Reportage dall’interno del centro di ricerca di Planet Farms a Cinisello Balsamo: qui nascono le colture che andranno in produzione nella più grande vertical farm d’Europa, a Cavenago, alle porte di Milano. Ecco come si realizzano in laboratorio prodotti agricoli naturali e incontaminati che stanno integrando la produzione outdoor, sempre più soggetta ai cambiamenti climatici.

Nei prossimi 20 anni, il costo del cibo sarà sempre più alto. Complici i cambiamenti climatici e la crescita della popolazione mondiale, avremo meno disponibilità e più difficoltà a coltivare come un tempo. Per questo si stanno studiando diverse soluzioni integrative all’agricoltura tradizionale: una tra quelle più tecnologiche ed avveniristiche sono le fattorie vertical, le vertical farming. Si tratta di coltivazioni di ogni tipo di pianta in luoghi chiusi e incontaminati anche nelle grandi città. Grazie all’uso di tecniche agronomiche, biotecnologiche e all’uso dell’intelligenza artificiale, oggi nascono piante resistenti, gustose e perfino migliori di quelle che sono coltivate all’esterno. Il tutto utilizzando il 95% di acqua e il 98% di suolo in meno rispetto a quanto avviene nelle coltivazioni outdoor.

Basilico coltivato nel laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

Cos’è il vertical farming

Sono i vantaggi delle fattorie verticali o per dirla in inglese del vertical farming. In sintesi, un nuovo modo di fare agricoltura che nasce a New York intorno ai primi anni del Millennio, dal professor Dickson Despommier della Columbia University. Despommier assegnò una sorta di tesi ai suoi studenti per capire se impiegando i roof garden di New York sarebbe stato possibile sfamare la popolazione della metropoli. La risposta, ai tempi, fu negativa ma da quel momento iniziò una sperimentazione reale di questa idea. Da quell’interrogativo accademico nasce intorno al 2004 negli States un business che nel 2020 era stimato in circa 5,5 miliardi di dollari: nel 2027 il mercato del vertical farming dovrebbe valere oltre 22,5 miliardi. Si tratta in sintesi di coltivare piante in grandi luoghi chiusi, usando quindi il minimo delle risorse naturali impiegabili (in particolare, acqua e suolo), senza l’impiego di fertilizzanti chimici e modulando il prodotto finale grazie all’uso della luce, di tecniche agronomiche e dei dati forniti dalla sensoristica applicata ed elaborati in disciplinari produttivi grazie all’intelligenza artificiale. Oggi, attraverso il vertical farming, il meteo, i cambiamenti climatici, la qualità del terreno non sono quindi più fattori determinanti nella produzione agricola. I grandi paesi che investono in questo settore sono la Cina, oltre agli Usa, a cui seguono Canada, Germania e Giappone. Vero, ci sono player a stelle e strisce che incamerano round di finanziamenti che si stimano in centinaia di milioni di dollari: sono i più forti in questo mercato. Ma a livello europeo, pur avendo meno possibilità di finanziamenti così cospicui come nel caso nordamericano o cinese, nazioni come il Regno Unito e la Francia stanno lavorando molto per lo sviluppo di coltivazioni indoor nei termini del vertical farming. E l’Italia può vantare di ospitare la più grande fattoria verticale d’Europa a Cavenago, in Brianza. L’azienda che la creata è Planet Farms, made in Italy come le innovazioni agrotecnologiche che ha portato nel settore.

Impianto di Cavenago – Credits: Planet Farms

Cinisello Balsamo, il “cervello” di Planet Farms

In Italia, il player più noto del vertical farming è Planet Farms, che attraverso il laboratorio di Cinisello Balsamo ha dato vita alle colture che animano l’impianto produttivo di Cavenago (nella foto sopra), il più grande centro produttivo di vertical farming nel Vecchio continente. «Tutti i prodotti di Planet Farms nascono qui – spiega Chiara Tenconi, responsabile agronomica di Planet Farms (nella foto in basso, la seconda da destra) – Mi piace dire è qui dove la fiaba inizia: per noi come agronomi è la realizzazione di un sogno perché vediamo le nostre conoscenze, i nostri studi prendere forma in qualcosa che è veramente sostenibile, che aiuta l’agricoltura tradizionale e l’esigenze di una popolazione sempre crescente». Non solo tecnologia: «Da noi la differenza sono le persone: i nostri ricercatori che vengono da realtà diverse, anche dopo esperienze all’estero. Giovani e laboriosi, abbiamo agronomi, biologi e biotecnologi in gamba e appassionati».

Planet Farms - Cinisello Balsamo
Laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

Tenconi ci guida quindi alla scoperta di questo laboratorio unico nel suo genere e in assoluto in Italia. «È da questo laboratorio a Cinisello che tutti i prodotti di Planet Farms prendono forma, è stato il primo dedicato al vertical farming a nascere in Italia, Questa struttura nasce nel 2018, ma all’interno di uno di questi capannoni, di proprietà di Luca Travaglini, uno dei due fondatori dell’azienda insieme a Daniele Benatoff, sono state fatte le prime prove anche prima di quell’anno. Così abbiamo creato qualcosa ad hoc: ora vedremo le sperimentazioni da cui nascono le produzioni, e per questo entriamo nelle stanze di sviluppo dove i livelli di igiene sono in una classe 7, una sorta di clean room»

Laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

Travestiti di tutto punto, e quindi con calzari di plastica, tuta e retina per i capelli, entriamo quindi nel laboratorio di Planet Farms. Qui anche la tipologia di illuminazione è protetta da segreto industriale: perché tra gli altri elementi nutritivi è proprio la luce a fare la differenza nelle coltivazioni indoor. «Qui partiamo dalla selezione delle materie prime e andiamo a sviluppare le ricette di crescita, come fossimo dei cuochi – continua la direttrice del centro di Cinisello – Selezioniamo poi il substrato adatto, la semente giusta, la soluzione nutritiva, la frequenza con cui dobbiamo andare ad annaffiare, la ricetta luminosa: quest’ultima è quella che in molti casi fa la differenza, influenzando qualità, ritmo di crescita e sapore della pianta».

Laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

L’illuminazione dei led, l’intensità e il colore specifico condizionano la crescita della pianta. E un’intensità o una cromia particolare si sposano poi a specifici momenti di sviluppo della pianta, come spiega Tenconi: «È una scelta determinante e davvero di peso quella dell’uso di un colore che si abbini sapientemente alle varie fasi di sviluppo. Noi riproduciamo alba e tramonto tramite la luce: è sempre il giorno migliore per le nostre colture. Grazie alla sensoristica e ai dati in real time troviamo le composizioni migliori e le riproduciamo». A Brusaporto, in provincia di Bergamo, Planet Farms ha stretto alleanza con il ristorante “Da Vittorio” dello chef stellato Chicco Cerea. Quest’ultimo ha chiesto all’azienda di produrre «una rucola più piccante: ci abbiamo lavorato anche con lui in funzione di giudice e assaggiatore, e siamo riusciti a trovare il mix corretto». Una nuova concezione del prodotto on demand, che anche a livello agricolo e senza l’uso di chimica o genetica può essere calzato a richieste specifiche.

Laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

Una rivoluzione tecnologica fatta di elementi naturali

«L’agricoltura tradizionale si affida anche molto a noi, perché quando ci sono problematiche dovute ai cambi climatici noi abbiamo modelli e soluzioni da condividere. Un po’ come se la fase prescrittiva dell’IA uscisse dall’algoritmo per andare nei campi», continua la responsabile agronomica. Nel 2024 nascerà a Cirimido, in provincia di Como, un impianto di Planet Farms che sarà grande il doppio di quello di Cavenago, già il più grande d’Europa. Segno della vitalità di questo settore e dell’importanza di un laboratorio dove sperimentare ciò che sarà messo in produzione a qualche decina di chilometri di distanza.

Chiara Tenconi al lavoro in uno degli scaffali del laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

«Obiettivo principale è la qualità, anche se naturalmente ci vuole la resa. Ma ci è capitato di fare delle scelte non proprio economiche ma legate a questo principio». È al prodotto scelto che punta Planet Farms: le produzioni indoor non possono al momento sostituire quantitativamente quelle tradizionali, ma possono replicare o anche ottimizzare quelle eccellenti. «Le nostre peculiarità: selezione delle materie prime. Il substrato, i vassoi di crescita, sono cose nostre, che abbiamo sviluppato solo noi per le nostre finalità. È qualità a T0, cioè al momento del taglio: il prodotto rimane con la stessa freschezza e gusto dal taglio fino al consumo. Noi non prevediamo infatti mai che la foglia marcisca, perché innaffiamo da sotto, dal terreno e cosi l’acqua non tocca mai le foglie: è una grande differenza rispetto ai prodotti degli altri competitor. Da noi entra un seme ed esce una busta di insalata: il primo a toccare il prodotto è il consumatore». E questo aumenta l’apporto nutritivo e preserva il gusto finale.

Semi più naturali di quelli usati tradizionalmente

All’interno del laboratorio, ci sono diverse stanze dedicate ai diversi stadi di sviluppo delle piante. «Partiamo dalla semina: qui c’è un substrato in gran parte organico, che è la torba, a cui aggiungiamo una parte inorganica e la corretta miscelazione tra organico e non organico fa parte del nostro know-how che riflette l’equilibrio di sviluppo che abbiamo trovato per ognuna delle qualità che coltiviamo. Cosi la pianta lascia crescere in modo corretto le radici attraverso i macropori, mentre i micropori consentono di assorbire acqua ed elementi nutritivi alle radici solo attraverso la parte sotterranea e mai a contatto con le foglie».

Semi a confronto: considerando una stessa coltura e quindi una stessa tipologia di seme. In verde, i semi usati nell’agricoltura tradizionale, arricchiti chimicamente. In marrone, i semi usati per le coltivazioni del laboratorio di Cinisello Balsamo, senza additivi – Credits: Planet Farms

Una peculiarità ulteriore è l’uso di semi più puri di quelli usati all’esterno. «Noi usiamo semi che in natura non si riescono più ad usare: i semi usati all’esterno (nella foto sopra, quelli a sinistra) sono trattati anche chimicamente prima di essere sotterrati. I nostri, no: sono quelli originali. Ogni seme ha una sua profondità a cui deve essere seminato che è la migliore per garantirne la germinazione: siamo in grado quindi di sapere anche qual è la profondità corretta della semina, e raggiungiamo quindi una germinazione che supera il 98%».

Software e IA: tools utili anche per le nuove coltivazioni

Non solo prodotti agricoli: il vertical farming guarda con grande interesse a tutto ciò che è coltivabile, quindi anche fibre tessili o prodotti vegetali per la farmaceutica. Questo è possibile attraverso una ricetta ingegnerizzata che si basa su un monitoraggio e su una capacità predittiva e prescrittiva assicurati dall’intelligenza artificiale. «Siamo in grado di vedere giorno e notte cosa succede alle nostre piante: quel sensore li – ci indica la Tenconi su una dashboard in un monitor – ad esempio misura la quantità di clorofilla, che ci dice se stanno bene o meno in qualsiasi momento. Io da remoto in real time posso reagire grazie ad un software dedicato».

Laboratorio di Cinisello Balsamo – Credits: Planet Farms

Per il futuro, «stiamo sperimentando lo spinacio e il cotone, su cui abbiamo fatto sperimentazioni: da un ciclo l’anno nella coltura tradizionale, noi ne siamo riusciti a fare tre. Ci occupiamo di quantità, ma sempre in un’ottica di qualità: è una fibra molto pura, molto buona, bella da vedere. Ancora piccoli frutti rossi e fragole. E in parte fitofarmaceutica, stiamo andando in coltivazione con la melissa e altre piante officinali per l’estrazione di oli essenziali». Come dire che le insalatine, la rucola, il basilico, sono solo il punto di partenza verso l’universo dei prodotti che arriveranno dalle fattorie verticali.