Dalle cime dell’Appennino lucano al mare della Liguria, andare in bicicletta lungo i tracciati dei vecchi binari dismessi, unisce alla bellezza di una natura spesso incontaminata il fascino di luoghi misteriosi. Tra panorami mozzafiato, storia, cultura e un pizzico di avventura, tre suggestivi itinerari da percorrere da soli o in compagnia.
In alcune giornate limpide di primavera, a pochi chilometri da Pecorone, un piccolo comune in provincia di Potenza, si può ammirare il bagliore intenso del mare di Maratea, che brilla tra le cime che abbracciano Trecchina. Ma per riuscire a guardare il Tirreno trasformato in un diamante al dito dell’appennino lucano, c’è solo un modo: alzarsi presto la mattina, saltare in sella alla bici e attraversare stretti ponticelli e gallerie buie, pedalando fino a un punto nascosto tra i boschi delle colline che affacciano sul lago Sirino. Per arrivare all’osservatorio privilegiato non servono mappe o Gps: basta seguire il percorso della ex ferrovia Lagonegro-Spezzano Albanese, che un tempo collegava il nord della Calabria con il sud della Lucania.
Il fascino misterioso delle ciclovie realizzate sui tracciati delle vecchie ferrovie dismesse non è una moda recente e probabilmente neppure passeggera. Negli ultimi anni, infatti, parallelamente all’aumento degli appassionati di cicloturismo, la tendenza è andata intensificandosi. E mentre il popolo dei cicloturisti è arrivato a quota 8 milioni pari a circa il 16% della popolazione italiana maggiorenne, un dato che si riflette anche nei dati di vendita diffusi da Confindustria ANCMA, che stima in oltre 1,9 milioni le biciclette vendute nel 2022, le strade ferrate riconverite sono aumentate. La Fiab-Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, che riunisce oltre 200 associazioni in tutto il territorio nazionale, ha calcolato che se nel 2010 i chilometri di ex ferrovie recuperati e trasformati in ciclabili erano 640, ad oggi sono oltre 1.000, ovvero un aumento del 56% in poco più di dieci anni.
“Recuperare una ferrovia chiusa significa tenere viva la sua memoria e la sua storia, preservando un’opera ingegneristica magari di oltre un secolo fa”, spiega Angelo Fedi, Responsabile Area Cicloturismo di FIAB: “I progetti di riqualificazione includono il recupero di vere opere d’arte come le gallerie, i ponti, i viadotti, i caselli e le stazioni, che fanno parte del patrimonio architettonico del nostro Paese. Inoltre, a livello di sostenibilità, riqualificare una ex strada ferrata evita il consumo di suolo pubblico vergine”.
Tra tutte le ciclovie, quelle realizzate sui tracciati delle vecchie ferrovie offrono in più un pizzico di avventura. Addentrandosi nel cuore oscuro della Galleria delle Rose, duemila metri di tunnel a una decina di km di distanza da Lagonegro, non è infrequente, per esempio, imbattersi in un chirottero (un pipistrello)!
Fascino e mistero: da Lagonegro fino a Castelluccio inferiore (Basilicata)
La Galleria delle Rose fa parte di una delle ciclovie su ex strade ferrate più interessanti del sud Italia con una storia che parte dal Regno d’Italia. La realizzazione di questa ferrovia transregionale, che da Spezzano Albanese risaliva per 104 km fino a Lagonegro in Basilicata, fu infatti approvata nel 1902 con la Legge Zanardelli. Tra bombardamenti e calamità naturali, la linea completa è restata più o meno in funzione dal 1931 al 1979, anno in cui ne fu decisa la chiusura definitiva.
In particolare il tratto Lagonegro-Castelluccio Inferiore è stato trasformato in una greenway di 32 km totali e difficoltà media.

Lagonegro sorge nel mezzo del Parco nazionale dell’Appennino lucano Val d’Agri Lagonegrese, divenuto area protetta nel 2007 e abitato anche dal lupo e dalla lontra. Appena superata la dismessa stazione, sullo sfondo di una fittissima vegetazione, si staglia il Ponte dello Studente. L’imponente viadotto a sei arcate sul fiume Serra, alto 60 metri e lungo circa 200, con una pendenza di 100 per 1000, faceva parte della ferrovia calabro-lucana. Ma la zona è bradisismica: nel 1952 i due monti che lo delimitano si sono avvicinati, provocandone la rottura e l’inagibilità. Un’opera ferita di grande effetto scenico, oggi anche molto instagrammabile.

Il restante tragitto fino a Castelluccio Inferiore si effettua su strada sterrata con ghiaia. Lungo il cammino s’incrociano stazioni abbandonate dal tipico magnetismo fantasmatico degli edifici vuoti un tempo pieni di vita, gallerie elicoidali simili a quelle delle fiabe (ma buie, quindi è bene ricordare di portare il frontalino!) e lunghi viadotti che inseguono il cielo. Lontani dal traffico, una pedalata fuori dalle rotte più battute.
Sulla rotta dei Trabocchi: la greenway Ortona-Vasto (Abruzzo)
Lo slow tourism in bicicletta sta diventando un modo di viaggiare sempre più diffuso. Lontano dalla frenesia che ci accompagna quasi tutto l’anno, il suo andare è come quello delle onde di risacca: un lento venire e tornare ritmato e rilassante. Lo stesso che si può ammirare dalla Pista dei Trabocchi, lungo la costa di Chieti.
La greenway prede il nome dalle costruzioni in legno che collegano la spiaggia al mare, i trabocchi appunto. Simili a delle palafitte, servivano per pescare mediante una rete adagiata sul fondo. I pesci ignari vi passavano su e restavano intrappolati nel trabocchetto (o trabucco!) che gli aveva teso il pescatore. Molti non lo sanno, ma già nel 1200 il mare abruzzese era puntellato di queste macchine da pesca. Oggi la maggior parte sono state riconvertite in ristorantini, dove nelle giornate di sole, senza dover volare alle Maldive, si può pranzare circondati dal mare e sovrastati da un cielo azzurrissimo. Raramente qualcuna è ancora in funzione o, vista dalla parte dei pesci, in agguato!

Tra le più suggestive d’Italia, la Pista dei Trabocchi offre da un lato l’Adriatico a perdita d’occhio e dall’altro una moltitudine di sentieri a stretto contatto con la natura. Come quella incontaminata della Riserva Naturale di Punta Aderci di Vasto, da cui si accede facilmente dal Faro di Punta Penna, il secondo più alto d’Italia dopo la Lanterna di Genova.

Ma cosa c’entrano i treni ferrosi con questa storia che invece sa di salsedine? Tutto, perché la via verde si estende per 42 km nel tratto Ortona-Vasto, lungo quello che un tempo era l’insediamento dei binari dell’ex ferrovia adriatica, restata in funzione dal 1863 fino al 2005, attraversando così due secoli di storia.

I cicloviaggiatori appassionati delle vecchie strade ferrate non rimarranno quindi delusi: non solo lidi, spiagge di sassi e insenature ma anche antichi borghi da scoprire, stazioni e vecchie gallerie. Come le tre del Promontorio Dannunziano. In questo caso nessun rischio pipistrello: sono aperte, illuminate, asfaltate e molto panoramiche!
La vip delle ex ferrovie: la ciclovia del Ponente Ligure (Liguria)
La ferrovia del Ponente Ligure è una never-ending story: realizzata nel 1872, fino agli anni ’30 del Novecento fu la linea privilegiata dei nobili e dell’alta borghesia italiana e straniera, che amavano svernare nel clima mite della Riviera dei Fiori. Dismessi i panni di ferrovia vip, durante il secondo conflitto mondiale fu convertita in linea militare, per poi tornare a servire gli usi civili quando, a guerra finita, negli anni ’50 diventò il mezzo per eccellenza degli italiani che si spostavano al mare, testimone dell’alba del turismo di massa. Per decenni funzionale al pendolarismo di studenti e impiegati, fu definitivamente chiusa nel 2001. Ma non per molto. Come diceva lo studioso Lavoisier “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Così nel 2004 il tracciato dell’ex ferrovia è stato riconvertito in una super pista ciclabile: circa 23 km a due corsie, interamente asfaltati e ad alto tasso di panoramicità, che corrono da Ospedaletti a San Lorenzo al Mare, lontano dall’Aurelia e vicinissimo alla spiaggia.

Lungo il percorso ristoranti, chioschi, gallerie aperte e assolate. E Sanremo a solo qualche pedalata. La Città dei Fiori, con le sue ville Liberty, la casa-museo in stile neogotico di Alfred Nobel, il papà dell’omonimo premio, la Concattedrale di San Siro e il Forte di Santa Tecla, merita senz’altro una sosta e un’accurata visita.

Comoda, facile da percorrere e ben organizzata, una ciclovia carica di storia adatta a tutti e a tutte le bici, assolutamente da pedalare!