Negli ultimi anni l’adozione di misure per la riduzione delle emissioni dannose per l’ambiente ha dato un forte impulso alla produzione di autoveicoli elettrici. Di conseguenza siamo in piena transizione elettrica del mondo dell’automotive e le case produttrici sono corse ai ripari per garantire i posti di lavoro e evitare così la disoccupazione. Vediamo come.

Se, da un lato, la transizione elettrica ha l’obiettivo di migliorare la sostenibilità ambientale di veicoli e produzione di energia, dall’altro mette a rischio molti posti di lavoro proprio per il passaggio delle produzioni industriali da auto con motore termico ad auto elettriche.

Gli effetti della transizione elettrica

La Commissione Europea ha posto il termine del 2035 per la transizione elettrica e, dunque, nel prossimo futuro è previsto un forte incremento dell’acquisto di auto elettriche e il calo di immatricolazioni di veicoli a benzina e diesel. Secondo alcune previsioni, il cambiamento determinato dalla transazione ecologica porterà ad una riduzione degli impiegati nella fabbricazione di auto e potrebbe determinare la disoccupazione da 60.000 a 120.000 lavoratori in tutta Italia.

Transazione elettrica e disoccupazione: cosa si sta facendo

Nella Motor Valley Italiana, il distretto industriale che fa capo all’Emilia Romagna, dove hanno sede molte delle più importanti industrie delle auto e delle moto a livello mondiale, tra cui Ferrari, Ducati, Lamborghini e Maserati, i sindacati e le aziende hanno già trovato una soluzione per evitare la disoccupazione dovuta alla transizione elettrica. I dirigenti dei sindacati metalmeccanici assieme a gruppi dirigenti dell’automotive hanno concertato nuovi contratti per i lavoratori e le lavoratrici che prevedono una riduzione degli orari di lavoro a parità di stipendio. In questo modo, le aziende riescono a evitare il licenziamento e si riduce l’impatto sociale della transizione elettrica, ridimensionando il rischio di disoccupazione.

 Gli esempi nella Motor Valley Italiana

Lavorare meno per lavorare tutti quindi sembra la formula migliore al momento per evitare la disoccupazione da transizione elettrica nel comparto produttivo dell’auto. Una vera e propria rivoluzione già adottata da diversi marchi. Ad esempio, negli stabilimenti emiliani di Borgo Panigale e Crespellano della Toyota Material Handling Manufacturing Italy, gli addetti lavorano 7 ore a fronte di uno stipendio per 8 ore. Stessa misura è stata adottata da Lamborghini, dove le ore lavorate scendono a 6 nei turni di notte. Negli stabilimento Bosch di Modena e Reggio Emilia invece le ore settimanali possono scendere fino a 33 ore e mezza con lo stipendio di 40 ore. Mentre in Ducati gli operai impiegati nel reparto macchine utensili lavorano addirittura una media di 32 ore con emolumenti erogati per 40 ore.