collaborazione.

In parallelo, è necessario incentivare i mezzi della mobilità dolce e pulita, a partire dalle biciclette, ma anche i mezzi di trasporto pubblico urbano, da promuovere in integrazione con la mobilità ibrida ed elettrica, in particolare monopattini e scooter. La mobilità elettrica, infatti, produce molto meno rumore – tanto da avere, in alcuni casi, la necessità opposta, cioè quella di doversi rendere riconoscibili – ed è un’ottima soluzione per muoversi in quartieri densamente abitati o vicino a istituti, come scuole, ospedali o RSA, dove il rumore compromette enormemente la qualità della vivibilità. Si tratta di strumenti indispensabili per realizzare smart city che garantiscano una mobilità sostenibile da tutti i punti di vista, udito compreso.